I giudici della Corte d’appello condannano Mills. In attesa del Cav.

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I giudici della Corte d’appello condannano Mills. In attesa del Cav.

27 Ottobre 2009

Dopo 4 ore di riunione in camera di consiglio i giudici della seconda sezione della corte d’Appello di Milano, presidente Flavio La Pertosa, a latere Rosario Spina (relatore) e Marco Maiga, confermano la condanna decisa il 17 febbraio scorso dal Tribunale a carico di David Mills: 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari e 250 mila euro da risarcire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, parte civile, rappresentata in aula dall’Avvocatura dello Stato.

Dunque, l’impianto accusatorio, Mills corrotto da Silvio Berlusconi con almeno 600 mila dollari affinchè dicesse il falso o fosse reticente in due processi a carico del fondatore della Fininvest, regge anche in Appello. Il collegio non indica termini per il deposito delle motivazioni e questo significa che lo farà entro 15 giorni e che in sostanza è cominciata la corsa contro la prescrizione. I fatti al centro del processo per Mills scadranno nei primi giorni di aprile del prossimo anno, mentre la data che interessa Berlusconi, il cui processo dopo l’annullamento del Lodo Alfano, riprenderà con ogni probabilità tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre, è fissata al 2011, a meno di modifiche legislative di cui si parla sui mezzi di informazione da qualche settimana.

I difensori di Mills avranno 30 giorni di tempo per ricorrere in Cassazione e hanno già detto che lo faranno. Spiega Federico Cecconi: "Non è finita qui, abbiamo elementi forti per ribaltare la sentenza". Il collega Alessio Lanzi si dice "profondamente amareggiato e a disagio", e precisa: "la sentenza mette a dura prova la buona fede nello Stato di diritto".

La Suprema Corte, com’è ormai prassi da alcuni anni, darà una corsia preferenziale a questo come ad altri processi a rischio di prescrizione. E la Cassazione dirà l’ultima parola nel merito della vicenda anche sulla stessa prescrizione, sulla quale ci sono come spesso accade interpretazioni diverse e che è stato oggi il terreno di scontro tra le parti prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza.

In sede di replica, infatti, ha preso la parola il sostituto procuratore Laura Bertolè Viale per ribadire la sua versione: il momento consumativo del reato c’è nel 2000 e non nel 1998, ci sono tre lettere sui flussi di denaro che inchiodano Mills alle sue responsabilità. Situazione opposta per la difesa Mills: quei flussi di denaro indicati nelle lettere citate dal pg nulla hanno a che vedere con l’oggetto del processo.

L’ultima battaglia legale ha riguardato anche una polemica che dura da 13 anni, da quando i legali di Berlusconi lamentarono che Mills non fosse stato iscritto al registro degli indagati già nel 1996 come "creatore gestore di società off-shore". Per i legali del Cavaliere Mills non fu indagato in quanto era una sorta di "testimone della corona".  Venne richiamata quella regola non scritta addebitata a "Mani pulite" secondo la quale "’l’indagando che collabora resta testimone". Era già accaduto nelle storie della berlusconeide giudiziaria per Oliver Novick nell’indagine su Telepiù. Novick partecipava alle riunioni del "comitato Corporate" ma non finì mai nel registro degli indagati come invece era accaduto a tutti gli altri.

"Anche se Mills fosse stato sentito come testimone imputato di reato connesso avrebbe avuto l’obbligo di dire la verità" afferma il pg, introducendo una novità rispetto alla sua requisitoria. E Lanzi controreplica seccamente: "Sì, ma mai sarebbe stato pubblico ufficiale e quindi accusabile di corruzione".

Se ne riparlerà in Cassazione. Piero Longo, uno dei legali del premier rifiuta di commentare in attesa del deposito delle motivazioni: "Non era il processo a Berlusconi ma a Mills".

Intanto il 16 novembre riprende il processo sui presunti fondi neri relativi ai diritti tv di Mediaset dove il premier risponde di frode fiscale. E la procura è pronta a chiudere l’indagine su Mediatrade dove Berlusconi è accusato di appropriazione indebita. Si tratta di un fascicolo per anni utilizzato esclusivamente per formulare contestazioni suppletive in modo da allontanre la prescrizione, tra le proteste dei difensori di Berlusconi. La difesa parlava di "armadio virtuale da dove il pm, unico conoscitore delle carte, prende quello che vuole".