I saggi danno il metodo, il Parlamento lo applichi
12 Aprile 2013
Nei prossimi giorni approfondiremo l’analisi dei principali punti emersi nella Relazione finale del gruppo sulle riforme istituzionali consegnata al Presidente Napolitano. Il superamento del bicameralismo perfetto, il rafforzamento dei poteri del premier, una vera attuazione del federalismo, la riforma della giustizia, la riduzione del numero dei parlamentari, la legge sul conflitto di interessi. Ma per adesso concentriamoci sul "metodo" di lavoro seguito dai saggi, quel binomio di rapidità e confronto elogiato da Napolitano e che potrebbe dare l’abbrivio alle riforme.
Il secondo capitolo della Relazione infatti, "Del metodo delle riforme", traccia una roadmap precisa sui passi successivi da compiere. Partendo dal presupposto che la revisione della Costituzione debba essere "tenuta al riparo" dall’agone politico, con le sue "tensioni contingenti", si propone di istituire una "Commissione redigente mista", composta da parlamentari e non parlamentari, pur con la riserva sollevata dal costituzionalista Onida che ha messo in guardia da "l’innescare un processo Costituente" che potrebbe travolgere la carta costituzionale.
La maggioranza del Gruppo si è orientata verso quella "Convenzione" nazionale che andrebbe formalizzata tramite una legge costituzionale ma che a differenza di una Assemblea Costituente non avrebbe il potere di deliberare al posto del Parlamento (potrebbe solo proporre il testo sul quale sarebbero le Camere a deliberare). Il metodo resta insomma quello tracciato da Napolitano, dar vita a un organismo di indirizzo separato dai partiti, espressione di essi e che non può sostituirli, ma che nello stesso tempo è capace di spronare le Camere, caricandole di responsabilità sull’avvio e poi sulla realizzazione del processo di riforma. Tanto è vero che, per il calcio di inizio, i saggi ributtano la palla in Parlamento; dovranno essere Camera e Senato, con una mozione o un ordine del giorno, a indicare i punti oggetto di riforma sui quali la Convenzione inizierà a lavorare.
Il metodo individuato vuole da un lato garantire i diritti dei cittadini e la partecipazione democratica, tramite l’utilizzo di un referendum di indirizzo sulla mozione approvate (ma in questo caso è il democratico Violante a opporre una riserva) e in ogni caso di un referendum confermativo, e dall’altro accelerare i tempi di manovra, per cui il testo di riforma sarebbe votato dal Parlamento senza emendamenti (l’eliminazione dei maxi emendamenti è un’altra delle idee suggerite dai saggi per sveltire il processo legislativo). Votate le riforme, la Convenzione si scioglierebbe.
Se proviamo per un attimo a calare il metodo dei saggi nella contingenza del momento politico, il fallimento dell’approccio bersaniano con M5S lascia aperto al premier preincaricato solo il "binario" della corresponsabilità con il Pdl, dunque la strada, stretta, della Convenzione. A questo punto sta al Pd avanzare "l’ordine del giorno" che, se approvato dal centrodestra, rimetterebbe in azione il meccanismo oliato da Napolitano. Il "metodo" dei saggi che il Presidente ha detto di voler lasciare "come testimone" al suo successore. Ma prima della Convenzione restano aperte due questioni di enorme importanza. L’elezione del nuovo inquilino del Quirinale e la formazione di un esecutivo che non chiuda nel cassetto le relazioni dei saggi.