Il Campidoglio gli sta stretto e Alemanno trova nuovi spazi politici
26 Ottobre 2010
A Roma, ormai, la chiamano ebbrezza Campidoglio. Una sindrome, ancora poco studiata, che colpisce chiunque sieda sulla poltrona di sindaco di Roma. Che sviluppa nella mente del primo cittadino di turno un’incontenibile voglia di leadership nazionale. Negli ultimi anni le “vittime” sono già state due: Francesco Rutelli e Walter Veltroni che hanno lasciato anzitempo il Comune tentando, invano, la scalata a palazzo Chigi. Ora potrebbe arrivarne una terza: Gianni Alemanno. Come è accaduto ai suoi predecessori, l’ebbrezza sta colpendo anche lui. Seppure con alcune differenze.
Sul fatto che il Campidoglio inizi a stargli stretto e che abbia voglia di obiettivi più grandi non ci sono dubbi. Ma Gianni, da buon ingegnere – titolo a cui tiene moltissimo visto che la laurea l’ha conseguita già grandicello e nonostante le “distrazioni” della politica -, è un uomo razionale. Mai e poi mai tenterebbe, come hanno invece fatto Rutelli e Veltroni, un salto nel buio lasciando il certo (leggi il Campidoglio) per l’incerto (leggi un ruolo di vicepremier in caso d’elezioni anticipate a primavera). Sa benissimo, Alemanno, da ex ministro delle Politiche Agricole, che per un buon raccolto occorre una buona semina. E infatti sta seminando.
Chi crede – e nella Capitale sono in molti, specie nel management delle aziende municipalizzate – che Gianni abbia voglia di gettarsi subito nella mischia, magari lasciando anzitempo il Campidoglio, è fuori strada. Alemanno, che è un buon osservatore, sa che per costruire una candidatura forte alla futura leadership del centrodestra occorre tempo. E molto lavoro. Dalla sua ha un fortissimo movimento giovanile.
Tra i militanti – gente cresciuta nelle sezioni del Msi e di An – da sempre è considerato “uno dei capi”. Negli anni ’70-’80, mentre Fini era il leader dell’apparato, sempre in impermeabile, giacca e cravatta, Alemanno era uomo “di strada”, in jeans, moto e giacca di pelle. Assieme ai “ragazzi” di sezione faceva volantinaggi, attaccava i manifesti, faceva la fila in Questura per farsi autorizzare i cortei (singolare nemesi, oggi che da sindaco proprio i cortei, “colpevoli di creare disagi al traffico”, vuole limitare). I “ragazzi”, o ex tali, insomma, sono tutti con lui. Anche quelli che ai tempi del Msi o di An appartenevano a correnti o “gruppi” diversi (nella destra, specie in quella romana, le divisioni erano molte). In termini di voti e di radicamento sul territorio si tratta di un patrimonio niente male. Alemanno lo sa e, per capitalizzarlo, ha pensato d’organizzare un vero e proprio movimento giovanile: “Il Popolo di Roma”.
Un collettore di consensi che pesca a tutto tondo. Dalla rete, dove su Facebook ha raccolto migliaia d’adesioni, alla strada (dove manifesti in vernacolo romanesco, spesso in chiave anti-leghista, invitano ad aderire a manifestazioni e raduni vari), sino allo stadio.
Portavoce del “Popolo”, infatti, è Giuliano Castellino, un passato da militante di destra e, soprattutto, ex leader della tifoseria romanista. Il movimento, che è ben organizzato, ha poi un livello, per così dire, intermedio. Coordinato da Ugo Cassone, 38 anni, consigliere comunale e vicepresidente della Commissione Politiche Sociali del Campidoglio, già militante del Fronte della Gioventù. A lui Alemanno ha affidato il “reclutamento” della fascia “attorno ai 40 anni” nel mondo della buona borghesia (ma non solo) e dei professionisti.
Ma l’universo alemanniano guarda, è inevitabile, anche al mondo “dei grandi”. Dalla poltrona di sindaco, Gianni, sta cercando di tessere e radicare rapporti che, da leader del mondo giovanile, gli mancavano. Con industriali e banchieri, innanzitutto.
In ballo, ad esempio, c’è la partita per la realizzazione delle linee D e B1 (quest’ultima è in parte realizzata ma è da prolungare) del metrò capitolino. Un’opera che lo Stato non ha soldi per finanziare e che il Campidoglio vuole affidare, attraverso un’apposita gara, a imprese private in project financing. La partita è delicata e, non a caso, il sindaco di Roma l’ha affidata ad uno dei suoi uomini di stretta fiducia, l’assessore capitolino alla Mobilità, Sergio Marchi. Così come è un uomo di strettissima osservanza alemanniana l’amministratore delegato di Eur spa – la società che amministra il patrimonio immobiliare dello storico quartiere e dove si stanno costruendo opere importanti come la nuvola di Fuksas ed il nuovo acquario, per non parlare delle strutture legate all’eventuale Gp di Formula 1 – Riccardo Mancini. Un suo uomo di stretta fiducia, Gianni l’ha anche nella giunta regionale: è Pietro Di Paolo, assessore alle Attività Produttive ed alle Politiche dei Rifiuti.
C’è, infine, il livello più alto. Quello che già si proietta su una dimensione nazionale. Il fulcro è la Fondazione Nuova Italia, presieduta dallo stesso Alemanno e guidata dal segretario generale, Franco Panzironi (che è anche Ad dell’Ama, l’azienda capitolina della raccolta rifiuti). E’ proprio attraverso la Fondazione che organizza dibattiti e convegni in tutta Italia, che Gianni sta cercando di radicare consenso anche fuori dal Grande Raccordo Anulare. E’ proprio il radicamento regione-su-regione il punto chiave della Fondazione, che attraverso una serie di circoli sta cercando di coprire tutto il territorio, dal Nord al Sud del Paese, dal Trentino alla Sicilia.
La sua enclave, poi, Alemanno l’ha anche alla Camera. Dove può contare su tre fedelissimi, da sempre: Vincenzo Piso, che è anche coordinatore per il Lazio del Pdl, Francesco Biava e Barbara Saltamartini. Non si tratta di nomi buttati qua e là. Gli alemanniani sono un gruppo compatto. Ogni settimana, attorno al sindaco, i fedelissimi si vedono a cena per coordinare mosse e strategie.
Qualcosa bolle in pentola, è chiaro. Ma per la cottura ci vorrà ancora parecchio tempo.