I primi 10 giorni di Sacconi: detassare gli straordinari ma non solo
16 Maggio 2008
La nomina di Maurizio Sacconi è sicuramente una delle migliori scelte (e come tale viene generalmente riconosciuta) tra quelle che il Cavaliere aveva a disposizione per ricoprire un incarico tanto delicato.
A Sacconi, infatti, non sono stati affidati soltanto i tradizionali portafogli del Lavoro e della Previdenza sociale, ma è chiamato ad occuparsi di politiche sociali e di tutela della Salute (e, sia detto per inciso, a parte un sottosegretario di esperienza come Pasquale Viespoli, il resto della squadra stenterà ad andare a regime in tempi rapidi). In sostanza, l’ammontare delle risorse che “girano” in quel dicastero è superiore ad un quarto del Pil (scusate se è poco!). Sacconi è un ex Psi. Ho attentamente calibrato questa definizione perché – a domanda – il nostro risponderebbe ancora di essere socialista e di far parte di un governo di cui sono componenti (in posizioni di grande rilievo) diverse personalità di cultura riformista/craxiana.
Il pensiero di Sacconi (è sufficiente leggere i suoi libri) è incardinato nelle problematiche proprie dell’Unione europea, da Lisbona 2000 ad oggi. Ed è su questo terreno che è avvenuto l’incontro con Marco Biagi (un giurista di cultura europea) ed è iniziato quel breve ma intenso rapporto che in pochi mesi (prima e dopo l’uccisione del professore bolognese) ha assai contribuito all’ammodernamento del diritto e del mercato del lavoro. Tanto che Sacconi avverte come un imperativo categorico il progetto di continuare ed arricchire il lavoro e le intuizioni di Biagi.
Il ministro è chiamato ad affrontare e a risolvere (insieme all’onnipotente Giulio Tremonti, che deve trovare le necessarie coperture finanziarie) uno dei temi su cui il PdL si gioca la “luna di miele” con un elettorato costituito in larga parte di lavoratori dipendenti e sindacalizzati. Così Sacconi, nei prossimi giorni, dovrà misurarsi con le parti sociali nel tentativo di stabilire rapporti corretti tanto con il mondo dell’impresa quanto con quello sindacale, portando a compimento le priorità della detassazione del lavoro straordinario e delle voci della retribuzione legate alla produttività e favorendo una riforma degli assetti contrattuali all’altezza delle nuove esigenze della produzione e del lavoro, anche sulla base della recente intesa intervenuta tra Cgil, Cisl e Uil.
Gli scogli dell’operazione-detassazione sono sostanzialmente due: a) per quanto riguarda il lavoro straordinario si dovrà tener conto della preoccupazione dei sindacati garantendo loro che le nuove misure non stravolgeranno le disposizioni (e i limiti) che le leggi e i contratti prevedono né altereranno i contenuti degli accordi aziendali sull’organizzazione dell’orario di lavoro; b) relativamente ai premi aziendali e alle altre voci retributive che usufruiranno delle agevolazioni, è molto difficile trovare una soluzione che accontenti i sindacati, i quali rivendicano che i benefici vadano solamente alle somme contrattate e non anche alle erogazioni unilaterali dei datori. Il che significherebbe riconoscere ai sindacati una rendita di posizione, in quanto le imprese sarebbero costrette a negoziare con loro allo scopo di ottenere (e di far ottenere ai propri dipendenti) gli sconti fiscali. Sacconi dovrà poi decidere che cosa fare dei tanti adempimenti previsti dalla legge n.247/2007 attuativa del protocollo del luglio scorso. In tale contesto il primo problema da risolvere riguarda le decisioni da assumere per lo schema del decreto legislativo sulla tutela dei lavori usuranti predisposto dal precedente Governo, dal momento che, nell’attuale formulazione predisposta da Cesare Damiano, la normativa rischia di produrre effetti economici insostenibili.
Ci sono poi degli obiettivi di più lunga scadenza che potrebbero chiamare in causa taluni interventi strutturali sulle pensioni. Ma per il momento Sacconi non ha intenzione di rimettere in discussione i punti del protocollo relativi alle soluzioni trovate (scalini+quote) per l’età pensionabile di anzianità.