I morti di Gaza, gli errori di Israele e la verità sul pacifismo turco

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I morti di Gaza, gli errori di Israele e la verità sul pacifismo turco

31 Maggio 2010

Dieci morti sono dieci morti. Disarmati o aggressivi, nonviolenti o con l’aggravante della premeditazione, sempre morti sono. Certo, dieci morti per la causa palestinese mediaticamente valgono di più di dieci tibetani, cento iracheni o mille abitanti del Darfur, ma si sa verso dove pende il giornalismo, non solo quello nostrano. In ogni caso, sempre dieci morti restano. 

Ormai è chiaro che lo stato israeliano ha commesso degli errori nella gestione nella vicenda "Freedom Flotilla", errori di cui andrà stabilità la gravità, ed è sufficiente sfogliare qualche giornale on line per capire che in Israele la discussione è già cominciata. I commando si sono calati sulla nave Marmara credendo di trovarci dei "pacifisti" come gli irlandesi, gli italiani e i greci, che nei giorni scorsi si erano imbarcati per portare aiuto alla popolazione della Striscia. Invece c’erano centinaia di turchi, alcuni armati di coltelli, bastoni, biglie d’acciaio, che hanno ingaggiato una vera e propria battaglia con le forze speciali sul ponte superiore della nave. Dopo aver disarmato uno dei militari israeliani, i turchi hanno aperto il fuoco. I commando hanno risposto. “Eravamo preparati a confrontarci con persone pacifiche – ha detto un alto ufficiale della marina israeliana – non eravamo pronti a combattere”.

Errori militari, errori politici. Scrive il Jerusalem Post: “Israele non si è preparata in modo adeguato all’arrivo della Freedom Flotilla”. Non il suo primo ministro – in viaggio oltreoceano –, non il suo agguerrito ministro degli esteri, che era ampiamente informato dell’arrivo del convoglio. “C’è stato un rifiuto di indirizzare tutte le appropriate risorse legali, mediatiche e diplomatiche” nel prevenire quello che è successo. Adesso lo stato ebraico si trova a dover contenere i danni.

Detto questo, occupiamoci dei passeggeri turchi imbarcati sulla Marmara. Con quali intenzioni si stavano dirigendo a Gaza? Il progetto della Freedom Flotilla infatti non nasce solo dal buoncuore della sinistra europea. Lo scorso 23 maggio Bulent Yildirim parla in occasione del varo della Marmara nel porto di Instanbul. Yildirim è a capo della Insani Yardim Vafky (IHH), una fondazione turca con fini umanitari. Ecco cosa dice rivolgendosi al governo israeliano: “Se ci impedirete di raggiungere Gaza resterete isolati dal punto di vista internazionale e la vostra verrà considerata una azione di guerra”. Intervistato il 21 maggio dalla emittente araba Al Jazeera, aveva anticipato “C’è un piano per mandare ogni mese una flotta nella Striscia di Gaza”. In Turchia ci sono state fantastiche manifestazioni di piazza per salutare la partenza della nave. A queste feste di popolo hanno partecipato esuli e rappresentanti di Hamas e della Fratellanza Musulmana.

Non stiamo parlando del tenore anarchico Giuseppe Fallisi, che una volta ha cantato con Pavarotti e si era imbarcato anche lui nella flottiglia per fare il suo dovere, detto senza ironia. Discutiamo invece dell’IHH, considerata un’organizzazione fuorilegge da Israele che la accusa di avere legami diretti con Hamas, il movimento di stampo fascista al potere da anni a Gaza. La fondazione turca è stata creata all’inizio degli anni Novanta con un indirizzo prevalentemente anti-occidentale. Collegata ai Fratelli Musulmani, fa propaganda per conto di Hamas in Turchia (nel 2009 ha ospitato la traduzione in turco del sito internet delle brigate Izz al-Din al-Qassam). In più occasioni ha manifestato il suo appoggio verso la strategia militarista dell’organizzazione islamica. Fa parte della “Unione di Dio”, un’organizzazione-ombrello che raccoglie oltre 50 fondazioni e fondi musulmani in giro per il mondo, tutti finanziatori di Hamas.

Secondo uno studio del Danish Institute for International Studies, l’IHH è coinvolta nella pianificazione dell’attentato organizzato da Al Qaeda all’areoporto internazionale di Los Angeles nel 1999. La fondazione turca si occupava di raccogliere documenti falsi, aggiornare le liste degli operativi e fornire armi ai terroristi durante la preparazione dell’attacco. Un report della intelligence francese dice che negli anni Novanta l’IHH ha inviato un certo numero di attivisti nelle zone di guerra musulmane per fargli avere un’esperienza di combattimento. Il documento afferma che la fondazione trasferiva armi da fuoco, coltelli ed esplosivi artigianali ai combattenti islamici che si trovavano al fronte. Eccoli, i pacifisti turchi. I Black Bloc gli fanno un baffo… L’importante allora è dire le cose come stanno. Israele, guerra, fascismo islamico. Poi ognuno sta con chi gli pare.