I sondaggi condannano il Pdl al 20% perché al Pdl manca una missione
24 Gennaio 2012
Rileggere ciò che si è scritto talvolta è confortante e deprimente allo stesso tempo. Gli articoli del Maldestro sull’Occidentale lo confermano. E confortano la giustezza delle analisi via via elaborate e proposte nell’ultimo anno sui destini del Pdl quando tutti, ma proprio tutti, immaginavano, senza nessuna convincente motivazione, che essi sarebbero stati maglifici e progressivi.
Non si rendevano conto i giullari di un più ampio “cerchio magico”, quasi di fuoco, stretto intorno a Berlusconi, che proprio quando tutto sembrava andare a gonfie vele, l’assenza di una politica realistica rendeva plausibile le preoccupazioni di chi, come il Maldestro appunto, le pubblicava su questo sito e su altri organi di informazione. Ma l’ebbrezza del potere era un forte afrodisiaco per chi responsabilmente avrebbe dovuto misurarsi con la realtà.
Ricorda il Maldestro di quel tempo le numerose pacche sulle spalle, di compatimento credo, da parte di quanti apparentemente davano ragione all’ipercritico ansioso, ma poi, affidandosi immancabilmente allo stellone berlusconiano, ritenevano ingiustificati gli allarmi.
Non abbiamo certo dovuto aspettare i catastrofici sondaggi di questi giorni per convincerci che il Pdl è in caduta libera. Potremmo dire che da tempo era scritto che doveva andare così. Certo, l’altalenante umore del Cavaliere nei confronti del governo Monti non aiuta il suo elettorato a nutrire fiducia. È del tutto evidente che si può appoggiare criticamente ed intelligentemente un esecutivo “strano” (così definito da chi lo guida), ma non credo sia una buona politica tirare la corda al punto da far credere che da un momento all’altro si potrebbe verificare l’incidente che aprirebbe la via al voto anticipato.
Come lo giustificherebbe il centrodestra, dopo aver permesso a Monti l’attuazione dei due terzi del suo programma? E, soprattutto, con quali prospettive si presenterebbe agli elettori? Forse con la speranza di non scendere sotto la soglia del 15 per cento?
Siamo seri. Al Pdl mancano una politica, una strategia, una finalità, una missione. E questa roba non la si raccatta nei congressi o facendo dei tesseramenti-mostre. È merce che si trova negli anfratti dove sono state relegate molte delle menti migliori che potevano attivare una discussione sul “partito nuovo” invece di subire la suggestione del “nuovo partito” (la differenza c’è, eccome…). Oppure la si costruisce interpellando il territorio, mettendosi in connessione con le categorie più dinamiche della società, operando una vera e propria rivoluzione culturale.
Ma vale ancora la pena compilare elenchi del genere?
Il Maldestro – e non solo lui – è stanco. Tuttavia non smette – e si spera che nessuno lo faccia – di ritenere che la lunga traversata nel deserto che si profila porti, alla fine, ad un nuovo inizio. Francamente si era generata l’illusione che il periodo di decantazione nel quale siamo immersi potesse servire a mettere insieme le membra disperse di un movimento frastornato. Non è andata così. E lo constatiamo tutti i giorni. I pietosi i sondaggi danno il Pdl al 20 per cento. Ed il massimo che i suoi dirigenti riescono a fare è inseguire tassisti, farmacisti, notai, autisti di Tir inferociti.
Dall’altra parte, se proprio ci si vuole rincuorare un po’, s’inseguono, con stessa determinazione, sindacalisti infoiati, precari demoralizzati, indignati in servizio permanente effettivo, metalmeccanici rimasti all’età della pietra delle relazioni industriali. Dov’è finita la politica? Da qualche parte si sarà pure nascosta. Temo che riapparirà quanto prima sotto sembianze inedite. Avrà il volto ed i colori di una tecnocrazia populista. Non piacerà a nessuno, tanto a destra quanto a sinistra. Ma se la dovranno tenere. E mica per poco tempo.
Il Maldestro, naturalmente, si augura di sbagliare.