Il “bail-in” resta incostituzionale

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Il “bail-in” resta incostituzionale

Il “bail-in” resta incostituzionale

19 Luglio 2016

La Corte europea di Giustizia dà ragione alla Commissione europea sulla legittimità del bail-in. «La comunicazione della Commissione sugli aiuti al settore bancario – riassume in un comunicato la Corte – è valida. In particolare, non viola il diritto dell’Unione la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell’autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a favore di una banca sottocapitalizzata». 

La sentenza, resa pubblica oggi, riguarda il salvataggio, nel 2013, di cinque banche slovene da parte dello Stato, con il contributo degli investitori, come previsto, appunto, dalle regole comunitarie. Essa risponde alla richiesta di intervento da parte della Corte costituzionale slovena la quale si era rivolta alla magistratura comunitaria chiedendo di pronunciarsi sulla validità e sull’interpretazione delle disposizioni della comunicazione della Commissione riguardante il settore bancario. 

Il massimo organo di magistratura comunitaria, ritenendo le norme comunitarie in linea con i Trattati europei, nel suo pronunciamento, fa notare – oseremo dire “ovviamente” senza per questo essere irrispettosi – che le linee-guida, quando impongono perdite agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati, in occasione di possibili salvataggi pubblici di una istituzione di credito, non vincolano direttamente il paese membro, ma solo la Commissione europea. 

Facendo poi riferimento a situazioni di circostanze eccezionali, nella sentenza si afferma che “l’adozione di una comunicazione, come quella sul settore bancario, non dispensa la Commissione dall’obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno Stato membro invoca, ma, al contrario, gli stati membri conservano la facoltà di notificare alla Commissione progetti di aiuto di Stato che non soddisfano i criteri previsti da detta comunicazione e la Commissione può autorizzare progetti siffatti in circostanze eccezionali”. 

Quindi, sempre secondo la sentenza, “ne consegue che la comunicazione sul settore bancario non è idonea a creare obblighi autonomi in capo agli stati membri e non ha pertanto effetti vincolanti nei loro confronti”. Dunque, né la comunicazione della Commissione che nel frattempo è diventata Direttiva, né, di conseguenza la sentenza, hanno, né potrebbero avere, effetti diretti e vincolanti nei confronti degli ordinamenti dei singoli stati.

Possiamo, per questo, continuare, legittimamente, a ritenere che la disciplina sul bail-in sia incostituzionale in quanto in palese contrasto con l’articolo 47 della Carta costituzionale italiana che è tutt’ora vigente: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.” Al contrario, il sistema del bail-in, prevede che i risparmiatori debbano rispondere, nelle situazioni di dissesto della banca, proprio con i propri risparmi. Il risparmio, funzionale allo sviluppo del ciclo economico, e non semplice accumulo di ricchezza, ne esce non solo privo di tutela ma fortemente scoraggiato. 

Ma i profili di incostituzionali sono anche altri. La disciplina del bail-in interviene direttamente nei rapporti fra privati prevedendo modifiche in corsa delle condizioni contrattuali ed economiche alle quali sono stati sottoscritti i prodotti di investimento e di risparmio. Anche in questo caso risalta l’incompatibilità con il principio costituzionale che riconosce e protegge la libertà di iniziativa economica privata. E ancora la Costituzione prevede la possibilità di esproprio della proprietà privata ma solo per ragioni di interesse generale e a fronte di un indennizzo. Il sostanziale esproprio dei depositi dei correntisti, effetto del bail-in, avverrebbe senza alcuna forma di indennizzo e senza alcuna motivazione di carattere generale.

Pur ossequiosi della sentenza della Corte europea di Giustizia, restiamo, dunque, convinti della sostanziale incompatibilità costituzionale delle norme sul bail-in e nel contempo registriamo come sempre più fragile sia il rapporto tra Stato e fonti del diritto. Questo elemento di ulteriore crisi delle istituzioni, molto discusso in letteratura, è, invece, del tutto e colpevolmente assente dal dibattito politico-istituzionale. 

La crisi del sistema delle fonti e della sua gerarchia sta concretizzando un progressivo e preoccupante indebolimento dell’intero sistema giuridico generato, da un lato, dai mutevoli rapporti di forza nella politica e, dall’altro, da relazioni di mercato fra soggetti economici complesse ed articolate in un mondo sempre più globalizzato ma sempre più incerto. Di tutto ciò non ci resta che prendere atto o esistono ancora margini di intervento?

* L’autore è Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari