I ribelli vogliono farcela da soli con la Nato e le armi di Ryad
09 Marzo 2011
Ieri il Consiglio nazionale libico (Cnl) ha chiesto una no-fly zone che favorisca l’avanzata dei ribelli verso Sirte e Tripoli. Gli insorti hanno ringraziato l’Italia, spiegando che il nostro Paese si sta muovendo nella "direzione giusta", la Gran Bretagna e la Francia, "per la forte posizione presa nella crisi". Se il Colonnello continuerà a colpire le città che si sono ribellate con i raid aerei, il Consiglio prevede di trovare armi "straniere" per abbattere i caccia e gli elicotteri del nemico. Gli Stati Uniti pensano all’Arabia Saudita come al fornitore di questo materiale bellico.
Attualmente la Libia è spaccata in due. Le forze ribelli si sono bloccate, non hanno armi a sufficienza né basi a ridosso di Tripoli che gli consentano di sferrare un attacco al cuore del regime di Gheddafi. Anche il rais ha rallentato la sua controffensiva, non avendo una quantità di mezzi e truppe sufficienti a riprendere il controllo del Paese. Per Gheddafi la Cirenaica è persa, in questa parte della Libia l’esercito si è squagliato, ci sono state defezioni fughe e cambi di casacca. Se un processo del genere dovesse allargarsi fra le brigate ancora fedeli in Tripolitania, la fine del Colonnello sarebbe assicurata.
L’opposizione libica è frastagliata e divisa al suo interno. Sta cercando di accreditarsi in tutti modi come una forza unitaria, in grado di mantenere l’integrità territoriale della Libia ("Tripoli capitale"), e per riuscirci chiede aiuto all’Occidente. Il Cln ha messo in guardia la Casa Bianca e le cancellerie europee da un intervento militare sul terreno, che alienerebbe il nuovo governo agli occhi della comunità islamica mondiale. I ribelli vogliono farcela da soli, con la NATO che ripulisce i cieli del Paese e le armi arrivate da Ryad arrivate in tempo per la spallata finale.