I narratori di una volta non esistono più ma bisognerebbe inventarseli

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I narratori di una volta non esistono più ma bisognerebbe inventarseli

03 Maggio 2009

Senza via di uscita. Per Gaetano Testa, scrittore, poeta ed editore siciliano, tra i fondatori del Gruppo ’63, la situazione della narrativa isolana non gode di ottima salute: “Quello che si registra a Palermo e nei suoi dintorni – spiega all’Occidentale – non è poi così diverso da ciò che accade sul continente. Lo scenario è dominato da un’unica ipotesi: il diario o la cronaca dei fatti, riportati nel modo più netto e brutale possibile. Manca un tentativo di rinnovamento dei moduli e del linguaggio, anche se nell’Isola mi pare che ci siano più vive possibilità che altrove”.

Dove vanno rintracciate le radici di una simile afasia?

Proviamo a fare un discorso articolato. Questa situazione si è venuta determinando dalla fine della seconda guerra mondiale, ed è stato anche l’effetto del lungo periodo di pace che ha sepolto l’Europa e l’America. Le novità sono fiorite sul fronte dello spettacolo, del cinema o di certe industrie tecnologiche. La letteratura, in quanto comunicazione immediata di parole e di scrittura, è invece rimasta fuori da questo bailamme tutto sommato positivo.

Nessuna eccezione, dunque?

Una, a dire il vero, c’è. Ancora oggi, la poesia resta vivacissima. Il punto è che non ha cultori di massa ed è ridotta soltanto a una nicchia di appassionati. Non vorrei esagerare, ma credo che gli Stati Uniti, insieme alla Sicilia, siano al vertice delle ricerche in questo settore. È un vero peccato che non abbia la diffusione che merita: ci sono infiniti stimoli e suggerimenti, sia in senso strutturale sia sul fronte della significazione. Risultati di pari livello sono raggiunti soltanto in alcuni formidabili spot televisivi.

Qualche nome?

Sono davvero tanti. Basterebbe passare in rassegna le antologie dei nuovi poeti italiani che Einaudi o Crocetti vanno pubblicando per farsi un’idea di un panorama articolato e piuttosto vivace.

Nella narrativa contemporanea lei invece non salva nessuno…

Gli unici che mi vengono in mente sono quelli che io chiamo “i matti”, e gli unici matti che io conosco sono i miei amici palermitani. Capisce dunque che questo è un discorso che non mi piace fare.

All’orizzonte si intravedono vie d’uscita?

La sola prospettiva è quella della pazzia, e cioè la pratica del deragliamento dei moduli di comunicazione e delle strutture. Detto così, non significa nulla, ma un assaggio dei testi darebbe una chiara percezione delle cose. Epperò, anche in questo caso, siamo fuori dai consumi di massa, dove, invece, non trovo nulla degno di nota. Ho avuto per un attimo la sensazione che Antonio  Moresco potesse avere qualche chance grazie ad alcuni suoi sotterranei richiami ai linguaggi, ma poi mi pare che non abbia mantenuto ciò che via via andava promettendo.

Eppure, lei ha svolto anche un certo ruolo nell’editoria isolana, con una casa editrice, Perap, che ha pubblicato decine di titoli…

È un’esperienza che ormai considero conclusa. Debbo però dire che, se si hanno i mezzi, con una selezione accorta si possono trovare delle energie singolari. È il caso di Alda Pane, morta suicida alcuni giorni fa, che ha pubblicato un volumetto di racconti a mio parere lodevoli (“Scatole, ovvero parole tra otto spigoli”, pubblicato da Nuova Ipsa, n.d.r.). Avrebbe meritato una ben diversa attenzione, ma purtroppo i piccoli editori di provincia non esistono, se non nella dimensione elitaria dei parenti e degli amici.