I termovalizzatori sono l’unico rimedio all’emergenza rifiuti

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I termovalizzatori sono l’unico rimedio all’emergenza rifiuti

I termovalizzatori sono l’unico rimedio all’emergenza rifiuti

10 Gennaio 2008

Negli ultimi giorni non si fa
altro che parlare dell’emergenza rifiuti a Napoli e in provincia, perché
proprio in questi ultimi tempi la situazione si è aggravata ulteriormente. E
mentre il governo spera di risolvere in poco tempo un problema che va avanti da
più di dieci anni, le soluzioni proposte finora non sembrano accontentare
nessuno. Ma come è iniziata questa emergenza?

Forse non tutti sanno che
l’emergenza dei rifiuti a Napoli non è affatto recente, ma dura dal 1994,
quando venne nominato il primo Commissario Governativo per risolvere il
problema dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Da allora è
stato un susseguirsi di emergenze e di rattoppi messi per controllare temporaneamente
il problema, senza mai riuscire a trovare una soluzione definitiva che potesse
in qualche modo risolvere una volta per tutte questo problema. Nel corso degli
anni sono state molte le crisi registrate. Ed ogni volta sono state trovate
soluzioni blande come la riapertura di discariche, già precedentemente chiuse
per eccesso di rifiuti (come succede a Pianura in questi giorni). Nel 2001, ad
esempio, in seguito ad una profonda crisi vennero riaperte le discariche di
Serre e Castelvolturno e vennero inviati i rifiuti verso altre regioni.

Ma veniamo ad oggi. Il 2007 si
è chiuso con un netto peggioramento della situazione. Cumuli di immondizia
hanno cominciato ad invadere le vie, le strade e le piazze di Napoli. E la
vicenda non è certo migliorata con l’inizio del 2008. Le cronache di questi
giorni, infatti, sono state letteralmente riempite dalle storie che ci arrivano
da Napoli: le proteste dei cittadini stanchi dell’emergenza continua, i roghi
della spazzatura, che non fanno altro che peggiorare la situazione (è stato
dimostrato come un semplice cassonetto dato alle fiamme emetta una quantità di
diossina molto più grande di quella che emessa da un termovalorizzatore), le
proteste dei cittadini napoletani e di quelli che vivono nelle vicinanze della discarica
di Pianura, la cui manifestazione, anche a causa di sovversivi infiltrati, è
degenerata in una notte di vera e propria guerriglia urbana.

L’8 gennaio 2008 il governo
Prodi si è riunito per trovare una soluzione di emergenza. Eccola riassunta in punti:

– 120 giorni per risolvere la situazione: alla Campania
è stato dato questo tempo per rimuovere l’immondizia e creare nuovi punti
di raccolta e smaltimento;

– l’esercito rimarrà a Napoli per dare una mano a portar
via i rifiuti;

– nomina di un nuovo team che si occuperà
dell’emergenza: l’ex Capo della  Polizia De Gennaro sarà il nuovo Super
Commissario;

– il Super Commissario resterà in carica per 120 giorni,
dopodiché tutte le decisioni verranno prese dalle singole amministrazioni
locali;

– alle altre regioni di Italia verrà richiesto aiuto per
risolvere questa emergenza: alcune regioni hanno già detto che non ne
vogliono sapere nulla dei rifiuti campani, mentre altre ancora come il
Piemonte e la Lombardia
aspettano di conoscere le condizioni;

– in Campania verranno
realizzate nuove strutture per lo smaltimento dei rifiuti: la raccolta
differenziata dovrà essere una realtà presente e attiva e si dovranno
costruire almeno tre termovalorizzatori.

E proprio quest’ultimo punto
solleva molte discussioni: in 13 anni non si sono trovati compromessi per
realizzare impianti per lo smaltimento dei rifiuti, adesso De Gennaro farà il miracolo in soli 120 giorni?

Viene poi puntato il dito sulla
bassa percentuale di raccolta differenziata, non considerando che in realtà a
Napoli e provincia la percentuale è ben più alta di quella di altre zone non “a
rischio” come la città di Roma. Il problema è che la raccolta differenziata che
viene fatta dai cittadini non ha alcun senso visto che poi finisce in maniera
indifferenziata nelle discariche (ma questo naturalmente i cittadini lo
ignorano). Più che prendersela con il basso senso civico o impegno dei
napoletani, andrebbe indagata meglio la realtà delle cose.

