I finiani pronti a sfiduciare Cosentino, ma rischiano la sfiducia del Cav.

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I finiani pronti a sfiduciare Cosentino, ma rischiano la sfiducia del Cav.

14 Luglio 2010

Basta con lo stillicidio quotidiano di accuse, polemiche, tattiche destabilizzanti dentro il Pdl. Silvio Berlusconi attende metà pomeriggio, quando ormai sulle agenzie è un florilegio di dichiarazioni e rivendicazioni che hanno un minimo comun denominatore: i finiani.

Comincia Italo Bocchino di prima mattina con la richiesta di dimissioni per Denis Verdini e Nicola Cosentino (a mezzogiorno si contavano già sei esternazioni) seguito a ruota da Briguglio e Granata (provocatorio: cacciateci tutti dal partito per antimafia e legalità), e va avanti con la linea d’attacco facendo intendere che i fedelissimi del presidente della Camera potrebbero sostenere la mozione di sfiducia del Pd contro il sottosegretario all’Economia indagato nell’inchiesta sulla cosiddetta P3.

Ma il premier non sta a guardare di fronte all’escalation di veleni nel partito e sbotta: "C’è un clima giacobino e giustizialista" denuncia, garantendo che impedirà il ritorno a un passato che gli italiani hanno archiviato col voto.

Per questo punta il dito contro chi nel Pdl usa una "vecchia politica politicante" e in modo  "irresponsabile" gioca "una partita personale a svantaggio dell’interesse di tutti". Il messaggio è chiaro ed è tutto per i "dissenzienti" finiani.

Non solo: al Cav. viene attribuita una frase che alza il livello di tensione: chi sosterrà la mozione di sfiducia su Cosentino è fuori dal partito. A tarda sera arriva la nota del partito, dopo un lungo vertice ai piani alti per fare il punto della situazione e prendere le dovute contromisure, che smentisce ma negli ambienti pidiellini assicurano che la linea potrebbe essere questa, a partire da oggi quando Idv e Pd porteranno il caso Cosentino a Montecitorio con al seguito richiesta di dimissioni anche per il sottosegretario alla giustizia Caliendo.

Dell’intera vicenda i big del Pdl ne hanno parlato in un lungo vertice nel quartier generale di via dell’Umiltà, servito a fare il punto e a prendere le dovute contromisure. Una cosa è certa: non si può andare avanti così, coi botta e risposta quotidiani sulle agenzie ma soprattuto con un "gioco al massacro, mediatico e politico" – osserva un dirigente di spicco – che punta a destabilizzare il partito e fa il gioco delle opposizioni.

E se questo è l’obiettivo della pattuglia finiana, aggiunge, "meglio un chiarimento definitivo, una volta per tutte, perché non si può certo stare a guardare e a giocare di rimessa". Insomma, quello che non si può accettare è che attacchi ad esponenti del governo arrivino dai banchi della maggioranza. E ieri in Transatlantico non si parlava d’altro. 

Nell’entourage del presidente della Camera, invece, si parla di un Fini preoccupato per le ultime inchieste che coinvolgono esponenti di spicco del partito e sempre più determinato a portare avanti la questione della legalità, suo cavallo di battaglia da mesi. Specie sul caso Cosentino al quale da tempo va chiedendo un passo indietro. I suoi gli danno man forte polemizzando per tutto il giorno col resto del partito.

E che il livello di scontro abbia già raggiunto la soglia di attenzione lo dimostra il fatto che lo stesso Fini non rinuncia ad un affondo contro la Lega e la "sua" battaglia sulle quote latte sulla quale ancora una volta si innesta il braccio di ferro tra il ministro Galan (arrivato perfino a minacciare le dimissioni) e il suo predecessore Zaia, oggi governatore del Veneto. Una vicenda che l’inquilino di Montecitorio bolla come "cattiva politica".

Clima tesissimo, dunque, che non agevola chi nel Pdl continua a lavorare per un incontro tra Berlusconi e Fini, anche se molti parlamentari vicini al premier confermano che non c’è alcuna necessità di un faccia a faccia tra i due perché – come più volte ha ripetuto lo stesso premier – la lealtà della maggioranza si verifica in Parlamento col voto sugli atti del governo.

Ad auspicare invece un chiarimento è Spazio Aperto, uno di think tank finiani che fa capo al sottosegretario Andrea Augello e a Silvano Moffa (richiesta cui ha aderito anche il  sindaco di Roma Gianni Alemanno). E’ l’ala finiana dialogante col Pdl, i cosiddetti "moderati" a prendere l’iniziativa, ma ciò che nei ranghi del partito viene notato non senza una certa irritazione è che proprio chi si professa moderato e lavora per ricucire lo strappo, "non abbia sentito l’esigenza di dire una sola parola o prendere le distanze dalle accuse lanciate dal collega di corrente Bocchino".

I colonnelli di An che hanno abbandonato l’ex leader, per il momento tacciono, ma ciò che ormai appare evidente è che lo show down "non è più rinviabile", anche se adesso "ci sono la manovra e le intercettazioni da portare a casa". E c’è perfino chi, provocatoriamente, si domanda: "E domani cosa si inventeranno Bocchino e i suoi per continuare a demolire il Pdl?".

La risposta è semplice se si guarda come stanno andando le cose un giorno sì e l’altro pure: basta tenere d’occhio le agenzie e aspettare solo pochi minuti.