
“Il bivio è tra semipresidenzialismo o parlamentarismo. Prima la forma di governo, poi la riforma elettorale”

30 Aprile 2013
Gaetano Quagliariello è stato lo sherpa del Pdl al tavolo trasversale per le riforme nell’ultima fase della scorsa legislatura ed è poi entrato nella commissione di «saggi» voluta da Napolitano. Adesso, da neo-ministro delle Riforme Istituzionali si prepara al varo della Convenzione con l’ambizioso compito di ridisegnare l’architettura costituzionale italiana.
Ministro, il premier nel suo Intervento ha delineato alcuni tra i compiti di questo organismo – legge elettorale, fine dei bicameralismo perfetto – ponendosi nel solco del lavoro del saggi. È un’impresa realizzabile?
«Il testo uscito dalla commissione per le riforme politico-istituzionali non è il Vangelo. Ma è un buon testo, frutto di uno sforzo vero e di un lavoro sedimentato con Violante e Zanda. Ed è il punto più avanzato di un testo condiviso sulla giustizia. Sarà la mia bussola».
Letta ha detto che tra 18 mesi farà una verifica e «se tutto si impantana ne trarrà le conseguenze». Qual è la sua agenda e quali le priorità?
«Il mio compito è trarre da quel testo uno scadenziario discutendo con gli altri ministri. In programma ci sono molte riforme. Per alcune basta la legge ordinaria, altre richiedono il procedimento di legge costituzionale. La più importante, quella che orienterà anche la legge elettorale, riguarda la forma di governo. Due le possibilità: il semipresidenzialismo alla francese o il modello Westminster, cioè il premierato forte. Sono entrambe legittime dal punto di vista democratico. La Convenzione ne sceglierà una e poi si voterà a maggioranza».
Lei quale opzione preferisce?
«Sono apertissimo. Vede, c’è stata un’evoluzione della Costituzione materiale verso il premierato forte, con l’indicazione del premier sulla scheda e due coalizioni forti. Poi questo processo si è interrotto. I partiti egemoni sono scesi sotto il 30%, le coalizioni sono aumentate, la situazione si è frammentata. L’ultima fase somiglia al presidenzialismo alla francese. Con il presidente della Repubblica che per rispondere a delle condizioni oggettive di emergenza ha un ruolo di indirizzo politico oltre che di rappresentanza nazionale».
È un mutamento irreversibile, secondo lei?
«Io credo che dovremmo trarne degli insegnamenti. Non si può pensare che il solo cambio di legge elettorale basti ad affermare una forma di governo. E stato il grande errore della nostra stagione di riforme, infatti fallita. La legge elettorale non ha le spalle cosi larghe. Riflettiamo anche sull’evoluzione della democrazia rappresentativa ai tempi della Rete e dei social network che riducono i tempi di sedimentazione delle decisioni. Bisogna chiedersi se a questo punto è meglio un sistema parlamentare o semipresidenziale».
Quando partirà la Convenzione?
«Entro maggio vorrei tenere il dibattito di indirizzo sui temi e farlo finire con le mozioni di istituzione della Convenzione. In modo da iniziare subito a lavorare. Poi, mentre si va avanti, il Parlamento approvi la legge costituzionale che ne ratificherà le conclusioni. I 18 mesi sono calcolati per la discussione e quattro letture di leggi costituzionali».
Ha in mente iI primo provvedimento? Sembra dl capire che non sarà la legge elettorale.
«No, non vorrei partire da lì. La legge elettorale è collegata alla forma di governo: col presidenzialismo si va verso il doppio turno, con il premierato verso un proporzionale corretto con sbarramento alto e premio di maggioranza contenuto. Ma sottoscrivo da subito l’impegno che non si tornerà al voto con la legge attuale (il Porcellum, ndr). Ho in mente il tema da cui partire ma voglio parlarne in consiglio dei ministri».
Chi farà parte della Convenzione? Letta ha aperto a esterni al Parlamento.
«Ci saranno tutte le forze politiche in modo proporzionale. Nella quota extraparlamentare costituzionalisti, amministrativisti ed esperti, anche ex parlamentari. Sarà un’assemblea rappresentativa ma non troppo ampia».
Un centinaio dl componenti?
«Meno. Come auspicio direi 75, come le sottocommissioni della Costituente».
Berlusconi vorrebbe esserne il presidente. Le sembra una soluzione possibile?
«Il presidente sarà votato. Io rispondo come Toqueville: un membro dell’esecutivo non si deve mai immischiare in problematiche del potere legislativo».
(Tratto da l’Unità)