I partiti guardano al 2013 ma nessuno sa ancora da che parte andare (e con chi)

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I partiti guardano al 2013 ma nessuno sa ancora da che parte andare (e con chi)

14 Maggio 2012

 

Grandi manovre e grandi incertezze. Maroni ‘conquista’ la Lega, Alfano incassa l’Imu rateizzata e il decreto sulle compensazioni crediti-debiti, il Pdl si interroga su come riunire i moderati, Casini chiude il Terzo Polo (per lo stesso motivo) senza il sì di Fini e Rutelli, i futuristi perplessi sul da farsi e i rutelliani ‘non ci stanno’, Bersani è tentato dalla via più sicura, a braccetto con Vendola e Di Pietro. Lo scenario 2013 è già qui, ma i contorni sono sfocati. Servono anzitutto le riforme (costituzionale ed elettorale) per fare almeno un po’ di chiarezza.

Nel Pdl dopo lo stop di Berlusconi allo spettro (ma anche alla tentazione dell’ala oltranzista del partito) del voto in autunno si lavora al 2013. In attesa della novità politica annunciata dall’ex premier e dal segretario del partito per dopo i ballottaggi, a tenere banco nel dibattito interno è la proposta di Pisanu (che non dispiace alla ‘colomba’ Frattini da sempre interessato al Ppe in chiave italiana): patto con Casini anche a rischio di perdere per strada alcuni pezzi e leadership collegiale nel nuovo rassemblement dei moderati.

I pezzi citati ma non dettagliati dall’ex ministro dell’Interno, è facile intuire siano quelli dell’area aennina dentro la quale si agitano i duri e puri della spina da staccare a Monti. Messaggio rispedito al mittente in tempo reale col matteoliano Maurizio Bianconi, vicepresidente dei deputati pidiellini, che in pratica invita Pisanu (e pure Frattini) a scindersi da solo. Contro-reazione di un gruppo di forzisti che a loro volta invitano Bianconi a darsi una calmata. Il che la dice lunga sul ‘clima’ a via dell’Umiltà.

Che l’interlocutore principale in chiave 2013 sia Casini,  nel Pdl è un fatto riconosciuto dai più e non è un caso che siano ripresi i ‘contatti’ coi centristi. La stessa proposta di Pisanu che passa dall’accordo Berlusconi-Casini, va in quella direzione e il fatto che il leader Udc abbia chiuso il Terzo Polo viene vista come un segnale da raccogliere e non far cadere nel vuoto. Ma non è così tutto scontato. Perché l’ostacolo resta la pregiudiziale nei confronti del Cav. che Casini tiene ferma come condizione per l’intesa col Pdl. Della serie: lavoriamo insieme al cantiere dei moderati ma senza Berlusconi in mezzo. Condizione irricevibile per il partito di Alfano. Risultato: siamo agli abboccamenti. Stand- by.

Alfano non entra nella bagarre interna ma traccia la linea ribadendo due concetti: rinnovamento del partito e primarie per la leadership. In realtà, in questa fase pare più concentrato sul versante del governo e in particolare sui provvedimenti che il Pdl sarà pesare nel confronto con Palazzo Chigi. Il cambio di passo sta in un sostegno leale ma critico che potrebbe pure sfociare in un voto contrario su norme non condivise o ritenute inadeguate. E comunque in un pressing costante sulle proposte che il partito intende inserire nell’agenda dei Prof.  Intanto Alfano può mettere nel carniere due risultati significativi: l’Imu rateizzata e una tantum e il decreto sulle compensazioni crediti-debiti. Due dei temi sui quali puntare per riconquistare quella parte di elettorato delusa e per questo in fuga dal Pdl.  

Molta parte dello scenario da qui ai prossimi mesi dipenderà dal cammino delle riforme: quella costituzionale per innovare l’architettura dello Stato e la revisione del sistema di voto. Versante quest’ultimo sul quale è tornato a sollecitare i partiti il presidente della Repubblica che la considera una “riforma ineludibile”. Tuttavia, l’esito del voto amministrativo ha rallentato e per certi versi modificato l’impianto originario al quale gli ‘sherpa’ dei partiti della maggioranza avevano lavorato fin qui. I contatti riprenderanno dopo i ballottaggi: il Pd spinge per il doppio turno alla francese che però non piace a Casini e a una parte del Pdl, con gli ex An – ad esempio – ancorati al maggioritario con il ritorno alle preferenze (in questo senso va la proposta di legge di cui è prima firmataria Giorgia Meloni).

Ma non tutto è perduto e agli scettici-bipartisan convinti che alla fine nel 2013 si tornerà a votare col Porcellum, Gaetano Quagliariello dice che per arrivare a un’intesa condivisa “i tempi ci sono”. Il vicepresidente dei senatori Pdl, da mesi impegnato sul versante delle riforme, spiega: “La riforma costituzionale è stata incardinata. Così come quella dei regolamenti. Quanto alla riforma elettorale, abbiamo deciso di riparlarne dopo i ballottaggi delle amministrative, per tenere al riparo il possibile accordo da ogni polemica elettorale. Al momento nessuno si è tirato indietro. Ritengo che ci siano i tempi per approvare tutte e tre i provvedimenti”.

Altro tassello dello scenario in movimento resta la Lega. Bossi ha fatto di nuovo un passo indietro dopo aver fatto quello in avanti annunciando la sua ricandidatura alla guida della Lega in vista del congresso di fine giugno. Ieri a Via Bellerio, il consiglio federale ne ha preso atto e il passaggio di fatto spiana la strada a Maroni. La revisione dello statuto leghista potrebbe assegnare al Senatur il ruolo di presidente fondatore del movimento ma sul piano operativo Maroni dovrebbe essere affiancato da tre vicesegretari, uno dei quali nel ruolo di vicario: per quest’ultimo si fa il nome del veneto Luca Zaia, mentre per gli altri due si sa che saranno un lombardo (in lizza Matteo Salvini) e un piemontese. Se Maroni si prenderà ufficialmente il timone del Carroccio, bisognerà vedere da che parte intende muoversi, come e con chi. Non più tardi di domenica, ipotizzava un riavvicinamento al Pdl solo nel caso in cui entro luglio decidesse di staccare la spina a Monti. Ipotesi che però, il Pdl respinge. Anche qui, tutto in stand by.

Le cose non sono di certo più chiare nel campo del Pd. Bersani appare sempre più tentato dal rispolverare la foto di Vasto anche se – stando ad alcuni rumors – non avrebbe definitivamente rinunciato all’idea di un’intesa coi centristi. A sostenere ciò, sono quei democrat che guardano con una certa preoccupazione la proposta messa sul tavolo da Pisanu che quando parla di scomposizione e ricomposizione dell’area moderata, di pezzi da perdere per strada per liberarsi dei ‘condizionamenti’  si riferisce (indirettamente) anche all’area ex Margherita, sempre più in sofferenza e che proprio per questo, potrebbe essere tentata dall’idea di confluire in un nuovo movimento liberal democratico.  

Scenari, composizioni, scomposizioni, alleanze. C’è da augurarsi che non sia come la tela di Penelope. Perché stavolta, la politica rischia di finire dritta nelle trame di un’altra tela: quella dell’antipolitica.