I ribaltonisti vogliono convincere il Colle ma il Cav. resista e lavori al dopo
25 Novembre 2010
La temperatura si sta alzando. Pericolosamente. L’aria è quasi irrespirabile. Mercoledì e giovedì scorsi nell’aula della Camera dei deputati si respirava un’aria malsana. In effetti, come chiunque può constatare, nei palazzi della politica, ma anche nelle loro adiacenze, sta crescendo una tensione che non fa presagire nulla di buono.
A Montecitorio le provocazioni gratuite e volgari dell’Italia dei Valori si sono sommate alle imboscate di Futuro e libertà, mentre il Partito democratico ha fatto esibire alcuni dei suoi attori più consumati, da Fassino a Franceschini fino al segretario Bersani (reduce da una passeggiata spericolata sui tetti di non so quale stabile in segno di solidarietà con studenti irreggimentati e regolarmente tesserati) per protestare contro la riforma universitaria.
In un caos indescrivibile, nel quale alle sospensioni dei lavori parlamentari a sorpresa si sono succedute richieste pittoresche di rinvio del provvedimento della Gelmini in Commissione e si è lavorato, piuttosto vilmente da chi ne aveva garantito l’approvazione, per affossarlo (non è detto che non riesca alla ripresa dei lavori parlamentari), alla Camera è andata in scena la prova generale di ciò che accadrà fino al 14 dicembre, giorno fatico per la legislatura, il governo, il centrodestra, il Paese. Tutti gli oppositori, uniti nel sacro vincolo dell’antiberlusconismo, alzeranno il tiro fino a far precipitare le cose oppure per precostituirsi l’alibi affinché non accada il peggio. E cioè che Napolitano prenda atto della situazione di ingovernabilità e di instabilità determinatasi e sia tentato di sciogliere il Parlamento.
La prospettiva getta nel panico tutti, tranne il Pdl e la Lega, com’è noto. Per questo si vuole arrivare da parte delle opposizioni al punto di rottura salvo fermarsi un minuto prima: lo scopo e chiedere al capo dello Stato, in cambio del ritorno alla normalità, di convincere Berlusconi a rassegnare le dimissioni, a gettare la spugna, a farsi da parte. Poi, creare i presupposti per costituire un esecutivo di salute pubblica. Insomma, dare vita ad una complessa strategia finalizzata a prendere tempo per prepararsi alle elezioni nel 2012 o, dal momento che ci sono, addirittura alla scadenza naturale, quando, se le cose dovessero davvero andare così, di Berlusconi si potrebbero addirittura essere perdute le tracce. Insomma, gli sconfitti del 2008 sugli scudi, i vincitori nella polvere.
Il disegno è tutt’altro che fantasioso. Ci stanno lavorando tutti. E a tutti conviene, allo scopo di rottamare il centrodestra, di creare condizioni spaventose come quelle che stanno facendo capolino in questi giorni, strumentalizzando ogni cosa: studenti, rifiuti, criminalità, sfiducie pretestuose a ministri, mozioni contro la Rai e quant’altro può essere utile ad elevare il livello dello scontro. Mai, nella storia recente, abbiamo assistito ad una tale irresponsabile mobilitazione di rancori, odi, risentimenti, sciacallaggio politico e mediatico. La maggioranza non è alle corde, come in tanti desidererebbero, ma il pericolo che il cedimento possa verificarsi un momento all’altro non è fantasioso.
Opporsi a questa canaglieria non sarà facile nei prossimi venti giorni. Ma bisogna reggere l’onda d’urto innescata dagli irresponsabili odiatori in servizio permanente effettivo. E prepararsi per il dopo. Non credo che il governo andrà sotto, tanto alla Camera quanto al Senato. Ma che cosa se ne farà di una maggioranza aritmetica e non politica, soprattutto a Montecitorio, se non risolverà in radice la questione dell’autosufficienza dai finiani? Perciò, se il premier si accorgerà che l’escamotage per evitare il voto sta facendo breccia al Quirinale, sia lui a fare la mossa estrema e chieda con determinazione al capo dello Stato di mettere fine alla indecente manfrina; si appelli al popolo; spieghi alla nazione come si affossa una democrazia; mobiliti il centrodestra non soltanto a difesa delle ragioni dell’elettorato che corre il rischio di essere espropriato della vittoria, ma con un nuovo programma che mandi in crisi tutti coloro che gli hanno chiesto discontinuità, intorno al quale formare un nuovo consenso.
L’Italia che non è di sinistra, che non ha la bava alla bocca, che ritiene possibile un ritorno alla normalità senza forzare le regole, è ancora un’Italia vincente che non si riconosce nel dipietrismo e nel confusionismo che agita gli accattoni parcheggiati un po’ da tutte le parti nell’orto botanico della politica italiana. Questa Italia voleva e continua a pretendere di voler essere governata dallo schieramento al quale aveva dato un ampio suffragio. Non credo sia rassegnata ai colpi di Palazzo, alle congiure dei perdenti e a quelle degli iniziati ai nuovi riti partitocratici. Può ancora vincere, è maggioritaria. Per questo vogliono chiuderle la bocca. Ma non ci riusciranno. E soprattutto, gli estremisti di tutti i colori, temano l’ira dei buoni, potrebbe essere micidiale per i loro destini di usurpatori.