I dubbi del Presidente sulla nomina di Romano lasciano molti  dubbi

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I dubbi del Presidente sulla nomina di Romano lasciano molti dubbi

Per chi fa politica da molti anni, deve essere estremamente gratificante salire per la prima volta al Quirinale e presentarsi al cospetto del Presidente della Repubblica a giurare fedeltà alla Costituzione nell’assolvimento dell’incarico di Ministro. Di certo sarà stato molto orgoglioso l’onorevole Saverio Romano, che per mesi aveva dovuto vestire i panni scomodi dell’aspirante o del Ministro in pectore e che già cominciava a manifestare qualche segno di logoramento, se non proprio di frustrazione.

Una certa amarezza, tuttavia, il neo-Ministro avrà trovato il modo di provarla anche in un giorno così bello, nel leggere la nota ufficiale resa sulla sua nomina proprio da chi aveva appena accolto il suo giuramento: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’onorevole Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni. Essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo, e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane, il capo dello Stato ha espresso riserve sull’ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico-istituzionale.

Dal Colle, evidentemente, si è avvertita l’irrefrenabile esigenza di sottolineare che, sebbene non sia ravvisabile alcun impedimento giuridico formale nel fatto che Romano diventi Ministro, sulla nomina del politico siciliano gravino comunque delle riserve politico-istituzionali, connesse chiaramente all’indagine nei suoi confronti per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Presidente Napolitano ha, dunque, espresso il proprio auspicio che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del Ministro.

Ci vuole troppa malizia per sottolineare che l’auspicio presidenziale contempla solo un chiarimento, senza specificare se debba essere chiarita l’estraneità del Ministro alle contestazioni, o magari, il suo pieno coinvolgimento. D’altra parte, il Presidente, come spesso suole dire chi, giustamente, ne esalta il profilo umano ed istituzionale, è arbitro, terzo ed imparziale, e di certo non può esprimere un auspicio che condizioni o semplicemente ingombri il percorso delle indagini dei magistrati di Palermo. Se lo facesse, recherebbe offesa al sentimento di legalità cui affida, da sempre, l’ispirazione principale dell’assolvimento del suo mandato.

Quello stesso senso di legalità che, probabilmente lo ha spinto ad esprimersi, con toni garbati (ed esenti dalle imprecisioni – che pure qualcuno ha lamentato, visto che in nessun passaggio della nota, si confonde la posizione di mero indagato, che Romano riveste, con quella di un vero e proprio imputato), ma, comunque, con argomenti del tutto inediti nella giurisprudenza anche dei suoi predecessori più stravaganti.

Non serve l’esegesi dei parlamentari dell’opposizione (che pure hanno ritenuto di non dover far mancare al Capo dello Stato il proprio plauso convinto) e non servono le doglianze degli esponenti della maggioranza, per capire che probabilmente, libero dai formalismi cui lo relega il ruolo, il Presidente, con il tono bonario e nello stesso tempo severo che sa assumere, avrebbe semplicemente voluto dire che, se fosse stato lui il Capo del Governo (lui e non Berlusconi), giammai un inquisito avrebbe varcato la soglia del Consiglio dei Ministri, perché sulla legalità non si possono fare sconti. Insomma bisogna rispettare le leggi e la Costituzione.

Proprio nella Costituzione, però, c’è scritto che il cittadino non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva. Il principio di non colpevolezza è una norma, e chi esprime delle perplessità su di esso, non solo non è garantista, ma viene anche meno ai suoi propositi di legalità. Quando si fa riferimento a processi e procedimenti, garanzie e legalità sono una cosa sola, ma di certo il Presidente questo lo sa benissimo.

A meno che le argomentazioni di chi, da molti anni, o solo da qualche mese, ha scoperto che pur di nuocere a Berlusconi, si può far finta di non conoscere neppure un concetto così elementare, siano riuscite a persuadere anche un politico esperto e corretto, come il nostro Capo dello Stato.