“Il bipartitismo è fallito, salviamo almeno il bipolarismo”
01 Settembre 2010
di B. Fiammeri
"La semplificazione del sistema lanciata nel 2oo8, con l’avvento del bipartitismo, è purtroppo fallita ma almeno salviamo il bipolarismo". È quasi rassegnato Gaetano Quagliariello. Alle fibrillazioni interne al Pdl, allo scisma finiano si aggiunge ora anche la rinascita del tifo per la riforma elettorale, che – per il vicecapogruppo vicario al Senato del Pdl da sempre convinto sostenitore del bipolarismo – nasconde in realtà "un tentativo di restaurazione". È scettico Quagliariello. Anche l’ipotesi di un riavvicinamento con Fini, di un suo ritorno nel Pdl lo ritiene scarsamente probabile: "Sarebbe meglio riconoscere che ormai ci sono due destre, che portano avanti principi diversi su temi importanti come l`immigrazione, la giustizia, la bioetica".
Senatore ci risiamo, il tormentone della legge elettorale si riaffaccia. Che dice il Pdl?
"Che certo non è la priorità. Anche perché si torna ad attribuire al sistema di voto un significato palingenetico che non ha e non può avere. E poi questi appelli per l’uninominale francamente mi lasciano parecchio scettico".
Eppure uninominale e bipolarismo sembrano un’unione perfetta?
"Crede? io invece non escludo affatto che i sostenitori del proporzionale alla tedesca, come D’Alema, e chi ha issato la bandiera per un ritorno ai collegi uninominali alla fine arriveranno a una scelta comune".
Tutto pur di far fuori il Cavaliere?
"Diciamo che mi sembra che entrambe le posizioni tendano a un ritorno all’antico. L’attuale legge elettorale ha certamente un pregio: ha garantito il bipolarismo, dando la possibilità a entrambi gli schieramenti di avere la maggioranza".
Anche grazie al voto di veline, portaborse, segretari/e promossi parlamentari…
"Questo non c’entra niente con la legge elettorale. Semmai lo si deve addebitare al costume politico e ai mutamenti genetici dei partiti, i quali certamente non si risolvono reintroducendo l’uninominale. E lo confermano i fatti: c’erano anche allora deputati del Nord candidati in Sicilia e siciliani in Lombardia. Difficile sostenere che con l`uninominale si garantisce la vicinanza al collegio".
Insomma, decidevano sempre le segreterie di partito?
"Ma certo. Se vogliamo davvero consentire all’elettore di valutare, tanto in entrata che in uscita, il parlamentare che elegge, bisogna ridurre le circoscrizioni elettorali. Quanto ai partiti troviamo delle regole pubbliche per garantire una maggiore trasparenza e selezione della classe dirigente".
Lei sostiene che la legge elettorale in vigore, il cosiddetto porcellum, funziona: eppure la maggioranza traballa, siamo ormai vicini alla scissione…
"La nascita del Pdl, così come quella del Pd, puntavano a una semplificazione del sistema che inevitabilmente ha provocato molte resistenze".
E’ fallito il bipartitismo lanciato da Veltroni e Berlusconi?
"È evidente che in parte è così. Adesso però si vuole puntare anche ad abbattere il bipolarismo".
Si parla infatti di terzo polo.
"Ecco perché sostengo che, al di là delle prese di posizione del momento, apparentemente inconciliabili, i fan dell’uninominale potrebbero poi trovarsi d’accordo con quelli della proporzionale per tornare ai tempi della prima repubblica, quando prima si votava e poi si decideva con chi fare il governo".
Senatore crede possibile una soluzione pacifica tra Fini e Berlusconi?
"Può esserci se avviene nella chiarezza. Le cose appiccicaticce non funzionario. Questo significa o che c’è un accordo diretto tra i due protagonisti oppure si arriva al riconoscimento dell’esistenza di due destre. Del resto – è inutile negarlo – è già così. Ci sono divergenze sui principi evidenti: sull’immigrazione, come sulla bioetica o sulla giustizia".
Ma se come lei sostiene “è già così”: perché non si riconosce formalmente che la maggioranza non è più di due ma di tre partiti?
"Sì, forse sarebbe più opportuno accettare la separazione. Forse a questo punto sarebbe meglio per tutti".
Tratto da Il Sole 24 Ore.