I “Quirinale Boys”. Saggi sì, ma non siano timidi

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I “Quirinale Boys”. Saggi sì, ma non siano timidi

I “Quirinale Boys”. Saggi sì, ma non siano timidi

02 Aprile 2013

di Ronin

Non è facile il compito dei "facilitatori", come li ha chiamati il Presidente Napolitano. Ce ne siamo resi subito conto dopo l’annuncio del Capo dello Stato, con i distinguo, gli scetticismi, i ridimensionamenti che gli esponenti delle tre grandi forze politiche in stallo, Pd, Pdl, 5 Stelle, hanno fatto e probabilmente continueranno a fare nei prossimi giorni.

Il facilitatore di norma deve favorire un processo di decisione consensuale ma se c’è una cosa che scarseggia tra i partiti italiani in questo momento storico è proprio la volontà di condividere qualcosa. D’altra parte tradizionalmente i facilitatori sono figure neutre rispetto alle posizioni in campo, mentre sappiamo che il Presidente ha scelto personalità che hanno storie politiche e visioni contrapposte, com’è giusto che sia.

Il loro compito ad ogni modo sarà quello di rispettare i tempi previsti dalla tabella di marcia fissata dal Quirinale, nella speranza che in seguito i partiti aderiscano al consenso raggiunto dagli esperti sulle riforme. Magari fossero così bravi da trovare soluzioni alternative o inaspettate tali da mettere tutti d’accordo. Difficile ma non impossibile visto che l’alternativa è tornare a votare e siamo così sicuri che i neoeletti in parlamento sono pronti a fare le valigie?

Laguerra elettorale ha prodotto un deserto dei tartari parlamentare e la "mission impossible" dei Quirinale Boys dovrebbe essere quella di innescare un processo di riconciliazione. Riportare in auge il dialogo democratico dopo i "vaffa" e le scomuniche reciproche del passato. Il metodo di lavoro sarà quello di identificare i problemi cercando di separarli dalle rivendicazioni ideologiche, di gettare sul tavolo tutte le opzioni disponibili per risolverli, di ponderarle ("pesarle", dal latino exigere), modificarle e se necessario emendarle, discutendone pro e contro fino alla relazione definitiva da consegnare nelle mani del Presidente, magari con una nota di minoranza utile a tenere conto delle opposizioni emerse.

Sarà per questo motivo che i giornali hanno subito tradotto la parola "facilitatore" in "saggio", perché ci vogliono persone assennate per realizzare in poco più di una settimana un processo complicato e fortemente dialettico come quello appena descritto. Saggi perché, è l’auspicio che conviene farsi, sono dotati di equilibrio, moderazione, esperienza, responsabilità. Delle guide virgiliane, insomma, in grado di indicare il cammino da seguire.

Dovranno dare saggio delle loro qualità individuali e saggiare le qualità e le proprietà degli argomenti in discussione, e state certi che confrontandosi valuteranno per bene forze e debolezze degli avversari, spingendosi con accortezza fino ai paletti messi da ognuno nella discussione generale, magari per aggirarli o spostarli un po’ più in là, in nome del benedetto buongoverno.

Non carichiamoli di troppe attese e non diamogli una importanza più grande di quella che hanno, per non trasformarli da saggi in saccenti: se dovessero apparire superbi o presuntuosi gli italiani non gliela perdonerebbero. Speriamo anche che non si comportino come tende di solito a fare il saggio, che temporeggia, tattica buona per vincere lunghe battaglie ma inutile se hai a disposizione meno di due settimante di tempo. Come pure che non si dimostrino del tutto salomonici perché il giudizio di Salomone era senz’altro ineccepibile ma troppo rigido nella sua imparzialità.

La Pizia definì Socrate "il più saggio" tra gli uomini perché aveva capito che la saggezza coincide con il "saper di non sapere". Ma forse sarebbe meglio che i ‘facilitatori’ di Napolitano rinunciassero per un attimo alle altezze della maieutica visti i tempi contingentati. Meglio Seneca, che attribuiva ai saggi due caratteristiche: la costanza, dovranno darne prova presto, e la imperturbabilità, che fino adesso non gli è mancata visto cosa gli è caduto addosso dopo la "nomina".

Tranquilli quindi, ma senza esagerare, perché incassando e basta alla fine ti mettono nell’angolo. "Credono molti che uno savio, perché vede tutti e’ pericoli, non possa essere animoso," scrisse Guicciardini, "ma io sono di opinione contraria, che non possa essere savio chi è timido, perché giá manca di giudicio chi stima el pericolo piú che non si debbe".