I palestinesi di Gaza vivono grazie all’aiuto di Israele
20 Novembre 2010
"Non sarete risparmiati dai razzi e da altri attacchi fino a che non lascerete le terre palestinesi", minaccia Jemaa Ansar al-Sunna il gruppo estremista che ha base nella Striscia di Gaza e per la prima volta la minaccia di morte viene pronunciata in ebraico. L’annuncio di rappresaglie contro "l’aggressore israeliano" è nato dopo l’omicidio di Mohammed Nimnim e di suo fratello Islam Yassin, morti mercoledì in un raid aereo su Gaza. Infatti, dopo nemmeno quarantotto ore, due colpi di mortaio sparati dalla Striscia hanno colpito il territorio meridionale israeliano.
Da inizio 2010 almeno centottanta razzi sono stati lanciati dagli estremisti palestinesi da Gaza contro Israele, a conferma della capacità di Hamas ( and Co.) di gestire le percezioni in una guerra in cui domina prevalentemente il fattore emotivo. E, soprattutto, quello economico. Dall’inizio del 2008, terminata da parte israeliana l’Operazione Piombo Fuso nella Striscia, oltre il valico di Rafah sono entrate migliaia di tonnellate di cibo, di materiali e attrezzature varie, e il tutto traghettato attraverso fiumi di denaro, che Hamas preferisce investire in morte: questa settimana, ad esempio, un palestinese, Ali Dadu, è stato arrestato dall’IDF a Tulkarem con il figlio Diia Dadu per aver introdotto in Cisgiordania circa 900 mila dollari provenienti dai dirigenti di Hamas a Gaza destinati a sovvenzionare attacchi terroristi in Giudea e in Samaria. Novecentomila dollari che non sono poi così tanti per Hamas impegnato a prendere il pizzo dagli aiuti materiali che arrivano dall’esterno, dai soldi provenienti dall’erario dell’ANP e dalle merci che sbucano dai tunnel confinanti l’Egitto. Il quotidiano The Christian Science Monitor basandosi su colloqui con gli imprenditori a Gaza, riferisce che il governo di Hamas fa pagare una tassa del 14,5 per cento sui beni che passano attraverso i tunnel, sulle attività di cambio valuta e sulle entrate fiscali e intanto acquista terreni, edifici e armi.
Insomma, a Gaza l’organizzazione terrorista di Khaled Meshaal, il leader di Hamas che ha trovato protezione in e rifugio presso il regime siriano, ha trovato la famosa gallina dalle uova d’oro mentre molte ong e testate ireniste lì presenti hanno trovato il modo di raccontare questa favola. Da Amnesty International a Human Rights Watch passando per l’israeliana Peace Now – solo per citarne alcune- “Gaza è fuori dal mondo” o un “lager a cielo aperto” eppure nel solo mese di novembre nella Striscia, stando a recenti dati pubblicati da Israel Denfense Forces (condivisi dall’ANP e dalle autorità egiziane) sono stati importati 899 camion di cibo (17.068 tonnellate) con un aumento del 14% rispetto al mese precedente; 678 tonnellate di gas da cucina, 1.757.891 litri di Diesel, 34.500 litri di benzina. Sono entrati e usciti 257 imprenditori palestinesi, 295 membri del personale di organizzazioni internazionale, 315 pazienti con assistenti attraversato il confine con Israele e la Cisgiordania riscontrando un aumento del 26% nel numero di persone che ha attraversato il valico di Erez rispetto al solo mese di ottobre. Dal 2009, invece, i pazienti e i loro badanti che hanno lasciato Gaza per le cure mediche in Israele sono circa 10.544. Le attrezzature mediche e farmaci importati in coordinamento con l’Autorità palestinese e le agenzie internazionali sono 4.883 tonnellate tra cui due ascensori per gli ospedali di Gaza, così come le attrezzature mammografiche per il rilevamento del cancro della mammella e di un sistema informatizzato TAC. Israele, inoltre, ha aiutato l’Autorità palestinese ad arginare la diffusione dell’influenza aviaria a Gaza con 44.500 dosi di vaccino e ha continuato a fornire elettricità dalla sua centrale elettrica di Ashkelon.
