Il Cardinal Bagnasco dà lezioni di morale, Repubblica di moralismo
27 Settembre 2011
C’è differenza tra la chiesa di Repubblica e la Chiesa cattolica. La stessa differenza che c’è tra il moralismo e la morale. Nei giorni scorsi Barbara Spinelli si era chiesta su Repubblica appunto perché mai la Chiesa non parlasse chiaro su Berlusconi, ne denunciasse il comportamento e, in qualche modo, scendesse in campo con la scomunica. Così facendo lei stessa pronunciava una scomunica che, però, aveva il grande limite di parlare per motivi politici adoperando argomenti morali. Questo è il moralismo: si adopera la morale a fini politici, salvo poi infischiarsi della morale in tanti altri casi, dal rispetto della vita alla tutela della famiglia. Si chiedeva a gran voce un pronunciamento della Chiesa, da parte di chi i pronunciamenti della Chiesa non li può sopportare; si chiedeva che Bagnasco chiedesse le dimissioni del Premier, da parte di chi ha sempre accusato la Chiesa di ingerenza politica anche quando interveniva su temi senz’altro meno politici di questo. Anche il moralismo può essere assoluto e intollerante e perfino può venarsi di fondamentalismo religioso, di spirito di crociata e di personalizzazione del conflitto fino a pretendere la demonizzazione del colpevole, il capro espiatorio, il “tutti contro uno” di cui ha parlato René Girard. Questa è la chiesa di Repubblica.
La Chiesa cattolica, invece, opera in altro modo. Intanto non pronuncia mai nomi propri. Questo si fa solo in confessionale ed è il peccatore a fare il proprio nome proprio. La Chiesa non mette microspie nella vita privata di nessuno e non fa intercettazioni. In secondo luogo non strumentalizza l’argomento morale a fini politici. Il Cardinale Bagnasco ha parlato di morale e non ha chiesto le dimissioni di nessuno, e non solo perché sa bene che se dovesse chiedere le dimissioni dei politici per motivi morali ne vedremmo delle belle. In terzo luogo egli ha parlato di morale a tutto campo, perché la Chiesa ha anche questo di bello: quello che dice oggi lo aveva detto anche ieri e lo ripeterà domani; quello che dice in un ambito lo dice anche in un altro. La sua autorevolezza non le deriva dal plauso di Repubblica, né dagli effetti di quanto dice sugli equilibri politici, né dagli apprezzamenti di Fini. Bagnasco su questo è stato chiaro: “Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti. Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?”. Come è stato chiaro ad impostare la cosiddetta questione morale con ampio respiro: “La questione morale, complessivamente intesa, non è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave, che ha in sé un appello urgente. Non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto e non riguarda semplicemente i singoli, ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell’esercizio del reciproco controllo”.
Nelle parole del Cardinale Bagnasco riservate alla attuale situazione dell’Italia si notano, tuttavia, toni di maggiore durezza che non nel passato e, quasi, la netta percezione che si stia andando verso un periodo di oggettivo cambiamento politico.
Maggiore durezza: “Colpisce la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l’impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità. Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui”. Anche tra presunti comportamenti licenziosi e strumentalizzazione delle intercettazioni il cardinale ha stabilito una gerarchia: “La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune”.
Constatazione di andare verso una fase di oggettivo cambiamento politico: “Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto”. Qualche commentatore ha letto questo passo come indirizzato a Berlusconi. Io vi vedo la previsione di una situazione di transizione, durante la quale tutti devono preparare qualcosa di più solido e di più consono al bene comune del nostro Paese. Il Cardinale Bagnasco fa anche delle proposte, certamente poco appetibili al partito della scomunica: “un affronto serio e responsabile del generale calo demografico, e quindi del rapporto sbilanciato tra la popolazione giovane e quella matura e anziana. Se non si riescono a far scaturire, nel breve periodo, le condizioni psicologiche e culturali per siglare un patto intergenerazionale che, considerando anche l’apporto dei nuovi italiani, sia in grado di raccordare fisco, previdenza e pensioni avendo come volano un’efficace politica per la famiglia, l’Italia non potrà invertire il proprio declino”.
In vista di questa transizione, Bagnasco ha indicato dapprima una valutazione di cultura politica: “Sarà bene affinare l’attitudine a cercare, sotto la scorza dei cambiamenti di breve periodo, le trasformazioni più profonde e durature, consci, tra l’altro, che una certa cultura radicale − al pari di una mentalità demolitrice − tende a inquinare ogni ambito di pensiero e di decisione. Muovendo da una concezione individualistica, essa rinchiude la persona nell’isolamento triste della propria libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale”. Secondariamente ha rilevato come il mondo cattolico stia riflettendo su tutto ciò in quanto anche esso dovrà essere presente nella transizione: “La transizione dei cattolici verso il nuovo inevitabilmente maturerà all’interno della transizione più generale del Paese, e oserei dire anche dell’Europa, secondo la linea culturale del realismo cristiano, e secondo quegli atteggiamenti culturali di innovazione, moderazione e sobrietà che da sempre la connotano”. Come dire: tenetene conto tutti.