
I pericolosi focolai del virus giustizialista

20 Aprile 2020
Per gli studiosi del processo penale, la persecuzione degli untori di manzoniana memoria è uno degli esempi più riconoscibili della inarrestabile tendenza del rito inquisitorio ad accreditare il falso. Senza dialettica, senza contraddittorio non può esistere alcun dato probatorio affidabile, sia esso documentale, scientifico o dichiarativo, ma solo una tesi precostituita, finalizzata a soddisfare le aspettative dell’opinione pubblica e destinata ad essere validata per inerzia dalla decisione definitiva.
Per fortuna il nuovo virus non è certamente la peste, se è vero che all’esito delle recenti rilevazioni statistiche degli italiani potenzialmente già contagiati, la sua letalità sembra attestarsi molto al di sotto dell’1%. Ciò nonostante le tendenze scatenate dalla pandemia in ambito social-giudiziario rischiano di richiamare modelli già noti.
Il primo focolaio giustizialista si era addirittura diretto contro i runners, incredibilmente additati come responsabili del mancato contenimento dell’epidemia per delle corse in solitario che li portavano a pericoloso contatto solo con il portone del loro palazzo. La questione – in perfetto stile italico – è poi divenuta eminentemente burocratica, per il fiorire di ordinanze regionali, circolari e prassi interpretative in merito alla individuazione di una soglia massima – di 200, di 500 o di 1.000 metri dal luogo di abitazione – che non avrebbe comunque dovuto essere superata. Il grande tema etico-filosofico che sembrava agitare il paese è stato così ricondotto alla possibile configurabilità di un banale illecito amministrativo dai contorni un po’ troppo indefiniti.
A cercare di accendere un secondo focolaio non è stato invece un goffo moralismo di Stato quanto la spregiudicatezza di alcuni avvocati che speravano di acquisire il mandato dei familiari delle vittime del Virus con qualche iniziativa sgangherata per poter poi rivolgere le loro pretese contro un sistema sanitario trovatosi in chiara emergenza. Ma nel frattempo i medici, additati da anni come i principali responsabili della morte dei loro pazienti, erano divenuti – forse solo per un breve periodo – degli eroi in camice bianco cui doveva andare il tributo dell’intero Paese. Forse, con una maggior dose di equilibrio, si può ragionevolmente auspicare che almeno di responsabilità penale non sentiremo questa volta parlare granché neppure nei mesi a venire.
Un terzo pericoloso focolaio, che dovrà essere domato con la dovuta attenzione, riguarda invece la posizione dei datori di lavoro. Pretendere che un imprenditore possa garantire a dipendenti o clienti la mancata presenza, negli ambienti di lavoro o di contatto con il pubblico, di un virus che potrebbe aver contagiato 6 milioni di italiani significherebbe addebitargli una responsabilità oggettiva del tutto irragionevole, per giunta sulla base di un collegamento causale per sua natura sfuggente e indimostrabile. Oggi, per molti imprenditori, questo timore esiste e non porterà di certo ad una più razionale ed attenta organizzazione della loro attività. Ma a leggere la cronaca giudiziaria, il rischio attualmente più concreto sembra essere quello di un irrigidimento delle scelte politico-amministrative, già apparentemente sottoposte – nel caso della Lombardia – ad un immediato vaglio giudiziario.
Ancora una volta la responsabilità politica per scelte sbagliate, o semplicemente non condivise, sembra dover passare – con un pieno apprezzamento della stampa – dalla possibile invocazione di una responsabilità penale dei loro autori. E lo stucchevole ritornello del “decideranno gli scienziati ” non nasconde soltanto l’oggettiva inadeguatezza del Governo in carica ma anche l’inevitabile paura di vedersi un domani additare in un aula di Tribunale o anche soltanto di dover apprendere dalla stampa della prevista notifica di un avviso di garanzia.
Questioni note purtroppo, che hanno portato tante persone valide ad allontanarsi dalla sfera pubblica e che hanno visto fiorire la cosiddetta burocrazia difensiva, ovvero l’arte del non decidere tutto quello che può essere astutamente rinviato ad altri.