Il blitz di Renzi e lo sprint del Governo

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Il blitz di Renzi e lo sprint del Governo

14 Dicembre 2013

di Ronin

C’è tra i giornali italiani chi lusinga tanto Renzi da paragonarlo nientepopodimenoche al "giovane Principe" del Machiavelli, pronto a rottamare il mondo anche se non si sa bene con quali magnifiche sorti e progressive. Certo dalla sua Renzi ha la "fortuna", la ruota che ultimamente sembra girare dalla parte giusta, così, dopo la vittoria alle primarie, il neosegretario ha deciso di intestarsi subito la battaglia delle riforme, in primis quella della legge elettorale. Renzi vuol dimostrare ai democrats tutti ma pure al popolo bue grillico e forcone che sarà lui il domatore dell’odiato Porcellum.

Neanche fosse Dominic Toretto, Matteo ha spinto sull’acceleratore spiegando alla Stampa che "non mi lascerò rallentare, ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo". Non contento, ha forzato le procedure temporali per appuntarsi la prima medaglietta: il voto di Pd, M5S e Sel in Commissione Affari costituzionali del Senato che trasferisce la discussione sulla legge elettorale a Montecitorio, sapendo che lì il Pd può contare su più grandi numeri. Ma a parte che la conseguenza è stata uno sterile braccio di ferro tra Camera e Senato (la disfida è finita pari e patta, con le riforme istituzionali a Palazzo Madama e la legge elettorale a Montecitorio), un ping pong che a naso non interessa granché agli italiani, a parte questo, sulla sua strada Matteo ha trovato i 30 di Ncd (e non solo loro), che non saranno i 300 delle Termopili ma più di qualche grana gliela possono sempre procurare.

Ieri il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello, a quanto pare per nulla intimorito dalla sgommata piddina in commissione al Senato, ha voluto ricordare che va bene la disfida tra le Camere se tanto appassiona i renziani, ma sta di fatto che il giovane Principe è ancora mani e piedi in una "strana maggioranza" e dunque, fino a quando continueremo a definirla tale, essa prevede che si cerchi, e si trovi, un accordo tra le forze che la compongono prima di estendere qualsiasi proposta al più ampio consenso del Parlamento. "Entro 15 giorni la maggioranza che sostiene il Governo deve fare la sua proposta su legge elettorale, bicameralismo, riduzione dei parlamentari," ha detto Quagliariello, "Se questo non accade ne trarremo le conseguenze e diremo ai cittadini di chi è la responsabilità". Più che una minaccia suona come una constatazione. Una richiesta ovvia, l’ha detto anche il premier Letta annunciando "Impegno 2014" al Parlamento ("la maggioranza, innanzitutto"), ma qualcuno non deve averla ancora recepita visto che si continua a usare ogni prestesto pur di arroventare il clima politico.

A gettare acqua sul fuoco ieri ci aveva pensato il ministro Franceschini, ricordando il "principio ribadito dal presidente del Consiglio e dai leader dei partiti che sostengono il governo, a cominciare dal segretario del Pd Matteo Renzi, che sulle regole si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza, per poi doverosamente cercare un accordo più largo in Parlamento". Dichiarazione alla quale ha fatto seguito un più benevolo twitter dello stesso Quagliariello, "l’ovviamente di Dario Franceschini chiude ogni polemica. Ora accordo a partire dalla maggioranza e avanti tutta su riforme e legge elettorale". Last but not least, è notizia di questa mattina che il Consiglio dei Ministri ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Segue raffica di tweet: "Manteniamo la promessa", scrive Letta, "Impegno mantenuto", per Angelino Alfano, mentre Quagliariello aggiunge "Ora avanti con la riduzione del numero dei parlamentari". Insomma, al blitz di Renzi sulla legge elettorale il Governo risponde con uno sprint. Tutto è bene quel che finisce bene? Non proprio.

Abbiamo detto della fortuna del giovane Principe. Ma se Renzi continuerà ad alimentare il clima bellicoso su cui ieri l’altro Letta ha voluto tirare una bella riga (tra responsabili e sfascisti), se invece di pensare alla maggioranza Renzi continuerà a civettare con i teorici di Forconolandia, ebbene, il segretario dimostrerà di non possedere affatto l’altro pregio che Niccolò attribuiva ai leader: "l’accortezza sostenuta dalla fortuna".