I teorici della “cospirazione ebraica” risorgono negli Stati Uniti
21 Ottobre 2007
I dibattiti che riguardano il Medio Oriente – cosa fare con l’Iraq, il
problema del nucleare in Iran, il conflitto israelo-palestinese, la minaccia
continua dell’estremismo e del terrorismo – sono troppo importanti per essere
soggetti ad attacchi semplicisti, o per essere risolti ricorrendo ad un capro
espiatorio.
Sfortunatamente, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un numero
imprecisato di attacchi simili: più specificamente, si tratta dell’esposizione
di teorie cospiratorie che avrebbero come obiettivo la lobby israeliana e la
comunità ebrea americana. Tutto ebbe inizio nel 2003, quando il Deputato Jim
Moran (Virginia) addossò la responsabilità del conflitto in Iraq ai
neoconservatori di origine ebraica. A lui seguì l’articolo di due eminenti
professori che appartenevano ad atenei prestigiosi, John Mearsheimer dell’Università
di Chicago e Stephen Walt di Harvard, i quali sostenevano come lo smisurato
potere della lobby pro-Israele stava conducendo la politica americana contro
gli stessi interessi degli Stati Uniti. Poi l’ex Presidente Jimmy Carter nel
suo libro Palestine:Peace or Apartheid, ed ancora una volta Mearsheimer e Walt nel loro libro The
Israel Policy and U.S. Foreign Policy – tratto dall’articolo scritto in
precedenza -, andarono a rafforzare la volontà di individuare un capro
espiatorio in Israele, la lobby israeliana e gli ebrei americani.
Quanto affermato sinora in quanto nozione di “cospirazione ebraica” è
problematico – in primo luogo, perché distorce la verità. Secondo le
dichiarazioni di Edward S. Walker Jr., un tempo ambasciatore in Egitto e in
Israele, e Dennis Ross, ex inviato speciale per il processo di pace in Medio
Oriente – dunque individui che per lungo tempo hanno partecipato alle fasi
cruciali delle politiche mediorientali – le accuse del controllo della politica
da parte degli ebrei o dei filoisraeliani non hanno nessun fondamento reale.
Qualsiasi dibattito autorevole ed informato sui processi decisionali della
politica mediorientale mostrerà tutta una serie di fattori, interni ed esterni,
che influenzano le circostanze.
Non importa quanto si tenti di imbellire le accuse: il faro puntato sugli
ebrei americani ha il colore di una classica istigazione alla cospirazione, ed
illumina faziosamente il potere degli ebrei, la loro slealtà, ed il loro agire
cabalistico. Incolpare della guerra in Iraq la comunità ebraica – comunità che
peraltro annovera numerosi esponenti dimostratisi apertamente critici verso la
guerra stessa – significa dare agli ebrei neoconservatori più potere di coloro
che realmente decidono la politica estera statunitense: George W. Bush, Donald
Rumsfeld, Colin Powell, Dick Cheney, Condoleezza Rice – nessuno dei quali è
ebreo. È una bugia antisemita.
Si sostiene che in America la lobby israeliana soffochi il dibattito sul
Medio Oriente, e che ai palestinesi manchi la possibilità di esprimere il
proprio pensiero. Tuttavia basta accendere il televisore ogni giorno, leggere
un quotidiano, collegarsi ai siti internet ed ai vari blog, o visitare i campus
universitari, per constatare la pluralità dei punti di vista – molti dei quali
sono critici verso Israele.
Considerare gli ebrei come capro espiatorio è un comportamento che ha
radici profonde, e spiacevoli. Viene alla luce periodicamente, quando l’aria si
colma di ansietà – così come accadde con l’11 settembre 2001. Appare come un
tentativo di intimidazione verso i sostenitori di Israele, affinché abbandonino
i propri sforzi. È anche una manovra pericolosa, in quanto rischia di
distogliere attenzione dalle decisioni politiche realmente difficili che il
nostro paese deve affrontare.
Per questo motivo ho scritto il libro The Deadliest Lies: The Israel Lobby and the Myth of Jewish
Control. Spero che i lettori comprenderanno non solo quanto le
teorie cospiratorie siano dannose per gli ebrei americani, ma anche come esse
potrebbero portare gli Stati Uniti nel futuro a seguire vie decisamente
irrazionali.
Il mio libro si basa sulla nozione che l’America fondamentalmente appoggia
Israele non in virtù di una qualche lobby, ma perché si identifica nello Stato
di Israele e nei suoi valori, perché vede in Israele il desiderio di pace, e
perché Israele rappresenta un valido alleato per gli Stati Uniti in una zona
altamente instabile. La maggior parte degli americani non è interessata ad
addossare colpe ad una comunità con la quale condivide così tanti obiettivi e
valori.
Il fenomeno Mearsheimer-Walt-Carter si inserisce in una fase storica nella
quale le teorie sulle cospirazioni degli ebrei stanno tornando alla ribalta.
Secondo recenti sondaggi Gallup, milioni di persone credono che gli ebrei o
Israele, e non Osama Bin Laden, siano responsabili per gli attacchi alle Torri
Gemelle. La negazione dell’Olocausto comune a molte parti del mondo arabo e
mussulmano diviene con crescente frequenza parte di articoli di giornale e
dichiarazioni politiche. Le più note sono quelle del Presidente iraniano Mahmoud
Ahmadinejad, il quale non solo ha dubitato della realtà storica dell’Olocausto,
ma ha persino organizzato una conferenza di negazionisti che si sono recati a
Teheran per fornire ulteriore legittimazione a questa insidiosa bugia.
Immagini tratte direttamente dai Protocolli degli Anziani di Sion, l’infame
falsificazione antisemita, vengono diffuse in televisione e nelle vignette dei
quotidiani in vari Stati arabi. Persino nell’Europa occidentale, un’alta
percentuale della popolazione crede che gi ebrei siano più leali verso Israele
che verso il paese nel quale vivono e del quale hanno preso la cittadinanza.
Credono anche che gli ebrei abbiano un’influenza esagerata nel mondo della
politica e degli affari.
Per questo motivo è stato importante per me rettificare le inesattezze, le
storture e le osservazioni inadeguate che trattano del processo politico decisionale
in Medio Oriente. Le idee secondo le quali gli ebrei controllano il Congresso
ed il Presidente, e si occupano solo del loro interesse privato – vale a dire
Israele – piuttosto che di cosa è meglio per l’America, sono estremamente
dannose per il popolo ebraico, e lo sono state per generazioni. È molto grave
quando tali opinioni si diffondono in altri paesi. Ma quando radicano nel cuore
dell’establishment americano, devono
essere prese tremendamente sul serio.
Abraham
H. Foxman è direttore nazionale della Lega Antidiffamazione americana.
Traduzione di Alia K. Nardini