I Savoia sul piede di guerra La Lega: “Rispediamoli via”

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I Savoia sul piede di guerra La Lega: “Rispediamoli via”

21 Novembre 2007

Dai Savoia arrivano pretese «stravaganti e assurde» e per questa ragione Piergiorgio Stiffoni, senatore della Lega Nord, chiede che vengano reimbarcati sul Baionetta e rispediti all’estero.

Il Baionetta su cui il senatore propine di reimbarcare i Savoia in realtà non esiste più. Si tratta della corvetta allestita in tutta fretta, all’alba del 9 settembre 1943, sulla quale si imbarcarono il re, il capo del governo e i capi di Stato maggiore delle forze armate. L’imbarco avvenne nel porto di Ortona a mare da cui raggiunsero Brindisi.

Emanuele Filiberto di Savoia in una lettera scrive: «Non voglio fare moralismi ma credo che non ci sia fatto più grave in un paese democratico di privare il cittadino dei suoi diritti civili e della libertà, questo è accaduto alla mia famiglia e questo, purtroppo, spesso accade ingiustamente a molti italiani. La sofferenza patita per una vita intera ha un prezzo? Non per me, ma chi ha sbagliato è giusto che paghi».

E ancora: «Dopo una lunga e sofferta riflessione mio padre ed io abbiamo deciso di procedere mettendo in mora lo Stato Italiano per i danni patiti a causa dell’esilio per un importo di circa 260 milioni di euro. Abbiamo anche voluto evidenzare che lo Stato ha avocato a sè tutti i beni privati di Casa Savoia: beni che provenivano dal patrimonio personale che nulla aveva a che fare con la dotazione del Capo di Stato».

«Questa causa – sottolinea Emanuele Filiberto – verrà dibattuta nelle sedi di giustizia e sarà la giustizia a decidere se la ragione è dalla nostra parte. La Convenzione sui Diritti dell’Uomo lo ha già sancito: molti sono gli esempi di Stati che hanno dovuto versare indennizzi a famiglie reali ingiustamente private dei diritti civili. Vorrei, cari lettori, spiegare che ben prima dell’iniziativa legale avevo dato mandato ai miei legali Avvocati Murgia e Calvetti di costituire la Fondazione Savoia a cui sarebbe andata la cifra ottenuta dalla causa contro lo Stato. Questa cifra dovrà essere utilizzata per azioni concrete a sostegno delle fasce deboli della popolazione italiana con particolare attenzione agli anziani, alle famiglie prive di reddito o con redditi inferiori alla soglia di sussistenza e a giovani a cui fornire gli strumenti per costruire un proprio futuro».

Riferendosi alla stampa, il principe di Casa Savoia sottolinea: «Si è cercato di stravolgere con ironia il senso stesso dei fatti cercando di dipingerci come degli individui bramosi di denaro che in barba alle tasche degli italiani vogliono ottenere indennizzi milionari. Vorrei esprimere la verità sull’argomento e soprattutto i sentimenti che mi hanno spinto in una scelta quanto mai difficile: fare causa al mio Paese».

La lettera di Emanuele Filiberto parte da lontano e ripercorre un pezzo di storia. «Tutto inizia nel Giugno del 1946», scrive, quando «all’indomani del Referendum Istituzionale» quando «mia nonna e mio padre prima e mio nonno Re Umberto II poi, partirono per un esilio ‘temporaneò che durò di fatto tutta la vita per mio nonno, cinquantasei anni per mio padre e trent’anni per me, che in esilio sono nato. Quel mese di giugno fu per la nostra famiglia un momento drammatico ed indimenticabile; partimmo lasciando tutto nel nostro Paese, quello stesso Paese che divenne Patria Unita grazie alla mia famiglia, lo stesso Paese che ci ha condannati ad un’esistenza di cittadini diseguali, privati, da una Costituzione iniqua, di ogni diritto civile (cittadinanza, diritti elettorali, diritti alla proprietà, diritti alla libertà di espressione e di circolazione nella propria nazione)».

E ancora: «In un mondo in cui i diritti dell’Uomo sono garantiti da un’apposita normativa internazionale l’Italia ha emanato una Costituzione contraria a queste leggi che ha modificato, sospendendo parzialmente gli effetti dei commi in contrasto, solo cinquantasei anni dopo la sua entrata in vigore», prosegue Savoia, che poi, riferendosi a suo padre Vittorio Emanuele, aggiunge: «lontano dalle persone care, dagli affetti, dalla sua Patria, per tutta la vita ha vissuto come un uomo incompleto, e per tutta la vita ha lavorato sodo per mantenere la sua famiglia privata di ogni proprietà e di ogni diritto. Nonostante questo ha cercato di essere utile all’Italia sostenendone l’imprenditoria a livello internazionale».

Fin qui il padre. Poi il nonno: «Mio nonno, Re Umberto II, fu un uomo dalla dignità insuperabile con un profondo amore per gli italiani – prosegue Emanuele Filiberto – fu un esempio per tutti. Ha lasciato l’Italia per evitare una guerra civile, nonostante i brogli elettorali; ha sofferto in Portogallo con il solo sogno di poter un giorno rivedere la sua Patria, purtroppo non gli è stato consentito neppure morire in Italia e ancora oggi riposa in terra straniera. Nonostante questo ha donato al popolo italiano l’ultima sezione del Corpus Nummorum Italicorum: la più vasta collezione di monete antiche d’Italia dal valore inestimabile”.

E poi, lui, Emanuele Filiberto: “E’ vero, ho vissuto una bella infanzia con una famiglia unita ed amorevole, non mi è mancato materialmente nulla ma certamente mi è mancata la mia Patria che vedevo dalle cartoline che i tanti italiani mi spedivano. Tutta questa sofferenza è stata provocata da una norma non solo ingiusta ma contraria a leggi internazionali chiare e limpide».