Il 2011 delle Coree inizia con il dialogo ma quanto durerà?

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Il 2011 delle Coree inizia con il dialogo ma quanto durerà?

07 Gennaio 2011

Molti si saranno chiesti come mai una penisola “piccola” come la Corea (piccola se paragonata a vicini “grandi” come Cina, Giappone e Russia) sia sempre più presente anche nelle pagine dei nostri quotidiani, e come mai sia spesso associata ad una retorica bellicista alquanto roboante e violenta.

Le motivazioni delle tensioni nella penisola sono molto vecchie, e rappresentano una eredità della guerra fredda, che “tagliò” in due il paese dopo il conflitto 1950-1953. Si formarono così due stati (il nord filocomunista ed il sud alleato degli Usa) che formalmente sono ancora in guerra, in quanto – dal 1953! – non è mai stato concluso un formale trattato di pace (ma solo un armistizio). Da queste premesse è facile comprendere come i rapporti fra i due stati della penisola siano tesi. Negli ultimi anni, poi, la crescita della Corea del Sud e l’impoverimento del nord ha provocato un forte squilibrio nella penisola, una delle aree più militarizzate del globo.

Mentre il Sud si apriva al mercato internazionale, il Nord, fedele alla dottrina comunista, si chiudeva sempre più in una autocratica “monarchia comunista” basata sull’assoluta predominanza della classe  militare, mentre il potere politico passava da Kim il Sung al figlio Kim Jong Il, per poi transitare – proprio in questi mesi – al giovane Kim Jong Un.

Nel corso di questa recente transizione politica si sono verificati degli incidenti militari che hanno portato nella penisola un clima che non si respirava dagli anni ’50. La Corea del Nord a marzo 2010 ha affondato una nave militare di Seul, per poi bombardare, pochi mesi fa, una piccola isoletta del Sud, causando pure quattro vittime (di cui due militari). A questo atto di Pyongyang sono seguite diverse esercitazioni militari che il Sud ha compiuto con gli Stati Uniti, molto criticate dal governo del Nord. Infine qualche giorno fa il governo di Pyongyang si è detto pronto a combattere una “guerra sacra” contro il Sud.

Non servono ulteriori commenti: la situazione è molto delicata e potrebbe degenerare con conseguenze catastrofiche. Più i due stati mostrano i muscoli e più la retorica si “scalda”, più si corre il rischio che qualcuno possa agire, scatenando il conflitto. Il governo del Sud ha recentemente sostituito il ministro della Difesa, e ha dichiarato che “reagirà” più fortemente ad una nuova iniziativa bellica del Nord, mentre quest’ultimo non fa che rinfacciare a Seul l’intenzione di scatenare la guerra.

La partita coreana interessa poi diverse nazioni vicine, a partire dalla Cina, tradizionale alleata del Nord; vi sono poi la Russia (che confina per un piccolo tratto con la Corea del Nord), il Giappone e gli Stati Uniti, tradizionali alleati del Sud. Tutte queste nazioni – seppure con “sfumature” diverse – stanno cercando di aprire dei canali di dialogo per evitare che la situazione degeneri: non va dimenticato che il Nord ha armi nucleari e sistemi missilistici capaci di colpire agevolmente i vicini. La gran parte dei territori prossimi alle Coree presentano aree urbane molto vaste e molto popolate, facilmente raggiungibili dai missili di Pyongyang.

La diplomazia è al lavoro per cercare di risolvere una crisi che riguarda tutta la regione, anche se la soluzione non sembra facile; è certo che l’escalation dei toni e la retorica militarista non aiutano di certo a far diminuire la tensione. Le speranze sono che si possano ripristinare il prima possibile i “Six party talks”, ovvero i “colloqui a sei” fra le Coree, Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia, interrotti l’anno scorso e non ancora riattivati; le paure sono che si scateni un conflitto che sarebbe devastante per tutta l’area. Al momento prevale la retorica, ed è da augurarsi che il confronto resti solo sul piano verbale, mentre le diplomazie sono al lavoro per trovare una soluzione che riesca a sistemare, magari definitivamente, una delle ferite ancora aperte della guerra fredda.