I ministri tecnici ci sono ma Monti non scioglie il rebus Letta-Amato
16 Novembre 2011
La lista dei ministri c’è. Mancano due caselle da chiudere: non è bastato l’ultimo giro di consultazioni e il faccia a faccia di Monti con Pdl e Pd per sciogliere il nodo strategico degli innesti politici – Gianni Letta e Giuliano Amato – in una compagine tecnica. E la notte che è appena trascorsa potrebbe contenere la risposta tanto attesa, quella che Mario Monti insieme al plenum dei ministri che ha scelto, stamani consegnerà a Giorgio Napolitano.
Ma quella di ieri è stata anche la giornata in cui si è sancita la rottura temporanea tra Pdl e Lega, come ha dichiarato Roberto Maroni confermando che il Carroccio passa all’opposizione. Non un divorzio definitivo tra Bossi e Berlusconi, dunque, come lo stesso ministro dell’Interno fa intendere quando dice che da qui al 2013 (se il governo Monti reggerà) c’è spazio per una ricomposizione.
Sul tandem Letta-Amato e sui veti incrociati dei due maggiori partiti ha dovuto mediare per buona parte della giornata lo stesso capo dello Stato, cercando per quanto possibile di non far saltare il banco e con esso la ‘sua’ creatura: il governo del presidente. Fino a tarda sera, il dilemma non era sciolto. E il nodo sulla presenza dei due esponenti politici a Palazzo Chigi è e resta strategico: li vuole Monti per avere la garanzia che in parlamento nessuno dei partiti che hanno dato il via libera alla sua mission, possano fare scherzi sui singoli provvedimenti, e al tempo stesso li considera fondamentali come trait d’union tra la squadra tecnica e le rappresentanze parlamentari.
Napolitano condivide l’idea del Professore e su questo esercita la sua moral suasion per arrivare a una mediazione. Anche con Bersani che sale al Colle per ribadire il no a innesti politici, poi la posizione si ammorbidisce: se Monti riterrà opportuno chiamare a Palazzo Chigi Letta e Amato il Pd non si opporrà, e tuttavia a Largo del Nazareno si chiarisce che l’eventuale presenza dell’ex premier non deve essere considerata in quota Pd, tantomeno una candidatura sponsorizzata. Le mani avanti servono per tenere sotto coperta i malumori e le divisioni che serpeggiano tra i democrat sull’operazione Monti: con Fassina che considera la lettera della Bce ‘macelleria sociale’ e Enrico Letta e Veltroni che la pensano in maniera opposta.
E’ chiaro che il Pd non intende ‘sporcarsi le mani’ partecipando direttamente a un governo che potrebbe spingersi oltre la lettera della Bce o comunque rispettarla in ogni suo punto, compreso il capitolo della riforma del mercato del lavoro o il delicato nodo delle pensioni. Due temi sui quali Bersani sa benissimo di giocarsi il feeling con la Cgil e buona parte dell’elettorato, oltre alla sua premiership nel 2013. Ed è per questo che sceglie e tiene il punto su un profilo tutto parlamentare. Eppoi c’è il ‘peso’ di Napolitano a indurre i democratici a sostenere il governo Monti.
Speculare per certi aspetti la posizione nel Pdl, anche se coi dovuti distinguo. Alfano, Cicchitto e Gasparri, al premier incaricato hanno confermato l’appoggio ma a condizione che la mission di Monti sia circoscritta alle misure concordate da Berlusconi con Bruxelles. No, dunque alla reintroduzione dell’Ici e alla patrimoniale, ipotesi circolate in questi giorni. Quanto al ticket Letta-Amato, c’è la disponibilità ma è chiaro che se se (come poi è stato) il Pd dovesse mettere il veto su Letta, lo stesso accadrà nei confronti di Amato. Stallo. Solo stamani sarà chiaro se gli innesti politici ci saranno oppure no. Anche se ieri, tra le ipotesi per superare lo scoglio, sono spuntati altri nomi come quello di Franco Bassanini per il Terzo Polo che dai veti incrociati Pdl-Pd tenta di trarre il proprio vantaggio politico. E c’è perfino la voce che a Palazzo Chigi potrebbe andare Fini lasciando la poltrona di presidente della Camera a Lupi. Rumors di Palazzo, appunto.
L’unica cosa certa nel governo che oggi Napolitano benedirà è che Monti si terrà l’Economia affidando le deleghe su Finanze, Partecipazioni Statali e Bilancio a tre o quattro viceministri tra i quali resterebbe il nome di Tabellini con la new entry Grilli (direttore generale del Tesoro). Ci sono poi alcune variabili: a Carlo Secchi dato in pole per lo Sviluppo economico si aggiunge l’ipotesi di Passera, mentre agli Esteri torna il nome di Giuliano Amato ma anche di Giampiero Massolo. Sulla Giustizia il Pdl avrebbe fatto sapere di non avere veti sull’opzione Livia Pomodoro anche se resta in corsa Cesare Mirabelli.
Agli Interni la ‘partita’ resta tra i prefetti Anna Maria Cancellieri e Carlo Mosca, mentre alla Difesa andrà sicuramente un generale ma anche qui oltre al nome di Mosca Moschini spunta quello di Camporini. Potrebbero esserci novità anche per le caselle della Cultura e dell’Istruzione dove sono dati in pole Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi ma anche Francesco Profumo e Salvatore Settis. Se alla Pubblica amministrazione pare abbastanza certo il nome di Luisa Torchia, ai Rapporti con il parlamento potrebbe essere chiamato Antonio Malaschini. Fin qui le ipotesi più accreditate.
Oggi si saprà chi entra e chi esce, chi spera di entrare e chi già sicuro di esserci, resterà fuori da Palazzo Chigi.