I prof. “de sinistra” temono per la Costituzione (e per il loro potere)

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I prof. “de sinistra” temono per la Costituzione (e per il loro potere)

12 Marzo 2008

Il rapporto tra intellettuali e
politica attiva è molto complesso e non si può certo pensare di trattarne con
leggerezza. Ma ad una certa leggerezza invita la notizia comparsa sul Corriere
dell’11 marzo, sotto il titolo “Costituzionalisti, appello al PD: mettete in
sicurezza la Carta”.

Vi si leggono nomi illustri di
studiosi del diritto pubblico e costituzionale. Essi, dopo aver fatto l’elenco
delle riforme istituzionali in agenda per la prossima legislatura, lamentano
due cose: a) il programma del PD prevede che solo la prima parte della
Costituzione possa essere modificata con la maggioranza qualificata dei due
terzi dei componenti delle Camere, mentre la seconda parte (quella
organizzativa) resta abbandonata alla volontà “tiranna” della maggioranza assoluta;
b) troppo pochi di loro stessi esperti compaiono nelle liste elettorali, per
una legislatura che si annuncerebbe “costituente” e nella quale gli esperti
dovrebbero invece servire come il pane.

Sicché, propongono, visto che non
ci avete preso in considerazione per le liste, teneteci presenti almeno per dar
vita a un organismo di riflessione, di studio e di discussione, una consulta
del partito – cito testualmente dall’articolo – “che si avvalga dei migliori
costituzionalisti, amministrativisti e politologi italiani, molti dei quali si
riconoscono nell’area cultural-politica espressa dal PD”.

Si noti, per inciso, quanto
accademicamente fastidiosa, trasudante arcaiche concezioni egemoniche – e non
veritiera – sia l’affermazione secondo cui “i migliori costituzionalisti,
amministrativisti e politologi italiani si riconoscono nell’area
cultural-politica espressa dal PD”. Come dire, gli altri, quelli che non vi si
riconoscono, sono dei paria…

Ma sorvoliamo e andiamo al sodo. L’appello
ha diverse chiavi di lettura. Una è molto seria. Nomi illustri della cultura
costituzionale italiana, da sempre schierati su posizioni genericamente “di
sinistra” e conservatori nel settore delle riforme, sono parecchio allarmati
perché i pochi esperti del ramo che Veltroni ha reclutato per il prossimo
Parlamento appartengono a filoni culturali molto distanti dal loro. Vassallo e
Ceccanti, per dire, sono dei riformisti intelligenti. Stimano il giusto la Carta del 1948, ma non ne hanno
il culto e si sono sempre dimostrati disponibili a riforme profonde. Sul
premierato, ad esempio, sarebbe interessante rileggere i loro scritti. O
verificare quanto pensino su riforme in senso “francese”. Se questo è, come ci
si augura, un segnale politico da parte di Veltroni, significativo delle sue
intenzioni nel campo delle riforme, ben comprensibile è l’allarme dei nostri.

Ecco allora l’idea fortemente
conservatrice di “mettere in sicurezza” anche la forma di governo (la parte
organizzativa della Costituzione), stabilendo che non la si possa toccare se
non a larghissima maggioranza.

La seconda chiave di lettura è
meno seria (o, come si diceva, più leggera). Sarà solo il frutto delle
semplificazioni giornalistiche, ma si ha come la sensazione di un gruppo di
intellettuali che temono di essere messi da parte, di non costituire più un
punto di riferimento per la parte politica cui, pure, continuano a dirsi
profondamente legati. Ma come: noi siamo con voi e voi non ci prendete in
considerazione?

Qui, sembra che vi sia anche una
eccessiva semplificazione del rapporto intellettuali-politica: non è mica detto
che l’apporto dei professori si misuri dalla loro presenza nelle liste
elettorali. Come è noto, una buona competenza accademica non necessariamente si
traduce in capacità politica (ed anzi spesso è vero il contrario). Le
fondazioni, i think tank, sono lì
apposta per consentire che le idee elaborate in sede scientifica mettano le
gambe e possano essere trasformate in programmi politici. E, nel campo
dell’elaborazione costituzionale e amministrativa, ve ne sono a sinistra molti
illustri esempi, che negli anni hanno fornito molti contributi di idee.

Ma proprio qui sta il punto. Forse
Veltroni vuole dare un taglio netto col passato anche in questo campo. Ecco,
allora, la proposta: fateci almeno costituire una consulta, un gruppo di
studio, qualcosa…