Il Burundi preferisce bendarsi gli occhi di fronte all’ecatombe dell’Aids
11 Giugno 2011
Moltissime donne come Asha, proveniente da Bujumbura (capitale del Burundi), vorrebbero proteggersi dal dal virus Hiv e da altre malattie sessualmente trasmissibili, considerando il fatto che sono succubi del ‘regime’ della poligamia. Vorrebbero, appunto, ma non possono. Il divieto esce dalle bocche dei predicatori delle loro moschee locali che diffondono il verbo secondo cui il preservativo promuove l’adulterio e che l’unico modo per prevenire l’Aids è la pratica dell’astinenza.
“Nella nostra comunità non possiamo usare il preservativo come metodo di prevenzione dell’Aids; nelle nostre moschee si predica solo l’astinenza”, conferma la giovane Asha. “Noi musulmani siamo tanto esposti alla pandemia soprattutto perché crediamo nella poligamia”.
Gli studiosi alla sua moschea, nel quartiere a maggioranza musulmana di Buyenzi, sono desiderosi di partecipare alla lotta contro l’Hiv/Aids, di contribuire alle cure per le persone sieropositive e gli orfani nelle loro comunità, incoraggiando anche a fare il test prima del matrimonio. Un tipo di prevenzione che per Asha serve a poco perché, come lei stessa testimonia: “Posso fare dei test Hiv, ma il problema è che non è possibile sapere se l’altra moglie di mio marito lo ha fatto o intende farlo e io, dal canto mio, non ho il diritto di imporglielo. E poi, come si fa a proteggersi dall’Hiv quando si è vincolati della religione?”
Alcuni studi regionali indicano che le donne nelle relazioni poligame sono a più esposte all’Hiv, mentre altri sostengono che le relazioni poligame “chiuse”, quindi all’interno di un gruppo ristretto di persone, possono effettivamente contrastare l’insorgere del virus letale. Se i responsabili politici sono coralmente d’accordo su una cosa: lo strumento essenziale per prevenire l’Hiv dovrebbe essere il preservativo, in contrasto con questa teoria, gli studiosi islamici insistono nel dire che il Condom deve essere evitato a tutti i costi. “Incoraggiare i preservativi nei circoli islamici significa incoraggiare le persone alla dissolutezza sessuale”, ha detto il segretario generale della comunità islamica del Burundi, El Hadj Nkunduwiga Haruna. “Chiediamo alle persone di essere fedeli e di non promiscui sessualmente come mezzo per combattere l’Aids”.
Ad incidere sulla diffusione del virus c’è senz’altro il fattore povertà. Secondo Jolie, un non-cristiano praticante, la povertà è il fattore predominante nella scelta del partner e non se ne tiene conto di altri quali, ad esempio, il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili e il credo religioso. “Con questa povertà dilagante in Burundi, se la donna ha la possibilità di sposare un uomo ricco che guarda caso è un musulmano, non può rifiutare… la preoccupazione per l’Aids viene dopo”. E ha aggiunto: “E’ difficile convincere un uomo che si vuole sposare, soprattutto quando è ricco, a fare test Hiv”.
Gli studiosi musulmani non sono gli unici a opporsi con fermezza all’uso del preservativo. Padre Emmanuel Gihutu, un professore di filosofia in un seminario a Gitega, a est della capitale, ha dichiarato: “È impensabile insegnare ad adottare la pratica del preservativo nelle scuole e perfino tra i bambini piccoli, piuttosto che educarli ad aspettare prima di cedere alle tentazioni sessuali”. E ha specificato: “Siamo molto preoccupati per la pandemia di Aids, ma non possiamo incentivare i cristiani a darsi alla dissolutezza. Non è la nostra missione. Credete che in veste di personalità spirituali, saremmo in grado di insegnare queste cose?”
I membri della Chiesa Avventista del Settimo Giorno sono dello stesso avviso. “I preservativi sono il modo satanico per far credere sgli ingenui che l’Aids possa essere combattuto con dei ‘cappucci’”, ha detto un membro della chiesa protestante Sindaye Cassien. Tuttavia, secondo INERELA+, una rete di leader religiosi personalmente colpiti da Hiv/Aids o che vivono con persone affette dal virus, i preservativi devono essere parte integrante di qualsiasi strategia realistica in materia di prevenzione.
Dal canto loro, le Ong locali stanno sollecitando i leader religiosi a ripensare la loro posizione sull’uso del Condom. “Gli chiediamo di ‘cambiare lingua’, perché con i loro discorsi impediscono alle persone che ne hanno bisogno di proteggersi con il preservativo”, ha detto Baselissa Ndayisaba, coordinatore della Society for Women Against AIDS in Africa. “Il preservativo è uno strumento per prevenire l’Aids e gli insegnamenti della chiesa non fanno altro che annullare il lavoro che facciamo”.
Insomma, la strada per cercare di contrastare la ‘peste’ del Terzo Millennio è ancora tortuosa e tremendamente in salita in quel pezzo di mondo che sembra tapparsi le orecchie di fronte al richiamo del progresso e della prevenzione e chiudere gli occhi al cospetto dell’ecatombe provocata dal virus.