I magistrati vanno in Tv per fare carriera e non pagano per i loro errori

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I magistrati vanno in Tv per fare carriera e non pagano per i loro errori

31 Ottobre 2007

Intervista a Corrado Carnevale di Dimitri Buffa

Per Corrado Carnevale, giudice di Cassazione (riassunto in
servizio grazie a una legge varata apposta per le vittime innocenti di
inchieste persecutorie da parte di altri magistrati che con la giustizia spesso
fanno politica) gli attuali problemi con giudici sovraesposti come Clementina
Forleo e Luigi De Magistris hanno una ragione molto semplice: “Vanno in tv come
scorciatoia per fare carriera”. E aggiunge : “E’ stato un grave errore non fare una vera
legge sulla responsabilità civile dei giudici dopo che un referendum in tal
senso era stato votato da quasi l’80% degli italiani”. E ricorda anche un
aneddoto: “Dopo il referendum e prima della legge Vassalli, che ne vanificò
l’esito accollando allo stato la responsabilità risarcitoria per gli errori del
singolo giudice, quasi tutti i miei colleghi si precipitarono a stipulare
polizze con l’agenzia assicurativa della moglie di un altro collega magistrato
a Milano. Io fui uno tra i pochi a rifiutarsi. Ebbene le dico una cosa: la
legge Vassalli che venne fatta dopo fece la fortuna dell’agenzia assicurativa
di quella signora che da anni continua a intascare premi abbastanza bassi, ma
certo non gratuiti, senza avere mai dovuto pagare neanche un singolo
“sinistro”.

Dottor
Carnevale,  i magistrati si fanno anche
la guerra tra di loro: non bastava la lotta contro i politici?

“Evidentemente no. In questa rincorsa al potere molto può la
gelosia reciproca: quello va in televisione e io no? E io allora lo indago, lo
metto sotto inchiesta. Magari così sembrerà paradossale, ma il meccanismo
mentale è questo”. 

Che idea si è fatto
della singolar tenzone tra Mastella e De Magistris?

“Diciamo che se i motivi addotti dal ministro per il
trasferimento del pm sono quelli che ho letto sui giornali mi sembra esserci
poca sostanza. Se dovessimo trasferire tutti i giudici che rilasciano
interviste l’Italia avrebbe bisogno di nuove linee ferroviarie dedicate apposta
ai magistrati che vanno da un distretto di corte d’appello all’altro”. 

E la violazione del
segreto istruttorio?

“E’ un’altra ipocirsia, così fan tutti. Non esiste atto
favorevole all’accusa che finisca in mano a un giornalista che non sia stato
passato dal magistrato che vi aveva interesse. E quando invece l’atto porta
punti alla difesa si può stare sicuri che è stato il difensore dell’imputato,
il quale però non ha obblighi penali ma solo deontologici”. 

Non c’è anche la
voglia di apparire per fare carriera?

“Questo è il lato inconfessabile e cinico di tutta la
vicenda. Un giudice che non riesce a vendere bene la propria inchiesta neanche
esiste. In tv c’è la scorciatoia magica, ad esempio per diventare
capi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, da ex procuratori
della repubblica, con il vantaggio economico che comporta ricevere un’indennità
pensionabile, oltre al lauto stipendio, pari solo a quella che percepisce anche
il capo della polizia. Ma questo Stella e Rizzo si sono dimenticati di
scriverlo quando hanno fatto il libro sulla Casta”. 

E dei programmi
televisivi dove i giudici sono di casa lei che ne pensa?

“In realtà trasmettono un messaggio altamente diseducativo a
chi li guarda, cioè quello che in Italia, se ti capita qualcosa, o vai in tv e
fai denunce aizzando le piazze mediatiche oppure soccombi. Con un corollario: e
cioè e che delle autorità costituite non ci si può fidare. E questo messaggio
quando promana da un magistrato è devastante. Comunque, tornando alla
scorciatoia televisiva, con il passar del tempo, cioè da quando il paese negli
anni ’70 è entrato in un’emergenza giudiziaria perpetua, favorita dal
terrorismo prima e dalla criminalità organizzata poi, nonchè dalle leggi
emotive e assurde che sono state varate, essa è diventata il veicolo più
importante che ha permesso a oscuri pm di provincia di arrivare a posti cui la
loro preparazione non avrebbe mai permesso di giungere”.

E la storia che
quando chiunque osa criticarli quelli “si sentono delegittimati”?

“E’ un’altra stupidaggine: la verità è che in Italia, non
esistendo la magistratura elettiva come negli Stati Uniti, i singoli magistrati
sono legittimati esclusivamente da un concorso pubblico che, bene o male, sono
riusciti a passare. E sottolineo quel “bene” e quel “male”, perché certo non si
tratta mica di concorsi molto diversi da quelli che fanno gli altri dipendenti
pubblici, raccomandazioni, scandali e favoritismi compresi”.

C’è chi sostiene che
la grande occasione persa dalla politica sia stata quella di non avere dato
attuazione al referendum dei radicali dell’epoca di Tortora che aveva abolito
la norma della legge sulle guarentigie del magistrato che di fatto impediva
qualunque richiesta di risarcimento per colpa grave. Lei è d’accordo?

“Sì quella fu la grande occasione mancata dalla classe
politica italiana, che si illudeva di blandire la categoria, quasi di
comprarsela, con quel provvedimento legislativo che ha caricato sull’erario
ogni eventuale, molto eventuale, risarcimento, e che ha fatto anche la fortuna
della compagnia di assicurazioni della moglie di un collega di Milano”.

Che intende dire?
“E’ una storia che gli addetti ai lavori conoscono
benissimo. Era da poco passato il referendum ma non era ancora stata varata la
legge di Vassalli che di fatto lo vanificò. Cominciarono ad arrivare sulle
nostre scrivanie molte proposte da parte di compagnie di assicurazioni che
avevano intuito un nuovo possibile business. Tra esse la più vantaggiosa fu
quella che ci pervenne da parte della agenzia della moglie di un nostro collega
di Milano di cui taccio il nome per carità di patria. Era un’offerta molto
favorevole perché il premio era basso e tutti si precipitarono a stipularla.
Fatto sta che la signora fece un affare enorme”. 

Perché?
“Perché se è vero che i premi sembravano bassi rispetto al
rischio, negli anni l’agenzia della signora non ha mai dovuto, sottolineo mai,
mettere mano al portafoglio. E questo perché non un solo “sinistro” è mai
capitato di dovere liquidare”. 

Tutto merito della
legge Vassalli?

“Sì, perché prevede che prima di accedere sia pure al
rimborso dello Stato bisogna preventivamente passare un incomprensibile vaglio
di ammissibilità. E i ricorsi nell’85% dei casi vengono rigettati. E io posso
dirlo con certezza visto che, prima che tentassero di farmi fuori dalla
magistratura, ero presidente di sezione alla prima civile della Cassazione e mi
occupavo proprio di istanze abbastanza disperate contro questa normativa da
forche caudine. E anche quando si arrivava al riconoscimento del danno e al
risarcimento da parte dello Stato, mai quest’ultimo ha ritenuto di dover
rivalersi sulla categoria dei magistrati. Dovrei chiamarla forse casta? Sia
come sia. Oggi tutti vorrebbero il portafoglio clienti di quella signora”.