I vorrei ma non posso del governo su Ong e immigrazione

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I vorrei ma non posso del governo su Ong e immigrazione

18 Maggio 2017

La denuncia fatta dal pm Zuccaro sui presunti legami tra le Ong e gli scafisti nella tratta degli immigrati sembra svegliare dal letargo la maggioranza di governo, con esponenti di spicco del Pd che propongono di affiancare le navi delle Ong con battelli leggeri della polizia giudiziaria e con quelli della Guardia Costiera per controllare le operazioni di salvataggio che avvengono in mare aperto.

E’ una proposta ragionevole, ma in materia sarebbe ancora meglio prestare ascolto ai suggerimenti del pm siciliano, sempre Zuccaro, che ha chiesto la presenza della polizia direttamente sulle navi delle Ong – intervento che costerebbe molto meno che impegnare nelle operazioni battelli e altri mezzi delle nostre forze di sicurezza. “Le Ong dicono di voler aiutare l’Italia nell’opera di salvataggio e di voler collaborare con la Guardia Costiera,” dice un particolarmente duro Latorre, senatore Pd e presidente della commissione Difesa, in una intervista apparsa ieri sul Messaggero. “Se non lo vogliono più fare, la stessa guardia costiera potrebbe anche dargli indicazione di portare i migranti salvati nel porto più vicino alla loro sede, chissà Rotterdam ad esempio”.

Ohibò, stiamo parlando per caso dei tanto vituperati “respingimenti”? E visto che il Pd è al governo, la Guardia Costiera può o non può portare i migranti a Rotterdam? Siamo solo nel regno delle possibilità? A questo aggiungiamo che si pensa di chiudere i corridoi umanitari aperti da alcuni enti e organizzazioni italiane, corridoi che, bypassando il sistema dell’accoglienza, hanno portato direttamente profughi e migranti nel nostro Paese.

Queste proposte e discussioni sul fenomeno della immigrazione illegale di solito si concludono con un monito affinché l’Italia ritrovi il suo ruolo e la sua missione nel Mediterraneo, punto di equilibrio tra Stati Uniti e Russia. Sembra un po’ una bella favola: il governo italiano che si dà una regolata e comincia a gestire i flussi migratori con delle politiche, non solo inseguendo la logica della accoglienza a tutti i costi. Accoglienza che può servire a una fase di emergenza, ma se poi l’emergenza diventa quotidiana siamo alle solite: l’accoglienza, di per sé, non è una politica sulla immigrazione.

Una bella favola: l’Italia che torna protagonista nel grande gioco mediterraneo, anche se fino adesso è andata al traino delle fallite primavere arabe obamiane, con Gentiloni ministro degli esteri di Renzi e poi presidente del Consiglio impegnatissimo a legittimare il governo Sarraj in Libia, anche se nel nuovo libro dei sogni sempre in Libia adesso siamo pronti a scendere a patti e cambiare cavallo se il fantino predestinato si rivelerà il generalissimo Haftar, gradito all’Egitto, a Washington e a Mosca.

Nel libro dei vorrei ma non posso di questo governo che sogna l’Italia protagonista nel Mediterraneo, infine, si può leggere anche del nostro nuovo ambasciatore al Cairo, dopo che Roma l’ha ritirato in segno di protesta per il caso Regeni. Ebbene, si aspetta ancora che al Cairo si insedi il successore della feluca volata via quando minacciavamo sanzioni contro Al Sisi. Abbiamo l’ambizione di tornare ad avere un ruolo strategico nel Mediterraneo, ma per il momento l’Egitto al Cairo se vuole dialogare con noi non sa a chi rivolgersi. Non dovevamo essere il punto di equilibrio tra Mosca e Washington?