I gialloverdi alla prova del fuoco

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I gialloverdi alla prova del fuoco

I gialloverdi alla prova del fuoco

10 Febbraio 2021

Davanti alle sferzate europeiste di Draghi Matteo Salvini ha retto tenendo bene o male unita la Lega, mentre Beppe Grillo è stato costretto (almeno per ora) a una prudenziale ritirata, consapevole di essere sull’orlo di una frattura insanabile all’interno del Movimento. Si potrebbe sintetizzare così la recente svolta politica in vista della formazione del governo di Mario Draghi. Del resto sono i giorni della prova più difficile per i vecchi alleati del Conte Uno: la necessità di dover accettare un Esecutivo di emergenza è chiara a tutti, ma è chiaro anche il prezzo da pagare in termini di svolta programmatica. Così se i Verdi leghisti sono riusciti in questi giorni a digerire i diktat un tempo inaccettabili imposti dall’ex presidente Bce (dal no alla flat tax al sì alle politiche europee sulla immigrazione) votando addirittura sì in Europa al regolamento sul Recovery, i Gialli grillini appaiono più difficilmente addomesticabili ed è stato necessario congelare il voto su Rousseau.

Questa mattina il capo politico Vito Crimi ha infatti ufficializzato quanto già annunciato dal comico genovese ieri sera: “Il voto sul governo previsto dalle ore 13 di oggi è temporaneamente sospeso. I nuovi orari di inizio e termine votazione saranno successivamente comunicati”. Un modo elegante (ma nemmeno troppo) per spiegare che per ora è meglio non far parlare gli iscritti grillini perché il rischio di un No a Draghi sarebbe troppo alto. Quello che è certo è che i 5 Stelle non passeranno senza ferite dalle forche caudine di Draghi e un pezzo del Movimento seguirà molto probabilmente Di Battista, tanto che una piccola scissione è già in atto, come dimostra ad esempio la spaccatura all’interno del consiglio regionale in Campania. Il punto è limitare i danni e per farlo Grillo ha deciso di congelare la prova di Rousseau e, non dovesse rientrare almeno in parte il dissenso, potrebbe anche optare ad una clamorosa astensione al posto di un voto sulla Fiducia favorevole pur di mantenere compatto il gruppo. Decisivo in questo senso sarà il programma presentato da Draghi e, ancora di più, la lista dei ministri (anche ufficiosa) della squadra di Governo.

E il Pd? Ovvio che se i 5 Stelle dovessero decidere alla fine di non entrare nella squadra di Governo con un voto di astensione, per i Dem di Nicola Zingaretti si aprirebbe un enorme problema politico. Senza l’alleato grillino al proprio fianco, il Pd si troverebbe infatti nella imbarazzante condizione di governare con solo Lega e Forza Italia. Un patto che potrebbe costare molto in termini elettorali ai Democratici.