I tanti cantieri aperti rappresentano al meglio l’anima degli aquilani

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I tanti cantieri aperti rappresentano al meglio l’anima degli aquilani

06 Aprile 2011

di F. C.

Togliere le macerie. Una dopo l’altra. E rimettere in piedi la città.

Credo sia questo, al di là di ogni retorica e soprattutto di ogni polemica, il modo migliore per commemorare questo 6 aprile. Perché al secondo anniversario dal terremoto che ha sconvolto l’Aquila – un evento terribile e dirompente – la parola d’ordine può essere una sola: futuro.

Perché nel futuro c’è speranza. C’è orgoglio. C’è voglia di ricominciare.

Nessuno di noi potrà mai dimenticare quel boato, quei terribili minuti e i tanti orologi rimasti puntati alle 3.32. Nessuno potrà dimenticare le 309 vite spezzate, distrutte come i palazzi e gli edifici storici che le hanno seppellite.

Ma sono passati due anni. Troppo tempo per ascoltare ancora chi dice che la sua città non la riconosce più; che tutto sommato nelle case provvisorie non si sta poi così male; che tanto a L’Aquila ci torna poco, perché ha scelto di vivere altrove.

L’Aquila non merita questo. L’Aquila merita azioni concrete, merita scelte coraggiose, merita voglia di fare. E’ vero che la ricostruzione sta procedendo con lentezza. Troppe polemiche, troppi indici puntati contro. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Eppure tante battaglie sono state vinte, tanti risultati sono stati raggiunti, tanti cantieri sono stati avviati. E di ciò va reso il giusto e doveroso merito al presidente della Regione e Commissario straordinario per la Ricostruzione, Gianni Chiodi. A due anni dal terremoto, infatti, possiamo affermarlo con serenità, le istituzioni hanno fatto il possibile. Che cos’è allora che non ha funzionato? Perché L’Aquila continua ad essere una città fantasma?

Il presidente Chiodi ha provato a spiegarlo, più e più volte. L’Aquila non è morta, assicura, è solo ferita ed ha bisogno di ritrovare il suo slancio vitale. E il problema non sono nemmeno le risorse: ci sono e verranno erogati ai Comuni non appena ci saranno le rendicontazioni. Questo è il punto. Il Governo ha fatto tutto quello che poteva.

Ma ora il compito deve passare di mano. Perché i mattoni può impilarli chiunque. Ma l’anima ad una città possono darla soltanto i cittadini. E se è comprensibile il desiderio degli aquilani di ricostruire il loro passato e quindi la loro identità attraverso i luoghi che li rappresentano bisogna comprendere che ciò non può ostacolare ritardare il processo di ricostruzione.

Se si ha il coraggio dell’obiettività, infatti, si deve ammettere che il problema vero della ricostruzione è legato al centro storico. Emozioni, ricordi, paure: un carico emotivo comprensibile che però rischia di incidere pesantemente sulla capacità di progettare dei soggetti a cui spetta questo compito: i sindaci. Ben più difficile della ricostruzione materiale della città, infatti, è la sua ricostruzione sociale e spirituale. Ma evocare scenari cupi e negativi è il modo più sbagliato per affrontare questo secondo anniversario.

Un evento imprevedibile, catastrofico ha privato migliaia di cittadini dei propri affetti, del proprio passato, dei propri ricordi.

Ma ora gli aquilani siano protagonisti del proprio futuro. La città è piena di uomini e di donne che con idee, coraggio e ottimismo ricostruiranno non solo L’Aquila, ma la propria vita.