I veri costi del Piano Fenice

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I veri costi del Piano Fenice

07 Novembre 2008

 

L’offerta della Compagnia Aerea Italiana è arrivata al Commissario straordinario di Alitalia Augusto Fantozzi nonostante le resistenze corporative di alcune frange sindacali.

Gli asset aziendali della vecchia compagnia di bandiera sono stati valutati un miliardo di euro e nonostante questo, la vicenda non può considerarsi chiusa. L’offerta degli imprenditori italiani infatti ha diverse condizioni sospensive, tra le quali il fatto che il prestito ponte sia rimborsato dalla Bad Company e non da CAI, nel caso venga considerato aiuto di Stato dalla Commissione Europea. Un’altra condizione sospensiva riguarda il non intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; Cai pretende che anche in seguito alla creazione di un oligopolista nazionale non debba intervenire, pena il ritiro dell’offerta.

Proprio questa posizione di oligopolio sul mercato domestico da parte del nuovo vettore italiano, che ricomprende Alitalia ed Airone, pone dei seri dubbi in merito all’effettiva concorrenza del mercato stesso. Altri dubbi riguardano la mancata liberalizzazione delle rotte intercontinentali.

In prima analisi è interessante valutare il business di Cai secondo il “piano Fenice”; il vettore avrà il 42 per cento dei propri ricavi dal segmento domestico e solamente il 23 per cento dalle tratte intercontinentali. La vecchia Alitalia aveva una struttura diversa rispetto a questo nuovo operatore; infatti solamente il 28 per cento dei ricavi derivava dal mercato domestico e il 30 per cento da quello intercontinentale.

Questa tendenza di focalizzarsi sul mercato interno, cioè i voli nazionali, non è riscontrabile in nessuna delle altre compagnie europee che sono tutte profittevoli. Da un’analisi del business di Air France – KLM e di Lufthansa si delinea una situazione molto differente; questi due grandi gruppi, che avranno un fatturato cinque volte superiori rispetto a CAI nel 2009, ricavano più del 50 per cento dal mercato intercontinentale.

Questo è dovuto ad un particolarità del mercato del trasporto aereo: esso infatti conosce una grande concorrenza nel mercato europeo, grazie alla liberalizzazione degli anni novanta attuata tramite tre pacchetti normativi dalla Commissione Europea, ma non è ancora liberalizzato nelle rotte intercontinentali (ad eccezione del mercato tra Stati Uniti ed Europa). È la ragione per la quale i grandi vettori europei si sono focalizzati su un business meno concorrenziale, poiché è proprio quel mercato che permette loro di avere margini superiori. Nel mercato europeo l’entrata dei vettori low cost ha aumentato la concorrenza ed ha messo in difficoltà tutti i grandi operatori europei.

La stessa situazione è riscontrabile per Iberia, il vettore di bandiera spagnolo, che sempre più mira a conquistare il mercato intercontinentale.

Partendo da questo presupposto è alquanto strano che Cai vada in direzione opposta rispetto ai propri concorrenti internazionali a meno che non esistano posizioni di rendita dentro il mercato domestico italiano.

La posizione dominate di Cai è evidente su molte tratte nazionali, tra le quali la Milano Linate – Roma Fiumicino, e la possibilità di non intervenire da parte dell’antitrust lascia presagire una diminuzione della concorrenza e un aumento delle tariffe sul mercato interno.

Lo stesso “Piano Fenice” ammette un aumento del RASK, cioè i ricavi per posto chilometro offerto del 32 per cento rispetto alla vecchia Alitalia e del 36 per cento rispetto alla compagnia spagnola Iberia. Tale aumento non sarebbe possibile in un ambito concorrenziale e di fatto tale posizione dominante farà si che la nuova compagnia di bandiera avrà ricavi superiori di 2,1 miliardi nei prossimi 5 anni rispetto ad Alitalia.

Questi non sono i soli costi che i viaggiatori dovranno accollarsi nel prossimo quinquennio; la mancata liberalizzazione delle rotte intercontinentali farà si che i ricavi unitari per posto chilometro offerto di Cai potranno essere superiori del 18 per cento rispetto ad Alitalia. Nel corso di 5 anni i ricavi che la compagnia guidata da Rocco Sabelli potrà avere maggiori in questo segmento sono stimabili all’incirca in 900 milioni di euro.

Il piano Fenice inoltre prevede una riduzione dell’offerta di Cai dei voli intercontinentali nel 2009 rispetto ad Alitalia nel 2007 del 26 per cento.

La mancata liberalizzazione dunque ha un effetto di non secondaria importanza; il commissariamento di Alitalia oggi e un piano industriale debole di Cai per il 2009 non permette agli aeroporti in sofferenza, tra i quali Milano Malpensa, di trovare sul mercato nuove compagnie aeree che possano assicurare lo sviluppo aeroportuale ed economico territoriale.

Nel complesso il “piano Fenice” costerà 3 miliardi di euro ai viaggiatori italiani nei prossimi 5 anni e questo provocherà delle conseguenze negative per tutto il sistema del trasporto aereo italiano.

È necessario dunque riaprire alla concorrenza nel mercato domestico e liberalizzare i voli intercontinentali affinché il trasporto aereo possa continuare a crescere così come è successo negli ultimi 10 anni grazie alla liberalizzazione europea.