I Gandhi come i Kennedy, una lunga saga fatta di lutti, speranze e vittorie

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I Gandhi come i Kennedy, una lunga saga fatta di lutti, speranze e vittorie

18 Maggio 2009

Si è concluso il lungo spoglio delle schede elettorali in India, con la proclamazione di Sonia Gandhi come vincitrice unica. Grazie al numero elevato di seggi ottenuto dall’Upa (la coalizione "Unione progressista unita") sarà facile trovare un accordo con quegli alleati che si erano mossi in modo autonomo durante la campagna elettorale per attirare più voti e conquistare la maggioranza della Lok Sabha (la Camera Bassa). La Gandhi, nata in provincia di Vicenza, negli ultimi tempi si è impegnata molto per scrollarsi di dosso l’etichetta di "italiana", ribadendo la sua identità indiana. Ormai indossa solo il sari (il tradizionale abito femminile indiano, arricchito dai ricami in oro e argento) e ha migliorato la sua conoscenza dell’hindi.

La vittoria, numericamente significativa (le elezioni indiane hanno portato alle urne 714 milioni di elettori, in 800 mila seggi, mobilitando 4 milioni di funzionari, durante una maratona in cinque tappe durata un mese), permetterà al "Partito del Congresso" del premier Singh una maggiore libertà nelle iniziative economiche, come la promozione di zone arretrate con incentivi speciali. Naturalmente la crisi finanziaria globale, e la natura decentralizzata del sistema politico indiano, potrebbero complicare il progetto del Primo Ministro Manmohan Singh, 76 anni, nella realizzazione delle riforme previste. Come incoraggiare gli investimenti all’estero, ridurre la spesa pubblica e il disavanzo crescente.

In politica estera, l’India continuerà ad approfondire il suo rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Alla coalizione uscente va attribuito anche il merito di non aver interrotto il processo di dialogo con il Pakistan – nonostante gli attacchi di Mumbai alla fine di novembre –  ed è probabile che le iniziative diplomatiche in corso continueranno, magari dopo qualche ritardo iniziale dovuto al rimpasto di governo. Da un punto di vista programmatico i punti caldi che dovrà affrontare Singh saranno la risoluzione dei conflitti ai confini settentrionali, come in Nepal, senza dimenticare lo scenario che si va delineando nello Sri Lanka.

Una lettura di queste elezioni sarebbe incompleta se non ricordassimo la saga, quasi cinematografica, di una famiglia che è ormai legata alle sorti dell’India stessa da decenni. La storia dei Gandhi come quella americana dei Kennedy; grandi famiglie colpite da disgrazie e con vicissitudini complesse, ma che hanno segnato indelebilmente il destino delle loro nazioni.

Per la prima volta nella storia indiana infatti ben quattro membri della famiglia Gandhi-Nehru siederanno contemporaneamente in Parlamento, anche se in formazioni diverse. La camera bassa vedrà confrontarsi due accoppiate madre-figlio. Da un lato i vincitori: Sonia Gandhi accompagnata da Rahul Gandhi. Dall’altra Maneka Gandhi e suo figlio Varun, che hanno scelto di militare nelle file dell’opposizione con il partito nazionalista hindu Barathyia Janata Party (Bjp). Maneka è la vedova di un altro figlio deceduto di Indira Gandhi, Sanjay. Varun, anche lui di carattere battagliero come Rahul, ha una posizione molto ortodossa all’interno del Bjp.

Il mito dei Ghandi nasce molto prima dell’avvento di Sonia, da Jawaharlal Nehru, che lancia un nuovo messaggio all’India, chiudendo l’era dell’imperialismo bianco e recitando il ruolo del liberatore del popolo colonizzato. Ironia della sorte, il cognome Gandhi resterà addosso ai discendenti di Nehru: nessuna parentela con il Mahatma, solo l’omonimia con Feroze Gandhi, il capostipite della dinastia.

Indira, la figlia di Nehru e moglie di Feroze, diventa primo ministro nel 1966, lanciando nelle zone rurali la "rivoluzione verde" che per la prima volta rende il paese non più soggetto alle carestie. A questo punto , come si usa per una stirpe reale, i figli sono obbligati a interessarsi di politica. Rajiv, figlio di Indira, avrebbe preferito rinunciare alla politica ma, quando la madre viene assassinata, nel 1984, le pressioni del Congresso su di lui sono altissime. Diventa primo ministro e nel 1991 viene assassinato a sua volta. Sonia resta vedova con due figli, Rahul e Priyanka, e non può più sottrarsi al compito. Assume la leadership del Congresso, impadronendosi del ruolo rapidamente.

Dietro Sonia si cela già un’altra figura in ascesa: Rahul, il primogenito di Sonia, considerato l’astro nascente della politica indiana, con ogni probabilità la figura destinata a perpetuare la centralità politica della dinastia dei Gandhi. 38 anni, somiglia molto al padre ed è considerato il JFK o l’Obama indiano. Infine, un piccolo retroscena. La maratona elettorale ha avuto almeno un punto di contatto con le ultime polemiche scatenate in Italia quando i destini della politica si sono incrociati a quelli del mondo dello spettacolo.

Una dozzina di attori di Bollywood si sono candidati alle elezioni. Da Shekar “Shaker” Suman, candidatosi per il partito della famiglia Gandhi, a Shatrughan “Shotgun” Sinha, che ha corso per il rivale indu-nazionalista Bjp. Sia loro che le star del cinema e della tv (che non si sono candidate) hanno fatto ampia e ben pagata pubblicità anti-astensione su tutte le reti televisive. Tutto il mondo è paese.