I mondiali di calcio sono l’ultimo colpo messo a segno dal Qatar

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I mondiali di calcio sono l’ultimo colpo messo a segno dal Qatar

13 Maggio 2011

Tra gli emirati Arabi ce n’è uno che si sta ergendo, malgrado la piccola estensione geografica, al di sopra degli altri come autorevolezza internazionale e credibilità. Stiamo parlando del Qatar: grazie a una politica estera spregiudicata e ospitando Al Jazeera, il piccolo Stato si sta ritagliando una casella sullo scacchiere mondiale. Aver "conquistato" l’organizzazione dei mondiali del 2022 è un altro punto a favore che Doha può mettere all’attivo.

L’emirato, diventato indipendente il 3 settembre 1971 dopo la dominazione britannica, si basa su una monarchia assoluta, retta dalla famiglia reale Al Thani, alla quale appartiene circa il 40% della popolazione autoctona. L’attuale fase "creativa" della politica estera qatariota ha una precisa data d’inizio: il 27 giugno 1995 l’erede al trono, Hamad bin Khalifa Al Thani, depose suo padre Khalifa bin Hamad Al Thani e avviò una politica di apertura verso Iran, Iraq e Israele che ancora perdura. Il Paese dialoga con le potenze del mondo islamico, sia con il blocco che fa capo a Teheran sia con la dinastia dei Saud. Senza dimenticare le basi americane.

Con gli anni il nuovo monarca ha sfruttato le risorse umane ed economiche di cui dispone con grande intelligenza. Doha sta costruendo le sue fortune su petrolio e gas. Più che sul primo (di cui esporta circa 753mila barili al giorno, il 22esimo Paese al mondo), questa economia utilizza le riserve di gas naturale, per un valore di oltre 25mila miliardi di metri cubi, come un enorme salvadanaio. Grazie alla solida base rappresentata dalla ricchezza si è inserito quindi con astuzia e pazienza nella diplomazia planetaria. Come detto, le amicizie dell’emirato nella regione mediorientale sono quantomeno variegate. Su tutte vanno menzionate Stati Uniti (il suo suolo ospita una delle più grandi basi aeree Usa della penisola araba) ed Arabia Saudita, passando per l’Iran di Ahmadinejad (con cui condivide il bacino di gas naturale di South Pars/North Field) e finendo con Tel Aviv da una parte ed Hamas ed Hezbollah dall’altra.

In più, va considerata la tv satellitare Al Jazeera, enorme cassa di risonanza per le posizioni qatarine. L’importanza del network, già chiara in tutta Europa da diversi anni, si è rivelata in occasione della primavera araba. Forte sostenitrice delle prime rivolte che si sono allargate a macchia d’olio nella regione nordafricana, Al-Jazeera ha assunto progressivamente posizioni più caute quando l’onda araba ha iniziato a spostarsi nella regione del Golfo. Sulla situazione libica, in particolare, il Qatar è stato tra i più propositivi a convincere la Lega Araba ad appoggiare la realizzazione di una no-fly zone in Libia. Non solo, è stato pure il primo paese arabo a riconoscere il Consiglio nazionale transitorio come legittimo rappresentante del popolo libico e partecipa attivamente alla missione militare, anche se con un apporto puramente simbolico in termini di uomini e mezzi.

Guardando al futuro, Al Thani ha deciso di puntare sullo sport. Da pochi mesi gli è stata assegnata l’organizzazione dei campionati mondiali di calcio del 2022, una vetrina prestigiosa e lontana dagli scenari di conflitto cui finora lo stato rischia sempre di venire risucchiato. Con largo anticipo sembra quindi prefigurarsi una posizione più "istituzionale" per il piccolo emirato che, nel corso del prossimo decennio, potrebbe cambiare ancora una volta pelle come ha già dimostrato di saper fare.