I controlli sulle trasmissioni delle tv locali non sono un optional

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I controlli sulle trasmissioni delle tv locali non sono un optional

04 Maggio 2012

Anche la Puglia, tra poche settimane, passerà al digitale terrestre, il nuovo sistema di trasmissione televisiva. Un passaggio che comporta un notevole adeguamento tecnologico, per il quale la Regione ha previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro, pari ad un contributo del 35 per cento per le emittenti di medie dimensioni e del 45 per cento per quelle più piccole. Uno sforzo economico non insignificante, data la crisi economica attuale e priorità sociali più urgenti. Che si aggiunge ai soldi già spesi per finanziare il sistema delle tv locali, un universo per molti versi sconosciuto. Fatto di sacrifici e lavoro duro, in condizioni non sempre gratificanti, ma anche di sprechi e di carenza di controlli.

In tutto il territorio regionale, dal Tavoliere al Salento, sono presenti 44 tv locali, le quali già godono di un sostegno economico annuo a partire dal 2012 come previsto dalla legge nazionale n. 448 del 1998. L’elargizione di questi contributi è stata preceduta da un importante impegno, che però la Regione Puglia non pare aver onorato. E’ quanto afferma l’Aiart (Associazione Italiana Spettatori Onlus, ndr) riferendosi ai risultati non ancora resi noti dal monitoraggio del sistema televisivo pugliese, nonostante tale compito sia stato affidato, nel 2009, dall’AGCom (Autorità Garante per le Comunicazioni,ndr) al Co.Re.Com. Puglia (Comitato regionale per le comunicazioni,ndr), proprio per fotografare, attraverso ingenti risorse economiche e umane messe a disposizione, quanto prodotto dalla galassia televisiva regionale. A tal proposito l’Autorità Garante aveva diffuso un vademecum, ovvero dei criteri che stabilivano aree di monitoraggio, obblighi di programmazione, tutela dei minori, garanzia dell’utenza, limiti di affollamento della pubblicità, posizionamento di quest’ultima nella programmazione complessiva, norme per assicurare un pluralismo socio politico e, infine, un regime sanzionatorio in grado di ridurre o escludere i contributi alle tv locali in caso di trasgressione di queste regole.

In un comunicato diffuso nei giorni scorsi, l’Aiart Puglia ha denunciato d’altra parte il comportamento delle tv pugliesi che avrebbero, stando alle dichiarazioni del presidente dell’Associazione Giuseppe Antonelli, impedito la diffusione dei risultati del monitoraggio per il timore di essere private dei contributi. In presenza, dunque, di tale scenario, ha auspicato un intervento della politica, delle Scuole Diocesane di Comunicazioni Sociali, delle associazioni genitoriali e dei media-educatori a mettere in campo tutte quelle iniziative atte a ridurre questa specie di “zona franca” irrispettosa di vincoli e regole. Stesso appello vale per l’informazione e l’intrattenimento televisivo, al fine di incidere su quelle emittenti locali infarcite di banalità, volgarità, violenza, che esercitano un’influenza negativa specialmente sulle giovani generazioni. Per non parlare delle trasmissioni con quelle imperanti televendite, offensive cartomanzie e avariati prodotti di magazzino di dubbia importazione. Specialmente in un periodo del genere, forse queste tv farebbero meglio ad accorgersi che esiste una Puglia e un’Italia diversa che meriterebbe di essere raccontata. Storie vere che nascono all’interno dei territori, esempi di bellezza e laboriosità, luoghi minori dove si coltivano antichi valori, dove non tutto è degrado, mercificazione, consumismo, violenza.

Ecco, allora, che la proposta lanciata dall’Aiart merita una riflessione, perché cela dietro di sé anche una battaglia di civiltà: è opportuno sostenere e incoraggiare quelle emittenti televisive che improntano la loro attività al servizio delle comunità locali e che fanno della qualità dei contenuti trasmessi il loro punto di forza. Nemmeno un euro dovrebbe andare a quelle emittenti che offendono la dignità e la sensibilità dei telespettatori. I cittadini pugliesi hanno diritto ad essere correttamente informati e dignitosamente intrattenuti da aziende televisive che ricevono risorse pubbliche. Perché anche un uso distorto dei contributi in tema di televisione, oltre che mancanza di educazione e rispetto verso gli utenti, è un vero e proprio spreco. E per questo, come incita lo stesso Governo, va segnalato.