I nuovi guai della Spagna con i mercati hanno un responsabile: la recessione

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I nuovi guai della Spagna con i mercati hanno un responsabile: la recessione

07 Aprile 2012

La crisi del debito europeo sembra ormai una tragica partita a flipper, con la pallina nervosa dei mercati che schizza da una parte all’altra dell’Europa, soprattutto quella del Sud. Il ritorno della pressione dei mercati finanziari sulla Spagna questa settimana – semana de pasion, l’ha definita il giornale spagnolo Abc – è il sintomo di un’Europa le cui recessione suscita negli investitori internazionali forte preoccupazione sulle reali capacità dei governi europei con più alto percentuale di debito pubblico rispetto al Pil – Italia e Grecia – o ad alto deficit – Spagna e Francia – d’uscir effettivamente dalla crisi fiscale da cui da più di un anno a questa parte molti paesi della periferia europea si trova.

Ne è riprova l’ultima asta dei bonos, i titoli di debito pubblico spagnoli, che ha visto il Reale tesoro costretto a sottoscrivere remunerazioni sui titoli molto più alte del previsto pur di collocare 973 milioni i bonos, i quali sono stati piazzati con cedola del 4,25% e scadenza nel 2016, con una redditività del 4,319%, quasi un punto percentuale al di sopra dell’ultima vendita realizzata un mese fa. Questo accadeva mentre non solo lo spread per i titoli della Spagna toccava picchi record (402), ma anche quelli di Grecia (2017), Italia (372) e Francia (125) finivano alle stelle.

Un tavolo di prova difficile per il governo Popolare di Mariano Rajoy sotto pressione esterna (Bruxelles) e interna (sindacati e opposizioni sul piede di guerra). Per il neo-ministro dell’economia spagnolo, Luis De Guindos, la Spagna paga il “nervosismo” e la “volatilità” dei mercati dovuta all’incertezza che circonda il quadro economico europeo nel suo insieme. La recessione avanza e gli investitori che operano sui mercati internazionali sanno che le entrate fiscali diminuiranno e che nuovi sforzi saranno necessari. In pochi giorni è andato in frantumi tutto il lavoro e gli sforzi messi sul banco dal governo del primo ministro Mariano Rajoy, per molti – italiani tecnocratizzati compresi – esempio di successo ‘democratico’ di fronte alla crisi.

Segno questo che l’abbattimento del deficit di quattro punti sul 2011 messo in cantiere dal governo Popolare di Madrid, così come l’annuncio preventivo dell’abbattimento del deficit per 27 miliardi nei Presupuesos Generales del Estado 2012 – il bilancio statale in Spagna – che la scorsa settimana il governo spagnolo ha divulgato per sedare i timori degli investitori e della Commissione europea sulla reali intenzioni del governo Rajoy in materia disciplina fiscale, sembrano non bastare. Insomma lo squalo – i mercati – ha ancora fame, e sono in cerca di taglia alla spesa, di riforme e tagli allo stock debito, misure non ancora intraprese da nessun governo europeo.

La settimana appena trascorsa offre anche un altro dato: il ‘fiscal compact’ voluto da Bruxelles (si scrive Berlino) non sembra affatto aver convinto i mercati, vuoi nella sostanza che nella forma. Di fatto, benché il ‘fiscal compact’ sia stato presentato come una sorta di unione fiscale, esso al massimo è un accordo per il controllo del deficit, sotto forma di trattato (e come tale prestabile a una moltitudine d’interpretazioni).

Come ha fatto notare Martin Feldstein in un editoriale apparso sul WSJ (una traduzione del pezzo è oggi in prima pagina su ‘l’Occidentale’), una volta ratificato il ‘fiscal compact’, “i leader politici [europei] annunceranno che si tratta di una pietra miliare nella strada di una politica europea. Ma si tratta in realtà di un gesto vuoto, senza ripercussioni sul deficit e sui debiti nel futuro” perché pieno di definizioni piegabili alla solita discrezionalità nazionale, la stessa che ha reso i vincoli di Maastricht lettera vuota, per Francia e Germania in primis.

E l’Italia? Per il vice-ministro dell’economia, Vittorio Grilli, sembra andare tutto bene (in denial?). Secondo l’ex-direttore generale di Via XX Settembre oggi membro politico del governo Monti, “gli investitori stranieri stanno tornando a comprare i titoli di Stato italiani. I mercati – ha affermato ancora Grilli – sanno distinguere e  nelle ultime settimane ci sono stati importanti fenomeni, lo spread ha recuperato parecchio rispetto alla Spagna e questo significa che i mercati stanno premiando i paesi dove vedono progressi più lineari e veloci”.

Sulla (ritrovata?) desiderabilità all’estero dei titoli di debito sovrano italiano, Stefania Guetta, che su l’Occidentale tiene la rubrica economica ‘The Money Column’, dice che “va sottolineato che l’atteggiamento degli stranieri è cauto, dall’estero (hedge fund in testa) si muovono ancora  guardinghi sul mercato italiano. I grandi portafogli Usa, salvo qualche eccezione, restano alla finestra e gli investitori giapponesi si tengono alla larga mentre si sono notati flussi in entrata in Cina”.