I silenzi di Fini nascondono l’imbarazzo di un leader costretto a sopravvivere

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I silenzi di Fini nascondono l’imbarazzo di un leader costretto a sopravvivere

10 Gennaio 2011

Ci si chiede da più parti che cosa ne sia di Fini, al netto delle vacanze natalizie. Se lo chiedono giornali e televisioni, politici ed analisti. Dopo il fallimento della spallata del 14 dicembre scorso, il leader di Futuro e libertà non si è più fatto sentire. L’inquietudine serpeggia anche tra i suoi più stretti collaboratori; sul territorio, poi, è tutto un mormorio. La posizione di Fini è oggettivamente difficile. Avendo puntato esclusivamente sulla eliminazione politica di Berlusconi e non essendosi precostituito un piano alternativo di sopravvivenza, si avvede del vuoto che ha davanti a sé.

Un vuoto che cercherà, con l’abilità che gli è propria, di riempire intervenendo a manifestazioni pubbliche che non mancheranno di riaccendere i riflettori su Fli. Si parla, infatti, di quattro appuntamenti tematici che dovrebbero precedere il congresso di fondazione, previsto per la metà di febbraio a Milano. Nel frattempo, pur in assenza di una strategia ben definita, i finiani sfrutteranno sicuramente l’occasione offerta dal dibattito sul federalismo che approda nell’apposita Commissione, per guadagnarsi un po’ di protagonismo. Altri spunti non mancheranno. Ma resterà silente il presidente della Camera sul costituendo (?) Terzo polo poiché gli interrogativi e le perplessità dei suoi e dei possibili alleati sull’intera operazione sono più delle certezze. Nessuno in quest’area, improvvisata ed abborracciata, è convinto dell’ammucchiata che si profila. Sarà necessaria, soprattutto a Fini e Rutelli, se le elezioni dovessero avvicinarsi. Ma Casini che cosa ci guadagnerebbe? La diffidenza di una parte del suo elettorato, la sconfessione delle gerarchie ecclesiastiche, l’abbandono probabile di alcuni suoi parlamentari? Anche tra i finiani di base lo sconcerto è tanto: lo strappo con il Pdl valeva la subalternità ai post-democristiani dell’Udc? E quand’anche si concretizzasse questa coalizione puramente elettorale, chi la guiderebbe, chi sarebbe il candidato premier?

Se Fini non fa sentire la propria voce è perché dovrebbe rispondere a queste domande non potendolo fare in quanto tutto è così nebuloso, incerto, precario, ricco di contraddizioni e di controindicazioni. Il leader di Fli, dunque, non è sparito. Semplicemente sta cercando di dare un profilo al suo partito consapevole che non sarà facile. Tanto sui grandi temi che su quelli di più immediata fruizione da parte del potenziale elettorato a cui dovrebbe rivolgersi.

Prendiamo il testamento biologico che sarà discusso in Parlamento entro gennaio. Le posizioni all’interno di Fli sono molto diversificate. E vale poco dire che si lascia ai deputati e senatori libertà di coscienza. Se così fosse, su tutto la si potrebbe invocare, ma allora non si fa un partito e neppure un club. Non si fa assolutamente nulla. Vi sono valori vincolanti ai quali si aderisce. Il laicismo che caratterizza il gruppo dirigente di Fli esclude compromessi con l’ala più numerosa, ma meno rumorosa, del partito ed è decisa ad andare avanti. Cosa faranno i cattolici (senza aggettivi) che si sono già espressi in maniera inequivocabile secondo la loro fede ed i principi che hanno caratterizzato la loro militanza a destra? Non si tratta, come tutti sanno, di una questione di poco momento. Da essa discendono politiche per la persona, la famiglia e la comunità che hanno un impatto decisivo sulla vita della nazione. Sarà anche ideologico il tutto, ma la politica non può sottrarsi al confronto con i valori che devono ispirarla. Perciò è lecito ritenere che sui temi etici le rotture saranno inevitabili in Fli e tra Fli e l’Udc, ma anche con una parte dei rutelliani e dei lombardiani dell’Mpa.

A proposito di questi ultimi, qualcosa Fini dovrebbe pur dire sulla dilatazione della spesa pubblica della Giunta siciliana che il suo partito appoggia, insieme con il Pd e l’Udc. Si è saputo che i costi della presidenza, compresi quelli di cancelleria, sono diventati stratosferici, senza nessun motivo rispetto al passato: milioni di euro in carta, toner, fax, segnalibri, cartoline, auguri, e via elencando. Non sembra molto coerente con quanto sostenuto al momento del varo del quarto governo Lombardo. Così come è del tutto incoerente l’emissione di un bando per l’assunzione di 2500 persone nella sanità siciliana che dovrebbero diventare entro marzo 4900. Dove sono finiti il rigorismo e la lotta all’assistenzialismo di Fini il quale, vale la pena ricordarlo, come ha già fatto “L’Occidentale”, che il 28 aprile dello scorso anno, in una conferenza alla Luiss, dichiarò “indispensabile un rigido controllo della spesa pubblica” in considerazione dell’alto debito dello Stato che “non consente certo di spendere e spandere”.

Silenzio anche su questo? E silenzio sul presidenzialismo, sulla riforma delle istituzioni, sulla giustizia giusta, sull’identità nazionale (a proposito: tutti condividono in Fli l’accostamento togliattiano proposto – coerentemente con la sua storia e la sua formazione dal capo dello Stato – tra Risorgimento e Resistenza?), sulla cristianofobia (a parte le dichiarazioni di circostanza)? A ben vedere Fli si è imposto il silenzio quasi su tutto, tranne che nell’intervenire nelle polemiche di giornata che durano lo spazio di un mattino (o di un pomeriggio). Perché? Non sta a noi l’ardua risposta. Per fortuna.