Il “cambiamento” di Obama è targato Clinton

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Il “cambiamento” di Obama è targato Clinton

03 Novembre 2008

Cassandra Butts potrebbe diventare il capo dello staff alla Casa Bianca, cioè la donna più potente di Washington. Con Obama si sono conosciuti ad Harvard quando studiavano legge e negli ultimi mesi è stata il suo consigliere di politica interna: “Barack non era e non è prevedibile – ha detto – ti dice come la pensa ma non è sempre ciò che ti aspetti”. Dichiarazione poco propizia visto che, negli ultimi giorni, circola anche un altro nome a capo dello staff: Rahm Emanuel, democratico dell’Illinois che si è fatto conoscere per lo stile partigiano e la straordinaria capacità di raccogliere fondi. Emanuel è un “New Democrat” clintoniano moderato e pro-bussiness.

In passato la Butts è stata senior advisor di “Dick” Gephardt, uno dei principali esponenti dell’ala moderata e centrista del partito democratico. Gephardt ha iniziato la sua carriera politica negli anni Settanta con posizioni vicine a quelle dei “conservatori sociali” (contro l’aborto) e dei democratici reaganiani (i tagli alle tasse). In seguito si è convertito alla politica di spesa clintoniana assumendo toni economici più populisti, dall’allargamento della assistenza sanitaria alla tassazione progressiva. Nel 2002 ha votato a favore dell’intervento in Iraq per poi definire la guerra contro Saddam “un errore”.

Gephardt porta in dote a Obama l’appoggio della potente comunità di avvocati americani riuniti sotto la bandiera della “DLA Piper” che riunisce circa 3.500 legali del Nord America e dell’Europa. La DLA rappresenta legalmente più della metà dei “Fortune 500 clients”, la classifica delle più grandi corporation stilata ogni anno dalla rivista Fortune. Gira voce che Gephardt potrebbe diventare il nuovo ministro del lavoro visto che è sempre stato un amico dei colletti blu e dei lavoratori delle classi medie e delle minoranze. Crede in un "liberalismo dal volto umano" e la sua esperienza potrebbe smussare i tratti più socialisti dell’Obamunism.

La Butts si è fatta le ossa guidando la campagna per le primarie di Gephardt nel 2004 anche se Dick fu sconfitto e si ritirò dalla vita politica per tornare negli uffici dorati di Goldman Sachs. Nello staff elettorale di Obama, i due si sono occupati del nuovo piano di assistenza sanitaria, di giustizia, servizi finanziari e information technology. Cassandra è tra i consiglieri della NAACP (“National Association for the Advancement of Colored People”), la storica organizzazione nata nel 1909 che si occupa di diritti civili, assistenza legale e istruzione per gli afroamericani. La NAACP conta 400.000 membri ed è un serbatoio fondamentale del consenso dei neri verso Obama.

L’uomo dei clintoniani nel team di transizione è John Podesta, una delle eminenze grigie della nomenclatura democratica. Podesta è il presidente del “Center of American Progress”, un think tank che offre idee progressiste per “un’America più forte, giusta e libera”. Di recente ha pubblicato un saggio intitolato “Il potere del Progresso. Come i progressisti americani possono salvare (ancora una volta) la nostra economia, il nostro clima, la nostra nazione”, ripercorrendo la storia del movimento democratico da Theodore e Franklin Roosevelt a Martin Luther King.

Secondo Podesta la questione climatica, il piano sanitario e scolastico, il rafforzamento dell’economia e l’espansione della classe media, saranno i pilastri strategici della sicurezza Usa nel XXI secolo. Ciò che distingue il liberalismo dal progressismo è “il fuoco della giustizia sociale”, una visione che nasce dalla “fede” nell’approccio comunitario che si oppone all’individualismo: “Dobbiamo costruire una società in cui la gente senta che le sue opportunità si stanno espandendo”.

Oltre alle belle parole, John e il fratello Anthony pensano ai fatti. Nel 1988 hanno creato il “Podesta Group”, un’agenzia lobbistica con sede a Washington che ha tra i suoi clienti lo Stato del Nuovo Messico, grandi multinazionali della comunicazione e corporation come “the Newspaper Association of America”. I Podesta hanno un piede nella “Grassroots Enterprise”, azienda leader nel marketing elettorale sul web, e controllano una miriade di piccole grandi organizzazioni impegnate nei diritti civili. “People for the American Way” conta circa 300,000 membri ed è un movimento nato per opporsi “all’agenda radicale ed estremista” della Destra religiosa.

John è nel board di “Women’s Voices. Women Vote” un’associazione che ha per obiettivo la mobilitazione delle donne single e divorziate in vista del voto. I salari, la sanità, la sicurezza finanziaria e l’uguaglianza di opportunità nell’istruzione sono i temi su cui le attiviste di WVWV giocano la loro partecipazione democratica ai processi politici in atto. Secondo gli ultimi censimenti, il 55% delle donne che non sono registrate al voto sono single (un bacino elettorale di milioni di voti).

