I megaponti ci sono in tutto il mondo!
15 Settembre 2015
Che la paura di realizzare megaprojects, le grandi opere, come le chiamo in inglese, sia una delle spie del provincialismo italiano, appare chiaramente appena mettiamo il naso fuori dal cortile di casa. Quel cortile dove la classe politica italiana, soprattutto a livello locale, sembra sempre più prigioniera di comitati e gruppi di pressione contraddistinti dallo slogan del No a prescindere.
Basta guardare agli altri grandi Paesi per capire che si stanno costruendo o sono stati costruiti ponti con investimenti da far tremare i polsi a chi si preoccupa per quanto costerebbe quello sullo Stretto, destinato a unire Sicilia e Calabria. Si prenda la Turchia che, per dirne una, sta realizzando il terzo Ponte sul Bosforo, che già dal nome, Yavuz Sultan Selim, riecheggia la grandeur neo-ottomana. Quando sarà completato, sarà uno dei ponti sospesi più alti al mondo.
Per adesso sono stati sollevati gli enormi piloni destinati a sostenerlo (nella foto di copertina, ndr) ed è vero che i lavori non procedono proprio in modo spedito (il progetto è stato approvato nel 2012), è vero che Erdogan prima era contro poi si è convinto, è vero anche che il governo si è dovuto battere contro chi a livello locale non ne voleva sentire parlare. Ma il ponte turco si farà e indovinate un po’, nel consorzio che lo sta realizzando c’è un’impresa italiana, la Astaldi. A proposito delle competenze che l’Italia potrebbe spendere per realizzare opere del genere nel nostro Paese.
Poi ci sono i grandi ponti già realizzati in giro per il mondo, sfidando zone sismiche, la furia di tifoni e uragani, coprendo distanze da record. Il ponte della Baia di Tsingtao, in Cina, è il più lungo del mondo, quasi 42 chilometri che uniscono la città Tsingtao con l’isola Huangdao. In macchina può essere attraversato in una mezz’ora di marcia, avendo sei corsie di scorrimento. Nel 2016, verrà superato dal Ponte tra Hong Kong e Macao, lungo la bellezza di 54 chilometri.
Il Lake Pontchartrain Causeway si estende invece per 38 chilometri e mezzo attraversando il lago Pontchartrain in Louisiana, negli Stati Uniti. Risale alla fine degli anni Sessanta e sorge in uno Stato americano afflitto dagli uragani. Il ponte, con pedaggio, ha ridotto di 50 minuti il tempo di percorrenza tra l’area nord del lago e la città di New Orleans.
Lo Hangzhou Bay Bridge, 35 chilometri, è il più lungo ponte oceanico del mondo. Unisce la città di Shangai con Ningbo accorciando di 120 chilometri la distanza via terra tra le due destinazioni, riducendo da quattro a due ore il tempo di percorrenza. Una parte del ponte poggia su un’isola artificiale con tanto di centri commerciali e punti di ristoro per i turisti. L’Hangzhou sorge in una zona sismica, colpita sovente da tifoni e uragani, ma secondo le stime è stato progettato per resistere a terremoti di settimo grado della scala Richter.
Il Dongai Bridge, 32 chilometri e mezzo, collega sempre Shangai con il porto di Yangshan. Permette il passaggio di Grandi Navi ed è integrato all’autostrada Shanghai–Luchaogang. Anche questa zona del mondo è colpita da inondazioni, tempeste e tifoni, ma il Ponte resta sempre lì al suo posto. Tornando agli Stati Uniti, l’Atchafalaya Swamp Freeway, pure questo in Louisiana, è lungo circa 30 chilometri. Inaugurato nel 1973, unisce Lafayette con la città di Baton Rouge.
Di nuovo in Cina sul Binhai Mass Transit, ponte ferroviario che serve la più veloce delle linee metropolitane del grande Paese asiatico. 28 chilometri, è stato completato nel 2005. Anche questo ponte sorge in zone sismiche. Il Chesapeake Bay Bridge negli Stati Uniti risale al 1964. Con i suoi 37 chilometri collega la penisola della Virginia alla area metropolitana di Hampton Roads. Il pedaggio giornaliero costa 13 dollari. Figurarsi quanti ne sono stati incassati in decenni di percorrenza.
Non pensate che la sfida sia tutta fra gli States e la Cina. Il Ponte Vasco de Gama sorge in Portogallo ed è stato inaugurato nel 1998 in occasione dell’Expo per facilitare il traffico automobilistico diretto su Lisbona. Ad oggi è il ponte più lungo d’Europa. 17 chilometri. Come per America e Asia, anche qui guardando alla mappa sismica ci sono dei rischi, calcolati.
Sempre in Europa, il Ponte dell’Øresund si estende per quasi 16 chilometri tra Svezia e Danimarca, unendo la Penisola Scandinava al Vecchio Continente via Baltico. Il Penang Bridge della Malesia, infine, si contende lo scettro con gli altri ponti più celebri del Sud Est asiatico. Collega George Town, sull’isola di Penang, a Seberang Prai nella penisola malese. Risale a metà degli anni Ottanta ed è lungo 13 chilometri e mezzo. Può contenere fino un traffico di 85.000 auto al giorno.
Opere spettacolari, dunque, che non sono dimostrano fino a dove possono spingersi l’ingegno umano, l’innovazione e la tecnologia, ma fanno anche bene all’appeal internazionale di un Paese, con ricadute concrete anche per il turismo e l’economia. Le nazioni che le hanno realizzate non ci sembrano poi tanto più incivili della nostra, ma a differenza dell’Italia non hanno ceduto alla demagogia dell’ambientalismo politicamente corretto, spesso convinto che infrastrutture sia sinonimo di piccole opere talvolta inutili (ne riparleremo).