I tagli di Obama alla Difesa sono una minaccia per l’America del futuro

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I tagli di Obama alla Difesa sono una minaccia per l’America del futuro

06 Maggio 2009

Gary J. Schmitt è il direttore dell’American Enterprise Institute’s Program on Advanced Strategic Studies e un esperto nel settore della Difesa. Lo abbiamo intervistato per fare il punto sulle relazioni transatlantiche e la nuova amministrazione Obama. Ci ha spiegato che il presidente sbaglia a tagliare in fondi per la Difesa. La scena politica internazionale infatti non dà segni di minore aggressività.

Con Obama gli Usa finiranno molto probabilmente per investire meno soldi nella Difesa. Lei consiglierebbe una mossa del genere?

No, non credo sia prudente. Il Segretario di Stato Robert Gates ha promosso i tagli al bilancio per concentrare gli sforzi sulle attuali operazioni in Iraq e Afghanistan e non su contingenti possibili e futuri. Solo che esistono una serie di problemi in merito a questo tipo di ragionamento. Per prima cosa, nonostante gli Stati Uniti spendano molto per il loro esercito, hanno responsabilità globali uniche che nessun’altra nazione al mondo sostiene. Per esempio, sono gli Stati Uniti che si occupano di contrastare la Corea del Nord o di mantenere la pace nello stretto di Taiwan. Sono sempre gli Usa a impedire all’Iran di minacciare i suoi vicini in un’area di importanza strategica come il Golfo Persico, e così via. Per questo ci servono forze che siano non soltanto in grado di vincere in Iraq e Afghanistan ma anche di mantenere la pace in altre regioni del globo. Questo richiede il mantenimento di un esercito che non può essere secondo a nessun altro. Inoltre, la gran parte dei mezzi su cui possiamo contare – aerei, navi e veicoli di terra – sono stati costruiti anni fa. Proprio come succede con le automobili, quando si guidano mezzi veloci e per molto tempo, questi tendono a usurarsi. Per fare un esempio specifico, l’aeroplano che permette ai nostri jet di essere riforniti in volo è la versione militare del Boeing 707 – un aereo disegnato negli anni ’50 e che le forze aeree statunitensi hanno comprato tra gli anni ’60 e gli anni ’70.

Quanto stanno investendo gli americani nella Difesa?

In generale, il fatto è che – dalla fine della Guerra Fredda – gli Usa non hanno investito molto in equipaggiamenti. La maggior parte dell’aumento dei costi della difesa statunitense, infatti, è dovuto al pagamento delle guerre in Iraq e Afghanistan e ai costi di personale necessari a mantenere in piedi un esercito fatto di volontari e all’impiego di centinaia di migliaia di riservisti in questi conflitti. Terzo, nonostante l’aumento delle spese per l’esercito di questi anni, la percentuale effettiva del nostro budget nazionale investita per la difesa (includendo perfino i costi della guerra) è soltanto di poco superiore al 4 per cento del nostro Pil, quindi molto al di sotto di quello che storicamente è stato il “fardello” della difesa Statunitense. Infine, la decisione di Obama di tagliare i costi della difesa non è nemmeno intelligente dal punto di vista economico. Il nostro governo ha approvato l’investimento di miliardi di dollari in nuove spese per aiutare la ripresa economica. Molti di questi investimenti, però, non sortiranno i loro effetti se non nel giro di un paio d’anni o anche di più. Al contrario, esistono molti studi che hanno dimostrato il fatto che l’investimento nella difesa invece stimolerebbe l’economia più velocemente, per merito del reperimento di nuovi equipaggiamenti, quest’anno, e il pieno impiego di una forza lavoro altamente specializzata, numerosa quasi quanto quella di un’industria automobilistica.

Lei ha dichiarato che gli Stati Uniti non tengono sufficientemente in considerazione le reali capacità militari dei loro alleati. Perché dovrebbero farlo?

