I “veri” mercenari di Gheddafi
30 Marzo 2011
Fin dall’inizio dei disordini in Libia bande di ribelli, approfittando del caos, hanno aggredito cittadini di altre nazionalità africane, soprattutto eritrei, etiopi, somali e sudanesi, accusandoli di essere mercenari al soldo di Gheddafi. Ma quei poveracci non c’entravano nulla, i veri mercenari sono altri e non sono passati inosservati agli occhi degli insorti, che già nei primi giorni dell’insurrezione ne avevano catturati alcuni dopo avere assaltato la città di Zawia, sulla costa a ovest della capitale. Appartenevano a vari paesi arabi ed europei, Italia compresa, a quanto si dice.
I mercenari, secondo il Consiglio nazionale libico, sono arrivati in Tripolitania su strada dopo essere giunti nel Fezzan a bordo di aerei provenienti da Ciad e Sudan. Mohammed Abu El Gasin, un profugo dal Darfur e rappresentante in Italia del Movimento di liberazione sudanese, ha recentemente dichiarato in Senato che i mercenari pagati da Gheddafi "sono gli stessi che hanno bombardato i nostri villaggi e ucciso le nostre famiglie nel Darfur e ora stanno facendo le stesse cose in Libia aiutando Gheddafi nei massacri della popolazione civile".
I primi ad arrivare in Libia, attratti da stipendi di decine di migliaia di dollari, sarebbero stati mercenari serbi che lavoravano in paesi africani vicini come istruttori delle locali forze armate o come guardie del corpo di svariati dittatori. Nel loro curriculum vantano un passato da ex militari, ex poliziotti ed ex membri dei Berretti rossi, il corpo speciale creato da Slobodan Milosevic. Costoro catturano civili, stuprano donne, compiono mutilazioni sui prigionieri e sui feriti, sparano sulla folla, ammazzano a sangue freddo, trasportano i cadaveri delle persone ammazzate da loro stessi presso gli obiettivi bombardati dalla Coalizione per "dimostrare" le atrocità compiute dagli Anglo-franco-americani. Hanno mitragliato senza pietà le folle che manifestavano pacificamente, hanno gettato granate nel mucchio, hanno posizionato cecchini sui tetti dei palazzi per colpire i dimostranti, hanno lanciato razzi anticarro dagli elicotteri sulla gente. Sono professionisti della morte che non hanno scrupoli e ammazzano.
È verosimile che quando il loro principale datore di lavoro sarà in pericolo i mercenari, che non sono spinti da altri ideali se non il denaro, lo abbandoneranno. Disporre di milizie mercenarie molto efficienti potrebbe sembrare un punto di forza per il regime, ma in realtà è un punto di debolezza, perché si ricorre ai mercenari stranieri quando non ci si fida più dei soldati propri, che potrebbero defezionare se ricevessero l’ordine di colpire i propri connazionali, amici e parenti. E la comunità internazionale? In teoria condanna l’impiego di mercenari, come sta scritto nella risoluzione 1973, ma in realtà con la sua colpevole ottusità finisce per favorirli. L’embargo navale contro i mercenari non serve a nulla perché questi non arrivano via mare ma per via terrestre. E la No-fly-zone, essendo attiva solo a nord del 27° parallelo e trascurando tutto il sud della Libia, lascia spalancati gli afflussi da cinque paesi: Algeria, Niger, Ciad, Sudan ed Egitto. Questo permette ai mercenari di affluire comodamente per via aerea, soprattutto da Sudan e Ciad. Come mai? Dimenticanza, superficialità, cialtroneria? O addirittura connivenza, per lasciare a Gheddafi una via di fuga? In ogni caso la comunità internazionale non ci fa una bella figura.
(tratto da Il Tempo)