Oltre a ciò, 41 camion carichi di attrezzature sono stati trasferiti per la manutenzione dell’impianto elettrico e più di 100 milioni di litri di gasolio sono stati consegnati per il suo funzionamento senza dimenticare dei 45 camion carichi di apparecchiature per le comunicazioni che sono state inviate a Gaza, su richiesta dell’Autorità palestinese. Sono stati consegnati anche 95 camion carichi di attrezzature per i sistemi idrici e fognari, oltre a 3.720 tonnellate di cloro per la purificazione dell’acqua e all’aiuto che Israele sta dando per il trattamento delle acque reflue : per questo progetto sono stati spediti 48 camion carichi di attrezzature. Inoltre, sono arrivate a Gaza le apparecchiature speciali per i campi estivi, tra cui piscine, macchine per gelato, strumenti musicali, attrezzature sportive. Per calcolare invece le entrate di denaro ci aiutiamo con lo studio condotto dal Lt. Col. (ret.) Jonathan D. Halevi per il Jerusalem Center for Public Affairs che oltre a fonti israeliane fa riferimento a dichiarazioni e documenti palestinesi ed egiziani.
Per finanziare gli stipendi e le attività delle organizzazioni internazionali sono entrati circa 300 milioni di dollari, sono stati sostituiti circa 10 milioni in banconote usurate e a febbraio 2010, Israele e l’Autorità palestinese hanno raggiunto un accordo sul trasferimento dei contributi previdenziali e delle pensioni ai beneficiari di Gaza che hanno lavorato in Israele. Mentre il governatore della Banca centrale dell’Autorità palestinese, Jihad al-Wazir, ha riferito che dal giugno 2007 (data della presa militare di Hamas di Gaza), nel complesso i trasferimenti monetari sono stati in totale 5 miliardi di dollari. Al-Wazir ha confermato che il 56 per cento del bilancio dell’ANP è designato a Gaza per pagare le spese di elettricità e acqua, mentre il governo di Hamas raccoglie le tasse dai residenti per i servizi che riceve gratuitamente. Oltre che dall’ANP, Gaza riceve i fondi per gli aiuti supplementari direttamente da Iran e da altri paesi arabi e infatti il ministro della Sanità del governo di Hamas, Bassam Naim, ha riferito il 21 marzo 2010 di aver ricevuto una sovvenzione di 40 milioni di dollari dalla Banca islamica per lo sviluppo e dalla Mezzaluna Rossa del Qatar per l’acquisto di attrezzature per gli ospedali di Gaza mentre fino al 20 novembre 2009, l’Unione europea ha pagato il costo del carburante diesel industriale per la centrale elettrica di Gaza, per un importo stimato in sui 13 milioni di euro.
Questo è quanto accade alla luce del sole. Alla luce dei neon o di fari alogeni, sottoterra, attraverso i tunnel che collegano la Striscia all’Egitto c’è un altro mondo e in continuo movimento. Sono circa 10.000 persone ( tra cui minorenni ) che quotidianamente lavorano negli ottocento tunnel diventati per Hamas una fonte di reddito da 200 milioni di dollari all’anno. Oltre ad essere una rat line per aspiranti fedayyìn che desiderano raggiungere i campi di addestramento in Iran o in Siria e canali per far entrare missili antiaerei, anticarro, esplosivi e munizioni, i tunnel scavati lungo tredici chilometri di confine sono una vera e propria fonte di reddito. Basti pensare che il prezzo di una tonnellata di cemento, ora, è pari a 800 shekels rispetto ai 1.200 di due mesi fa, e ai più di 3.000 di un anno fa. Una cospicua fonte di reddito,appunto, soprattutto per l’avatar iraniano, Hamas, che esige le tasse sul funzionamento delle gallerie e sulle merci che vi passano comprese giovani ragazze egiziane vendute a vecchi e ricchi uomini palestinesi, come aveva denunciato la giornalista canadese Antonia Zerbisias.