I turchi dettano legge in Germania

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I turchi dettano legge in Germania

I turchi dettano legge in Germania

31 Marzo 2008

Wolfgang Schäuble, il Ministro degli Interni tedesco, aveva voluto
nell’autunno 2006 la prima Conferenza sull’Islam con l’intento di “migliorare
la collaborazione tra i musulmani e le autorità federali di sicurezza”. La
terza edizione, svoltasi nei giorni scorsi, di fatto, non è andata oltre una
comune dichiarazione sull’inserimento dell’insegnamento della religione
islamica nelle scuole. Un fallimento, questo è il giudizio diffuso sulla stampa
tedesca, soprattutto per Schäuble, accusato di gestire simili situazioni con un
passivo atteggiamento di difesa.

Di fatto ne sono usciti vincitori i funzionari invitati a rappresentare
le numerose associazioni islamiche presenti in Germania, in realtà inviati,
controllati o finanziati dal governo turco. Su tutti spiccava Bekir Alboga,
funzionario della Ditib (Unione
Turco-Islamica per la
Promozione della Religione), una realtà legata direttamente
al governo di Ankara. Non è un segreto per nessuno che l’obiettivo di Alboga è
il mantenimento e la crescita della società parallela islamica sul territorio
tedesco.

La Conferenza non ha risposto alle questioni
fondamentali: i musulmani che vivono in Germania sono disposti a sottoporsi
all’ordinamento giuridico-costituzionale tedesco? La comunità turca, in
particolare, è pronta a rinnegare il divieto di assimilazione lanciato dal
presidente Erdogan qualche settimana fa in occasione della sua visita a
Colonia?

E’ giudizio
diffuso che l’unica voce levatasi con coraggio a smascherare il falso dialogo
tra le parti sia stata quella di Necla Kelek, invitata anch’essa alla
Conferenza (la sociologa ha dato il proprio contribuito
alla stesura di un test per la naturalizzazione degli immigrati nel Land del Baden-Württemberg).

La Kelek, turca classe 1957, emigrata in Germania nel 1968, è
da alcuni anni al centro del dibattito pubblico tedesco intorno ai temi
dell’integrazione. Da tempo la sociologa non esita a dichiarare il proprio
amore per la
Repubblica Federale e a lanciare pesanti accuse verso i
turchi per la fallita integrazione («vivono in Germania secondo le regole del
loro villaggio anatolico»). Da quel momento le critiche contro la Kelek si sono
inasprite,  fino alla pubblicazione su
«Die Zeit» di un appello contro la sociologa e le sue colleghe d’origine turca (Seyran
Ateş, Sonja Fatma Bläser, Serap Çileli), firmato da sessanta studiosi dell’immigrazione, strenui
difensori, nonostante i palesi fallimenti, del cosiddetto “ progetto
multiculti”. Inoltre, insieme allo scrittore Ralph Giordano, la Kelek ha espresso di recente
una ferma opposizione al progetto di costruzione della grande moschea di
Colonia, il cui progetto, non a caso, è sostenuto dall’Unione
Turco-Islamica per la
Promozione della Religione. Insomma, una turco-tedesca
con gli attributi.

La posizione della Kelek è
quella di una “musulmana secolare”, come lei stessa si definisce. “Ho
l’impressione”, ha sostenuto la sociologa, “che i funzionari delle Associazioni
islamiche concepiscano questa Conferenza come un luogo dove poter trattare un
accordo sulla vita indisturbata dei musulmani e sul loro riconoscimento
statale. Ma per fortuna questa Conferenza non è un bazar dove mettere in
discussione la Repubblica Federale
e il suo sistema di valori”. Ancor più chiari i nove punti portati dalla Kelek
come contributo alla discussione, dai quali spicca in sostanza la richiesta che
venga aperto un vero dibattito all’interno della comunità islamica turca in
Germania, attraverso l’apertura di un forum di discussione pubblica in
internet, la traduzione in turco dei documenti prodotti dalla Conferenza,
l’avvio di una campagna per i diritti delle donne musulmane e per liberare i
bambini dall’educazione imposta nelle scuole coraniche, infine la necessità che
i musulmani tedeschi promuovano la propria indipendenza economica ed organizzativa
dalla Turchia. I punti sollecitati dalla Kelek sono rimasti inascoltati e non
hanno prodotto alcun effetto sull’esito della Conferenza, da qui l’ennesimo
grido di denuncia lanciato dalla sociologa dalle colonne della FAZ: “Loro
vogliono un’altra Germania”.

Wolfgang Schäuble, il Ministro degli Interni tedesco, aveva voluto
nell’autunno 2006 la prima Conferenza sull’Islam con l’intento di “migliorare
la collaborazione tra i musulmani e le autorità federali di sicurezza”. La
terza edizione, svoltasi nei giorni scorsi, di fatto è stata un fallimento.