I diesse attaccano la Forleo e l’Anm tace

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I diesse attaccano la Forleo e l’Anm tace

I diesse attaccano la Forleo e l’Anm tace

Negli atti di un processo non dovrebbero
essere inserite “valutazioni non
pertinenti
”, specie ove vengano poi “esasperate
dai media
”. Con queste parole anche il Presidente Napolitano, al cospetto
del plenum del CSM, ha espresso la
propria posizione sulle ordinanze del GIP Clementina Forleo.

A distanza di poche ore è poi trapelata
l’indiscrezione per cui, dopo il Ministro di Giustizia, anche il Procuratore
Generale presso la Corte
di Cassazione avrebbe deciso di acquisire i provvedimenti del magistrato
milanese in vista di un’eventuale azione disciplinare.

Sono stati questi ultimi due autorevoli
interventi a sancire in via definitiva che la richiesta del GIP di
autorizzazione parlamentare per l’uso delle intercettazioni è sfociata
nell’ennesima crisi tra Magistratura e Politica.

La travagliata approvazione del DdL di
riforma dell’ordinamento giudiziario aveva, del resto, già irrigidito i
rapporti tra i due poteri ed, in generale, la richiesta al Parlamento
dell’autorizzazione a procedere nei confronti dei suoi membri è, per sua natura,
argomento molto delicato, posizionato com’è sulla linea di confine tra potere
legislativo e giurisdizionale.

Le ordinanze della Forleo segnano, però, una
fase particolarmente acuta dello scontro, proiettandolo sui livelli degli anni
di Tangentopoli.

Di certo il coinvolgimento di Fassino e
D’Alema e del partito da sempre più vicino alle posizioni della magistratura ha
del clamoroso, perché si discosta dal consueto scenario delle accuse a
Berlusconi, cui da anni ci ha abituato proprio la Procura di Milano.

Tuttavia nemmeno l’importanza dei personaggi
implicati nell’inchiesta può spiegare la veemenza della reazione che le
valutazioni del GIP hanno scatenato in tutta la classe politica, che si è
sentita esautorata, più che dall’ennesima ingerenza imposta dai magistrati
sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, dagli sprezzanti giudizi contenuti
nelle motivazioni delle ordinanze.

Le espressioni della Forleo sono, in
effetti, talmente eccessive da suggerire che il magistrato milanese abbia agito
con la specifica finalità di inserirsi nell’ennesima polemica.

Non è consono al provvedimento
giurisdizionale in questione definire i parlamentari coinvolti nell’inchiesta
come “inquietanti interlocutori di
numerose conversazioni intervenute sull’utenza del Consorte…, i quali
all’evidenza appaiono non passivi ricettori di informazioni pur penalmente
rilevanti nè personaggi animati da sana tifoseria per opposte forze in campo,
ma consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata”.

Esula poi addirittura dal contesto
dell’inchiesta parlare di un’operazione che ha avuto “i suoi supporters in personaggi politici evidentemente interessati alla
buona riuscita della stessa per finalità altrettanto evidentemente
comprensibili in quanto legate alla tipologia del gruppo oggetto della scalata
in questione
”, specie ove si consideri che i parlamentari intercettati non
sono formalmente sottoposti alle indagini della procura milanese.

L’ennesimo capitolo dello scontro di poteri
ci consegna, tuttavia, qualcosa di diverso rispetto alla solita immagine di una
magistratura invadente e di una politica a tratti succube ed a tratti
strumentalizzatrice.

La circostanza più singolare che si
accompagna alla vicenda di questi giorni, ancor più anomala delle accuse
piovute da sinistra sui palazzi di giustizia, un tempo stimati nella veste
esclusiva di accusatori di Berlusconi, è 
l’inconsueto silenzio serbato dall’ANM.

Eppure, il sindacato dei Giudici mai, in passato,
aveva perso occasione di manifestare con sdegno furioso la propria insofferenza
alle accuse di ingerenza rivolte dal mondo politico.

Sembra quasi che la Forleo sia una sorta di
vittima sacrificale del partito dei giudici, che, consapevole di quanto il
dialogo con la sinistra sia funzionale alle proprie aspirazioni di egemonia
sugli altri poteri, non ha esitato ad immolare il GIP, lasciandola in balia
delle accuse di protagonismo.

E, del resto, anche a Fassino e D’Alema non
dovrebbe dispiacere che si parli in generale dello scontro tra politici e
magistrati anziché delle loro specifiche responsabilità nelle scalate oggetto
di indagine.