Il capitalismo ha liberato i minatori cileni

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Il capitalismo ha liberato i minatori cileni

16 Ottobre 2010

Va detto: il salvataggio dei minatori cileni è stata una schiacciante vittoria del capitalismo del libero mercato. Nel bel mezzo della sconfinata gioia umana per la liberazione dei minatori potrebbe sembrare brutale fare un’affermazione del genere. Ma questi sono tempi brutali, e la posta in gioco è alta.

Negli Stati Uniti, con il 9.6 per cento di disoccupazione, un elettorato particolarmente irritato andrà ben presto alle urne e abbandonerà un partito politico in favore dell’altro, che non ama. Il presidente degli Stati Uniti sta facendo campagna elettorale in tutto il paese e praticamente ovunque fa questa affermazione: “L’idea di fondo è che se ci fidiamo ciecamente del mercato e lasciamo che le corporazioni facciano quel che vogliono e lasciamo che ognuno badi a se stesso, allora l’America in qualche modo automaticamente finirà per prosperare sempre di più”.

Beh, certo. Si tratta di una caricatura dell’idea di base, ma in fondo è vero. Chiedetelo ai minatori. Se quei minatori fossero rimasti intrappolati a più di seicento metri sottoterra in un qualunque posto del mondo 25 anni fa, sarebbero morti. Cos’è accaduto negli ultimi 25 anni che ha fatto la differenza fra la vita e la morte per quegli uomini? Risposta sintetica: la scavatrice della Center Rock.

È questa la trivella miracolosa che ha scavato fino ai minatori intrappolati. La Center Rock Inc. è una società di Berlin, Pennsylvania che conta 74 dipendenti. La trivella della scavatrice è venuta dalla Schramm Inc. di West Chester, Pennsylvania. Nel vedere il disastro, il presidente della Center Rock Brandon Fisher ha chiamato i cileni per offrire il proprio aiuto. Il Cile ha accettato. I minatori sono vivi.

Risposta meno sintetica: la scavatrice della Center Rock, che finora non è apparsa su siti internet come Engadget o Gizmodo, è di fatto un esempio di robusta tecnologia sviluppata da una piccola azienda per denaro, per profitto. Ecco perché hanno potuto portare innovazione nell’ambito della trivellazione. Se guadagnano soldi possono innovare di più. 

Tale dinamica che vuole profitto = innovazione si trovava ovunque dalle parti di quella miniera cilena. Il cavo ad alta resistenza arrotolato in cima a quella semplice scavatrice viene dalla Germania. Il Giappone ha messo a disposizione il superflessibile cavo di comunicazione a fibra ottica che ha tenuto in contatto i minatori con il mondo sopra di loro.

Il notevole articolo di Matt Moffett pubblicato il 30 settembre sul Wall Street Journal è un compendio delle cose straordinarie che si sono rese evidenti nel deserto di Acatama dai lontani lidi del capitalismo.

Dalla Corea del Sud, la Samsung ha fornito un cellulare munito di proiettore. Jeffrey Gabbay, fondatore della Cupron Inc di Richmond, Virginia, ha fornito calzini realizzati con fibre di rame in grado di neutralizzare i batteri e ridurre al minimo i cattivi odori e il rischio d’infezioni. Jaime Manalich, ministro della Salute cileno, ha detto: “Non avrei mai immaginato che esistesse una cosa del genere”.

È vero. In un’economia aperta è impossibile sapere cosa ci sia sul principale margine di sviluppo di questa o quell’industria. Ma la realtà che sta dietro i miracoli è la stessa: qualcuno innova qualcosa di utile, ne trae profitto e innova ancora o qualcun altro supera quelle innovazioni. Quasi sempre nessuno se ne accorge. Si creano posti di lavoro, ricchezza e benessere. Ma senza un tale sistema sullo sfondo, senza il progresso insito di anno in anno in queste innovazioni capitalistiche, quei minatori intrappolati non sarebbero sopravvissuti.

A qualcuno verrà da fare un passo indietro a sentire tali trionfalistiche rivendicazioni per il capitalismo del libero mercato. Perché farle adesso?

Ecco il perché. Quando si verifica una catastrofe come questa – altre che vengono alla mente sono l’esplosione del pozzo della BP, l’uragano Katrina o vari disastri in Cina – un governo si ritrova tutte le fiches al centro del tavolo. Il Cile ce la fa (si è rimesso in piedi dopo il terremoto di febbraio con una velocità fenomenale). La Cina annaspa. Due amministrazioni americane hanno lasciato la gente col fiato sospeso mentre incespicavano nella confusione.

E ancora, quel che la classe politica capisce bene è che il tempo lava via tutti i disastri di questo tipo e che con il tempo la vita in una nazione industrializzata finisce per ritornare a uno standard tollerabile. Se l’amministrazione Obama rifiuta di completare gli accordi di libero scambio con la Colombia, la Corea del Sud e Panama non è poi questa gran tragedia. È solo politica.

Ma non è vero. Comprendere l’economia di una nazione è oggi più importante che mai dalla fine della seconda guerra mondiale. Cile, Colombia, Perù e Brasile si stanno allontanando dal resto dei loro sfortunati vicini sudamericani. Cina, India e altri si limitano semplicemente a copiare o a comprare i successi occidentali.

Gli Stati Uniti hanno un governo guidato da un atteggiamento mentale ossessionato dai “milionari” da 250mila dollari l’anno e tendente a ironizzare sulla “nostra cieca fede nel mercato”. In un mondo veloce pieno di nazioni attente a raggiungerci o a sorpassarci, questo sentiero politico è una perdita di tempo.

Il salvataggio dei minatori è un momento emozionante per il Cile, rappresenta una sorta di imprimatur alla sua posizione in ascesa. Ma io penso a quella ditta di 74 persone a Berlin, Pennsylvania, la cui scavatrice ad alta tecnologia ha aperto la terra per liberarli. Sappiamo che negli Stati Uniti esistono decine di migliaia di storie come questa, grandi come quella di Google e piccole come quella di Center Rock. Sono felice che una di loro abbia contribuito a salvare i cileni. Quello di cui l’America ha bisogno adesso è un modello economico che permetta ai nostri innovatori di mettere in salvo noi stessi.

© The Wall Street Journal
Traduzione Andrea Di Nino