Per fare in modo di lavorare insieme ai nostri alleati in maniera efficace – che poi è quello che la maggior parte degli americani ci richiede di fare – dobbiamo sapere esattamente quello che ognuno di loro può mettere sul tavolo. Il problema è che noi statunitensi sottovalutiamo largamente cosa l’Europa è in grado di fare in questo senso e sappiamo troppo poco riguardo alle sue capacità. L’Europa, invece, considerata nel suo insieme, dispone di un significativo potenziale bellico, anche se nello stesso tempo manca di certe specifiche abilità (per esempio nel settore delle truppe aviotrasportate) il che rende difficile un dispiegamento elementare di quella potenza militare. Prendere nota di ciò che si sta facendo per risolvere questi problemi è essenziale nel caso in cui entrambe le sponde dell’Atlantico vogliano collaborare efficacemente nel futuro. Inoltre, cosa altrettanto importante, mi preoccupo della salute e della fattibilità nel lungo periodo della stessa alleanza transatlantica nel caso in cui i nostri strumenti politici si trovassero a divergere troppo. La verità è che a Washington l’opinione di un alleato è presa molto più seriamente quando ci si accorge che quell’alleato può contribuire concretamente alla soluzione di un problema. Il che resta valido sia che si parli di aiuti sia di peso militare e politico. Se il gap in termini di Hard Power continua a crescere, la nostra volontà di stare a sentire gli europei si assottiglierà sempre di più. Questo resta valido indipendentemente dal controllo Democratico o Repubblicano della Casa Bianca. Non credo che tutto ciò sia auspicabile, né per noi, né per i nostri alleati.

Gli alleati degli americani spendono molto per la Difesa ma il ricavo non sembra mai adeguato all’investimento, come mai?

Qui il discorso cambia a seconda dell’alleato di cui si parla. Generalmente parlando, però, l’Europa può schierare un numero di truppe limitato. Non si è investito abbastanza denaro nel modello “C4I” – Comando, Controllo, Computer e Intelligence. Non c’è stato un investimento sufficiente nelle così dette Precision Guided Weapons che aumentano esponenzialmente le capacità di combattimento individuali (sia che si parli di un aereo, di una nave o di un soldato).

Quali sarebbero i vantaggi di un lavoro in comune?

Credo che sia gli Usa, sia i nostri alleati ne beneficerebbero alla stessa maniera. Il tutto, poi, concorrerebbe quasi certamente a generare discussioni e dibattiti riguardo una questione politica molto importante in chiave di prosperità futura e di pace, almeno quanto una discussione in materia ambientale.

Cosa ne pensa della nuova proposta di Obama di stanziare 534 miliardi di dollari per la Difesa, le sembra ragionevole?   

Per prima cosa c’è da dire che l’amministrazione Obama sta presentando questa proposta come un aumento rispetto a quella di Bush. In realtà, invece, questo non è del tutto vero. La nuova amministrazione, infatti, sta trasferendo soldi da un budget – quello che noi chiamiamo “le integrazioni” per le guerre, al budget primario per la difesa. Se si esamina, quindi, la spesa totale per la difesa si vedrà che questa sarà minore. Quello che conta di più, però, è che – se si guarda a quello che l’amministrazione Obama sta facendo in chiave futura – appare chiaro che le intenzioni sono di tagliare ancora di più. Se questo processo non viene arrestato e invertito, gli Stati Uniti si ritroveranno con un esercito più piccolo e meno potente. Sarebbe anche giusto, se ci aspettassimo un mondo meno violento e più pacifico, ma siamo sicuri di voler correre questo rischio?

Idealmente questo quadro dovrebbe valutare anche “l’innovazione organizzativa e l’efficacia dei servizi armati e dei piani difensivi comunitari degli alleati Usa”. In che condizioni sono gli eserciti europei, ora come ora?

Anche questo parametro, come detto, varia da nazione a nazione. Generalmente parlando, però, la preoccupazione secondo cui gli eserciti europei sono stati lenti a rinnovarsi è stata alimentata dal modo in cui gli Stati uniti hanno gestito la Prima Guerra del Golfo e poi i quella nei Balcani, e si tratta comunque di un problema mai definitivamente affrontato. Questo gap, poi, si è ancora allargato dopo che gli Stati Uniti hanno fatto proprie le nozioni acquisite sul campo in Iraq e Afghanistan. In un certo senso, mentre gli Europei stanno ancora cercando di stare al passo di quella che noi americani chiamiamo “la rivoluzioni negli affari militari” degli anni Novanta, l’esercito statunitense si è già trasformato nuovamente in modo da adattarsi ai conflitti non convenzionali in Iraq e Afghanistan. Certo, il budget conta; ma è anche vero che – come suggerisce la sua domanda – avere le giuste abilità istituzionali e organizzative è allo stesso modo importante. Quelle militari, certe volte, possono essere burocratiche tanto quanto le altre agenzie governative. Una delle storie più vincenti, però, riguarda il modo in cui la difesa Usa, e specialmente l’esercito Usa, si sono adattati ad un nuovo tipo di ambiente di guerra che si è rivelato radicalmente diverso da quello per cui abbiamo iniziato a prepararci soltanto pochi anni fa.