Su quale tecnologia puntare? Il
processo della gassificazione dei rifiuti si sta proponendo come la soluzione
al problema rifiuti o comunque come una valida alternativa agli inceneritori e
ai termovalorizzatori. La gassificazione è un trattamento termico dei rifiuti che implica la trasformazione della
materia organica tramite riscaldamento a temperature variabili (a seconda del
processo da 400 a
1200 °C),
rispettivamente in condizioni di assenza di ossigeno o in presenza di
una limitata quantità di questo elemento. Gli impianti che sfruttano tali
tecnologie in pratica, piuttosto che fondarsi sulla combustione, attuano la
dissociazione molecolare ottenendo in tal modo molecole in forma gassosa più
piccole rispetto alla originarie (syngas) e scorie solide o liquide.

Per giustificare la costruzione
di un gassificatore vengono spese molte parole da parte dei proponenti, di
alcuni politici e di qualche associazione. Analizzando bene la situazione si
comprende, però, come tale tecnologia non sia ancora affidabile ma soprattutto
come non dia maggiori garanzie in termini di impatto ambientale e produzione
energetica rispetto ad un inceneritore o termovalorizzatore.

L’unica tecnologia ad oggi
disponibile che ha dimostrato sul campo di essere la soluzione migliore per
risolvere il problema dei rifiuti è la termovalorizzazione. Ma che cos’è un
termovalorizzatore? Un termovalorizzatore è uno speciale inceneritore di
rifiuti. La differenza rispetto ai “vecchi” inceneritori consiste nel fatto che
i termovalorizzatori producono anche energia, mentre gli inceneritori si
limitavano alla termodistruzione dei rifiuti. Il termovalorizzatore rappresenta
la “ricetta” per porre fine a questa indecorosa “emergenza italiana” sia dal
punto di vista dell’ambiente e della salute, sia da quello economico, a patto
che siano rispettate le regole della corretta gestione, selezionando prima quel
che può essere recuperato (raccolta differenziata), depurando la parte che non
può essere utilizzata (componente organica), monitorando i sistemi di
filtraggio, controllando i livelli di emissione delle sostanze tossiche
(diossina, ecc.). Queste valutazioni sono espresse all’unanimità da tutti i
tecnici che trattano la materia dei rifiuti urbani: i termovalorizzatori vanno
costruiti, ma necessitano di controlli severi da parte delle autorità locali e
comitati cittadini perché svolgano la loro attività in modo corretto. Insomma
non c’é una terza via o perlomeno c’é nei peggiori casi ed è rappresentata
dalle discariche, spesso abusive, che certamente non sono un esempio di qualità
ambientale. Avere un termovalorizzatore nel proprio territorio é come avere una
centrale elettrica di dimensioni medio-piccole, diciamo da un centinaio di
megawatt. Il termovalorizzatore é dotato di un “forno” in cui il
combustibile derivato dai rifiuti selezionati, il cosiddetto Cdr (cioé quella
parte “secca” dei rifiuti che può essere interamente distrutta) viene
bruciata a temperature di circa 950 gradi. A questi livelli termici é scongiurata
la produzione di diossine e di altri composti tossici. Il calore della
combustione é utilizzato per produrre vapore e attivare una turbina elettrica
(che trasforma l’energia termica in energia elettrica). I fumi e le polveri
passano attraverso sistemi di abbattimento (filtri) prima di essere liberati
nell’atmosfera. Insomma chi dovesse passare accanto ad un termovalorizzatore,
dotato di tutti i requisiti prestabiliti per legge, assorbirebbe meno
inquinanti di un malcapitato pedone che fa una passeggiata in via del Corso a
Roma o in piazza del Duomo a Milano.

Il “problema napoletano”
verrebbe, così, rapidamente risolto. Rimarrebbero escluse però le cosiddette ecoballe,
che di ecologico hanno ben poco. Le eco balle, infatti, sono un combustibile
derivato da una appropriata selezione dei rifiuti solidi urbani atta a renderli
adatti a processi di incenerimento. Il processo di produzione delle ecoballe
dovrebbe prevedere sempre una selezione del rifiuto solido urbano e la
conseguente eliminazione da questo dei matalli, del vetro e della frazione
organica umida ed il successivo imballaggio attraverso l’utilizzo di una
pellicola di materiale plastico. Nella realtà napoletana, purtroppo, non vi
sono certezze circa la reale composizione delle ecoballe e anzi sembra certo
che siano semplici involucri di rifiuti indifferenziati. Sarà quindi
impossibile trattarle in un impianto di incenerimento o termovalorizzazione.
L’unica soluzione sarebbe quella di ricomporle per differenziarle ed avviarle
per quanto possibile al riciclo.