I guai della Grecia stanno prima di tutto nella struttura economica del paese

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I guai della Grecia stanno prima di tutto nella struttura economica del paese

13 Dicembre 2011

La prospettiva di un possibile default della Grecia sta scuotendo non solo le certezze di chi credeva che la moneta unica avrebbe messo al riparo i Paesi del vecchio continente dagli attacchi della speculazione ma la stesse fondamenta dell’Unione Europea. Sarebbe tuttavia errato sostenere che la crisi greca sia il frutto solo degli errori politici compiuti negli ultimi mesi. Perché le ragioni di quanto sta accadendo oggi ad Atene vanno ricercate prima di tutto nella stessa struttura economica e politica greca i cui difetti dovevano essere conosciuti nel momento in cui si è deciso di ammettere la Grecia nell’Euro.

Se alcuni osservatori ritenevano che le autorità elleniche, una volta raggiunto l’obiettivo dell’adesione all’Euro, avrebbero subito dopo ripreso la consueta gestione assai poco rigorosa della finanza pubblica, altri invece sospettavano addirittura come gli stessi indicatori economici nazionali erano stati aggiustati per renderli più vicini ai parametri fissati dall’Unione Europea. L’ingresso nella moneta unica sembrò tuttavia poter favorire anche in Grecia l’avvio di un ciclo virtuoso. L’economia tra il 2003 ed il 2007 prese a crescere ad un ritmo del 4% annuo, la disoccupazione si ridusse a circa il 7% e gli stessi tassi d’interesse, a lungo rimasti ad un livello tra il 10 ed il 18%, scesero a poco più del 2%. Ma ad una più attenta analisi appariva evidente come all’interno del sistema economico greco continuassero comunque ad esistere delle distorsioni.

Così, ad esempio, i bassi tassi erano usati non per ripianare l’alto livello di debito ancora esistente ma per accedere ad ulteriori prestiti presso le banche straniere  soprattutto francesi e tedesche   per aumentare i salari dei dipendenti statali e la spesa pubblica nonché per mantenere in piedi uno dei sistemi di Welfare State più generosi in Europa che ha dato a vita ad una classe di baby pensionati, creata soprattutto per ragioni di clientelismo politico, i quali godono di un assegno pari alla quasi totalità di quello percepito con l’ultimo stipendio.

La stessa organizzazione delle Olimpiadi nel 2004, i cui costi per la costruzione di impianti ed infrastrutture arrivò a toccare la cifra di quasi cinque miliardi di Euro, rappresentò si la vetrina di un Paese che desiderava mostrare al mondo come gli anni dell’arretratezza fossero ormai un ricordo del passato, ma anche una spesa spropositata che di fatto finì per drogare la stessa economia e gravare sui conti di uno Stato che non brillava certo per efficienza. Ed è proprio sulla struttura economica della Grecia che è necessario soffermarsi un attimo per comprendere pienamente le ragioni della crisi attuale. I due terzi del PIL greco provengono infatti dai servizi ed in particolare dal settore pubblico, tanto che lo Stato rappresenta tuttora il principale datore di lavoro come dimostra l’alto numero di dipendenti statali presenti nel Paese.

Emblematico in proposito è il caso della difesa. La Grecia, con poco più di otto milioni di abitanti, nel 2009 ha assegnato alla difesa una cifra che è stata pari a quasi il doppio di quella stanziata dall’Italia ed in assoluto una tra le maggiori in Europa. Di fatto la Grecia, con un’industria debole che contribuisce a meno di un quinto del reddito nazionale ed un agricoltura povera che negli anni è andata progressivamente perdendo importanza, è essenzialmente un Paese importatore in cui le voci più importanti per l’economia sono il turismo ed i noli marittimi, due settori che però nei periodi di recessione subiscono più degli altri gli effetti del rallentamento congiunturale. Ma altri due fattori negativi pesano sul quadro economico greco. Il primo è l’evasione fiscale.

E’ vero che, stando ad uno studio recentemente pubblicato che smonterebbe alcuni luoghi comuni sull’argomento, almeno i due terzi dei greci pagherebbero regolarmente le imposte, ma si tratta però essenzialmente di lavoratori dipendenti che subiscono una trattenuta alla fonte sui loro salari.Il problema riguarda quindi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi i quali non solo denunciano spesso guadagni irrisori ma sfruttano a loro vantaggio tutte le scappatoie legali offerte dal sistema greco. In un’interessante analisi apparsa prima dell’estate sul settimanale The New Yorker, si sottolinea come in Grecia il senso di appartenenza civica che in ogni Paese spinge i cittadini a pagare le imposte sia tra i più bassi dell’occidente, senza dimenticare poi come le stesse autorità incontrino ostacoli nel condurre un’azione più efficace sia per la corruzione presente tra i funzionari che per ragioni di convenienza politica, in quanto i partiti temono che la lotta all’evasione potrebbe fargli perdere dei consensi al momento delle elezioni.

Tutto questo porta la Grecia a spendere per la raccolta delle imposte una cifra quattro volte maggiore di quella spesa dagli Stati Uniti. La seconda ragione risiede invece nel sistema politico greco.Dalla fine del regime militare, il Paese è stato governato dai due tradizionali partiti  il socialista PASOK ed il conservatore Nuova Democrazia  i quali sono espressione di un’oligarchia che controlla da sempre la vita politica ellenica. Ma l’eredità lasciata dalla dittatura non si è limitata solo nell’avere un modello politico controllato di fatto sempre dallo stesso nucleo di persone.

Come ha ricordato qualche mese fa in un editoriale il prestigioso quotidiano greco Kathimerini, il ricordo del regime militare ha fatto si che negli ultimi trent’anni qualsiasi provvedimento avvertito come potenzialmente autoritario dall’opinione pubblica, fosse anche utile per rendere più efficace il sistema politico ed amministrativo, venisse bloccato dal governo. Con il risultato che oggi la Grecia è forse uno dei Paesi più liberi del mondo ma non certo quello in cui le istituzioni funzionano meglio. Eppure, nonostante tutto, i greci dichiarano di voler rimanere nell’Euro rifiutando quindi ogni deriva populista. Ecco perché,aldilà dei gravi errori commessi da Atene e Bruxelles,la Grecia non deve fallire.