Il caso Ceccanti svela che a dettare la linea del Pd è Il Fatto di Travaglio&c.
12 Luglio 2010
E’ una fotografia grottesca dello stato in cui versa il Partito Democratico, il caso dell’emendamento presentato da Stefano Ceccanti al Lodo Alfano. Una sorta di certificato pubblico con il quale si mette nero su bianco e si comunica all’esterno la condizione di sovranità limitata che vive oggi la formazione creata da Walter Veltroni, costretta all’inagibilità politica dai pasdaran dell’ossessione antiberlusconiana.
Tutto parte durante l’esame del Lodo Alfano costituzionale. Un emendamento presentato dal senatore del Pd Stefano Ceccanti recita: “Il presidente della Repubblica, durante il suo mandato, non può essere perseguito per violazione alla legge penale”. Immediata scatta l’indignazione del “Fatto Quotidiano”. “Com’è possibile?” si chiede il giornale, visto che per dissociarsi da questa legge il Pd ha presentato solo emendamenti soppressivi.
Il ragionamento che sottende all’offensiva che subito si accende sui social network è semplice: un emendamento del genere dà credibilità al Lodo, alla cricca alla ricerca di impunità, è un chiaro segnale che al di là delle parole pubbliche l’intelligenza con il nemico è sempre dietro l’angolo. Senza contare poi il retropensiero occulto e futurista. Non sarà, sostiene qualcuno, che con questo emendamento si finirà per aiutare Silvio Berlusconi che, qualora dovesse approdare al Quirinale, potrebbe godere di una scudo protettivo di sette anni?
Il quadro, naturalmente, è molto più semplice rispetto alle ardite fantasie degli allarmisti. Se oggi il presidente della Repubblica non è imputabile se non per alto tradimento e attentato alla Costituzione, questi equilibri potrebbero in qualche modo essere intaccati dalle nuove norme. Allora, questo il ragionamento di Ceccanti, meglio blindare la sua posizione e mantenerne lo status attuale e le giuste garanzie. Sembrerebbe un emendamento sorretto da un buon impianto logico, se venisse presentato in un contesto normale e non drogato da toni sopra le righe. Una proposta, peraltro, anche in grado di sottolineare la capacità di iniziativa del Pd.
Peccato che contro Ceccanti si sia scatenato il fuoco del sospetto e un ragionevole confronto si sia subito trasformato in un polverone degno di uno stadio di periferia. Il finale è stato quello prevedibile. Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori, è intervenuta a sconfessare l’intera operazione. L’emendamento galeotto “è stato presentato senza coinvolgere il gruppo parlamentare, il quale non condivide nulla di questo progetto di legge”. Pertanto valgono soltanto gli emendamenti soppressivi e tutti quelli che propongono aggiunte o modifiche alla legge sono da considerarsi alla stregua di iniziative frutto dell’azione non del partito ma di battitori liberi ed eretici.
Naturalmente un atteggiamento di questo tipo non può che far scattare una sequenza di interrogativi. Se questo è lo spartito che il Partito Democratico intende seguire da qui in poi il dubbio che oggi non esista più una opposizione riformista non assume i contorni della certezza?
Se il ruolo del Partito Democratico è quello di urlare “vergogna” in aula e fuori, o magari costringersi all’Aventino, ha un senso votarlo oppure non si fa prima a dare la preferenza ad altre forze della sinistra radicale?
Se ci si tira fuori da ogni partita politica ci si può vantare di avere un ruolo o un peso oppure ci si trasforma in un grande ufficio stampa dell’indignazione permanente?
E ancora: chi detta la linea politica nel Partito Democratico? Il segretario, i capigruppo o quella galassia variabile fatta di magistrati, sindacalisti, giornalisti, presentatori, registi, attori e comici sempre pronti a gonfiare il petto e soffiare sul fuoco?
C’è qualcuno nel Pd che ha voglia di assumere decisioni e affrontare talvolta quella quota parte di impopolarità intimamente connessa a una qualsiasi leadership?
Si può continuare a vivere intere stagioni politiche sposando nient’altro che la cultura della demonizzazione del nemico?
E soprattutto: qualcuno nel Partito Democratico ha ancora voglia di creare una forza che un giorno sia in grado di governare il Paese?