I risultati del primo turno dimostrano che dove è unito il centrodestra vince
23 Maggio 2011
Facendo un bilancio complessivo della prima tornata elettorale delle amministrative in Puglia si possono evidenziare tre dati importanti. Il primo riguarda i risultati ottenuti dal centrodestra, che non sono stati "entusiasmanti" ma che, in linea generale, possono essere giudicati positivi, specialmente tenuto conto delle divisioni esistenti all’interno del partito e della coalizione.
Il centrodestra si riconferma già al primo turno alla guida delle amministrazioni comunali di Bisceglie e Massafra e strappa il Comune di Palo al centrosinistra. Vittorie a cui si aggiungono quelle nei comuni pugliesi inferiori a 15 mila abitanti di Bitetto, Locorotondo, Candela e Vieste e il vantaggio registrato in cinque dei dodici comuni che il 29 e 30 maggio andranno al ballottaggio.
A Casamassima, nel barese, l’unità della coalizione di centrodestra ha dato i suoi buoni frutti e il candidato dell’Udc Mimmo Birardi, sostenuto da Pdl, Puglia prima di tutto, Lista Schittulli, Nuovo Psi e Noi Sud parte in vantaggio al ballottaggio contro il candidato sindaco del Pd Alessio Nitti, che sconta tutte le difficoltà legate alla spaccatura interna alla coalizione di centrosinistra, con l’ala radicale coagulata intorno alla candidatura di Giovanni Carlo D’Addabbo (Idv, Sel e Rifondazione comunista) in totale rottura con i democratici. A Ginosa, in provincia di Taranto, a San Giovanni Rotondo e San Nicandro Garganico, nel foggiano, e a Nardò, nel leccese, la partita invece è ancora aperta e il centrodestra si presenta in testa con buone probabilità di vittoria. Comunque sia, eventuali sconfitte al secondo turno sarebbero da addebitarsi, più che ad un calo effettivo di consensi da parte dell’elettorato, alle frantumazioni interne alla coalizione e alla politica delle convergenze variabili messa in campo dai partiti del Terzo Polo. Come a Modugno, dove tutto dipenderà dalla decisione finale dell’Udc, ma l’accordo con il Pd per sostenere il candidato Mimmo Gatti contro Giuseppe Vasile del Pdl sembra già cosa fatta.
Il secondo dato importante riguarda proprio il Terzo Polo e la sua sostanziale inconsistenza emersa dalle urne. Al di là dei proclami nazionali, in nessun comune Udc, Fli e Api si sono presentati tutti e tre insieme: il partito di Rutelli, infatti, ha preferito schierarsi sempre con il centrosinistra, mentre Udc e Fli hanno portato avanti strategie diverse a seconda dei vari Comuni. Stiamo parlando, quindi, di un Terzo Polo che non esiste in Puglia, almeno nella variante nazionale del trittico Fini, Casini e Rutelli uniti in un’unica e nuova formazione politica; semmai esiste, questo sì, un terzo incomodo che, ora in un modo ora nell’altro, cerca di mettere i bastoni tra le ruote al bipolarismo, inceppando un meccanismo che rappresenta forse la più importante conquista del sistema politico italiano nei suoi ultimi vent’anni.
Innegabile è, del resto, che ad aver pesato e a pesare sulle percentuali sia anche e soprattutto la litigiosità tra le diverse componenti del Pdl pugliese, prima ancora di ogni spaccatura interna alla coalizione. La dimostrazione più eclatante di quanto possa essere fallimentare qualunque strategia impostata su divisioni e personalismi è rappresentata dal caso di Ruvo di Puglia, dove il candidato del Pdl Franco Catalano non è riuscito a superare il primo turno mentre al ballottaggio andrà, in rappresentanza del centrodestra contro il candidato del centrosinistra Vito Ottombrini, l’ex assessore provinciale del Pdl Matteo Paparella. Candidatosi in aperto contrasto con le decisioni del suo stesso partito, che ad una scelta condivisa ha preferito una candidatura dall’alto, adesso Paparella, con il suo risultato, sta costringendo tutto il Pdl a fare ammenda e a rivedere la sua strategia per non consegnare l’amministrazione comunale nelle mani dell’avversario politico. Già, perché se ci fosse stata unità d’intenti sin dall’inizio si sarebbe evitata la spaccatura e il centrodestra, probabilmente, avrebbe vinto la partita sin dal primo turno. Così non è stato e ora il Pdl non può che fare mea culpa, sperando che non sia troppo tardi. Al di là della frattura iniziale, la vittoria di Paparella sarebbe forse la più grande soddisfazione per il centrodestra, che dimostrerebbe di essere in grado di imparare dai propri errori.
Un buon numero di amministrazioni già conquistate, cinque ballottaggi da favorito e un ballottaggio dove la posta in gioco, quindi, è doppia. Si poteva fare meglio? Sicuramente sì, ma come è opportuno evitare entusiasmi eccessivi, allo stesso modo le critiche non possono né essere indiscriminate né ignorare quanto di buono è stato fatto finora.
Terzo dato da evidenziare, infine, riguarda il principale competitor in loco, Nichi Vendola, che registra percentuali basse e deludenti proprio in Puglia, la Regione che sta governando. Al di là del risultato inaspettato ottenuto dalla sinistra radicale al Nord (in particolare a Milano), i cittadini pugliesi non devono essere molto contenti dell’operato del loro presidente in questo primo anno di governo regionale se, in media, Sinistra e Libertà – il partito di cui Vendola è leader – ottiene solo il 5%, contro il 9,74 registrato nel 2010. Eppure, nonostante la cifra dimezzata, Nichi dice che è andata bene. Si appella alla "fortissima" frammentazione del voto, dovuta alle numerose liste che si sono presentate in molti comuni. Una giustificazione che rimette a posto i conti del governatore, salvo poi divenire irrilevante quando si parla dei risultati ottenuti dall’avversario di centrodestra, a cui non si capisce per quale motivo non dovrebbe applicarsi lo stesso principio. Resta il fatto che, a prescindere dai tentativi di dissimulazione, chi ha avuto modo di sperimentare personalmente le doti amministrative di Vendola e compagni non se l’è sentita di riconfermare la fiducia – evidentemente tradita – alla sinistra dalle tante parole e dai pochi fatti. Quella, per intendersi, che ha portato la Sanità pugliese allo sfascio, che è responsabile di un tasso di disoccupazione in Puglia peggiore di quello della Grecia e che ha costretto i cittadini a stringere la cinghia fino all’inverosimile per aver sperperato denaro pubblico fino a svuotare le casse della Regione, attualmente in profondo rosso.
A questo punto, la partita elettorale si giocherà sulla capacità di restare uniti e di dare risposte convincenti ai cittadini. Sotto il profilo tattico, invece, saranno determinanti le convergenze e gli apparentamenti tra le forze in campo e quelle escluse. Anche se, è sempre opportuno ricordarlo, i ballottaggi insegnano che non è mai la somma delle percentuali raccolte dai singoli partiti a determinare la vittoria o la sconfitta di un candidato. L’esito finale, in questi casi, è il risultato di un’equazione ancora più complessa.