Podesta è anche collegato alla “League of Conservation Voters”, una denominazione ambientalista nata nel 1969 che appoggia i politici disposti ad adottare politiche di questo genere. Il fondatore della LCV fu David Brower, scomparso nel 2000, uno dei mitici druidi dell’ambientalismo americano. Nel ’69 Brower creò “Amici della Terra” che anni fa è stata sbugiardata e accusata di fondamentalismo verde nell’omonimo romanzo di Tom C. Boyle. Le dichiarazioni di Obama sulle fonti di energia pulita e rinnovabile lo rendono il candidato perfetto della LCV ma sono anche un’esca per l’elettorato indipendente del vecchio Nader.

Un passaggio delicato sarà l’approvazione del “Climate Security Act” sul riscaldamento globale e le emissioni inquinanti, una legge voluta dal senatore Lieberman. In questo contesto dovrebbe riposizionarsi anche l’ex vicepresidente Al Gore che mira ad un non meglio identificato posto di “Ambasciatore sul cambiamento climatico”, mentre per il conservatore verde Schwarzenegger ci sarebbe un’offerta come ministro dell’energia.

Altri due think-tank su cui può fare affidamento Obama sono la “Century Foundation” e il superclintoniano “Center for a New American Security” (CNAS). Il primo è un istituto di ricerca nonprofit creato nel 1919 dall’uomo d’affari progressista Edward Filene. Si occupa di governance, democrazia aperta e libero mercato. Nell’agenda della Fondazione ci sono idee e soluzioni per risolvere le “persistenti” ineguaglianze economiche del Paese, per difendere le libertà civili e prevenire e rispondere alle minacce del terrorismo. L’obiettivo è restaurare la credibilità internazionale dell’America, il suo ruolo di leader disposto a cooperare con le altre potenze per rispondere ai pericoli che minacciano la sicurezza e l’economia globale. In due parole: multilateralismo liberal.

Podesta è nel board del CNAS, il pensatoio clintoniano sulla sicurezza nazionale che “promuove e protegge” gli interessi e i valori americani, affidandosi ad esperti, strateghi e diplomatici di carriera. Come l’ex segretario di stato Madaleine Albright oppure il tenente colonnello John Nagel, un ufficiale in pensione dell’esercito che si è occupato a lungo di counterinsurgency. Nagel è un prodotto di West Point, un militare colto e in grado di scrivere manuali ad uso degli ufficiali americani impegnati sul campo in Iraq. Attualmente si occupa dei “MiT Teams” – squadriglie di consiglieri militari americani che affiancano le truppe dell’esercito iracheno.

La Albright, Podesta, Clinton e Obama, sono tutti passati dal Knox College dell’Illinois, antica e autorevole scuola fondata nel 1837 dagli abolizionisti, e frequentata, tra gli altri, dal presidente Lincoln. Gli studenti del Knox sono attratti dalla libertà di ricerca, dal pensiero indipendente, dall’immaginazione e dallo spirito di iniziativa che hanno reso celebre il college in tutto il mondo. Le arti liberali e l’egualitarismo sono il centro dell’educazione allo Knox dove si studiano greco classico e latino.         

L’altro nume tutelare di John Podesta è il senatore Tom Daschle che alcuni vedono come il nuovo “Cheney” di Obama, ovvero il secondo uomo più potente d’America. Daschle si contende con Emanuel e la Butts il posto di capo dello staff alla Casa Bianca. In alternativa potrebbe essere nominato segretario di stato o ministro della sanità. La stampa lo definisce lo “zar” dell’assistenza sanitaria ed è stato tra i manager più ascoltati della campagna elettorale di Obama. Daschle è “senior fellow” dell’American Progress e ha lavorato con Podesta nello staff di Clinton. Viene da una famiglia di origine tedesca immigrata dalla Russia ed è cresciuto nella working class di fede cattolica.

Altri nomi di peso sono David Boren all’istruzione, Chuck Hagel alla Difesa, Larry Summers al Tesoro, Tim Roemer alla Sicurezza Nazionale. David Boren è il preside della facoltà dell’Oklahoma, lo stato di cui è stato governatore dal ’75 al ’79. E’ il discendente di un delle più eminenti famiglie della politica americana, i Boren, parte della galassia demo-conservatrice legata ai dixiecrats degli stati del Sud. David si è lasciato affascinare dall’indipendente Ross Perot e nel 2007 voleva creare un terza forza politica alternativa a rossi e blu (cercò di allearsi con il sindaco di New York Bloomberg). Viene considerato il mentore di molti pezzi da novanta della Cia: stava facendo colazione con George Tenet quando l’ex capo della CIA fu avvertito dell’attacco alle Torri.    

Larry Summers è stato ministro del tesoro nell’era Clinton prima di essere eletto preside di Harvard. Nel 2002, lanciò una campagna nelle università e nei centri di ricerca americani denunciando “l’antisemitismo nei fatti, anche se non negli intenti” di una larga parte del mondo accademico di sinistra. Tim Roemer è stato uno dei primi membri del Congresso a chiedere che venisse istituito un Dipartimento della Sicurezza Nazionale ed è stato nella Commissione incaricata di fare luce sulla storia dell’11/9. Tra i consiglieri alla sicurezza nazionale dovrebbe rientrare anche Susan Rice, esperta di cose onusiane e africane. Dovrà impedire che il continente nero si trasformi nel buen ritiro di Al Qaeda. Peccato che negli anni Novanta fu proprio lei, insieme ad altri consiglieri, a convincere Clinton di bombardare il Sudan per togliere di mezzo Bin Laden. Quando ormai la carovana qaedista aveva lasciato Khartoum.