Il caso Ciarrapico e l’ipocrisia della sinistra

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Il caso Ciarrapico e l’ipocrisia della sinistra

Il caso Ciarrapico e l’ipocrisia della sinistra

13 Marzo 2008

Il caso Ciarrapico ha sollevato
la maschera della ipocrisia. Si pensava che il Paese avesse alcuni problemi da
risolvere e che la serietà imponesse un confronto serrato ma serio.

Si pensava
che con i programmi i due maggiori partiti in competizione elettorale avessero
intenzione di confrontarsi sulle priorità e le scelte.

Si pensava che fosse
arrivato il tempo di convincere gli elettori sulla credibilità, sull’esperienza,
in alcuni casi sulla reale rottura della sinistra con il recente passato, e
sulla consistenza degli impegni per il prossimo futuro. Invece non è così!

E’ bastata la trappola di
Repubblica nell’aver sollecitato Ciarrapico, imprenditore e candidato
indipendente nelle liste della Cdl, ad un insignificante giudizio politico su
storie morte ed irripetibili, per far ritornare la politica nel vuoto della inconcludenza,
imbrigliata nella presunzione di misurare con il metro del passato le proposte
che circolano per il futuro.

Con puntuale e consapevole
perfidia si è chiesto all’imprenditore romano se le sue idee sul fascismo, come
idea politica (e non sulle valutazioni delle scelte del ventennio), fossero
ancora rimaste integre. Si era alla ricerca della polemica da creare per
tentare di colmare con palate di fango la differenza di consenso nel Paese tra
i due contendenti politici.

I soliti metodi di coloro che non
reggono al confronto sulle cose e rovesciano il tavolo, fomentando la rissa.
Dopo aver navigato per tutti i mari del vizio, costoro si presentano con la
faccia scandalizzata in tv. Come innocenti verginelle, si mostrano esterrefatti
per ciò che accade e preoccupati per la tenuta del quadro politico a causa della
parte liberale del paese. Siamo alla farsa! E’ il colmo, dopo aver rasentato il
regime con Prodi, Di Pietro e la sinistra radicale!

Sembra di rivivere la favola di
Fedro in cui la volpe che non arrivava all’uva diceva che era acerba. Veltroni
incapace di reggere al confronto sulla credibilità di un programma liberale per
lo sviluppo, la pressione fiscale, la sicurezza, i valori, si rifugia nel
diversivo dell’ipocrisia per sottrarsi al giudizio degli elettori sulla sua
incapacità.

“Ma voi vi ricordate che scandalo scoppiò esattamente un anno fa,
quando quel fascistone di Ciarrapico dimostrò il suo entusiasmo per la nascita
del Partito democratico, partecipando addirittura a un suo convegno? Vi
ricordate le reazioni indignate di Veltroni, Fassino, Rutelli, D’Alema e Prodi?
Io no.”
( Riccardo Barenghi, ex direttore del Manifesto, sulla Stampa del
12 marzo).

Gli italiani dovrebbero ormai
sapere che a sinistra, come accadeva ai tempi del Pci, da una parte c’è il bene
e dall’altra il male. A dividere gli uni dagli altri c’è un simbolico fiume, come
il Gange per gli Indù. Se ci si immerge nel fiume per raggiungere le rive della
sinistra il corpo si purifica e prevalgono le ragioni del divenire e della
redenzione. Se si fa il percorso inverso si è invece venduti e traditori. Di
quelli che stanno permanentemente dall’altra parte, invece, il meno colpevole è
uno sciocco fuori dal tempo o, come dice D’Alema, “un reperto archeologico”, altri
hanno malattie altamente infettive, alcuni sono pericolosi criminali e,
naturalmente tutti,  chi più o chi meno,
fascisti.

Una volta si diceva che parlamentarizzare
i settori più radicali serviva a renderli innocui, ad eliminare
l’imprevedibilità delle posizioni extraparlamentari. Ma questa, a quanto pare, è
una prerogativa solo della sinistra. Vale solo se resta una loro imprescindibile
scelta: vogliono il possesso esclusivo del timbro di legittimità.

Come se la sinistra, che resta purtroppo
quella di sempre, e non riesce assolutamente a nasconderlo, fosse una sorta di dogana
della politica che stabilisca le merci importabili.

Persino Gavino Angius, già
esponente di rilievo dei DS, non ha potuto fare a meno di definire “ipocrita”
il PD ed invece “sincero” il Cavaliere.

La sincerità di Berlusconi
sull’argomento è stata persino disarmante. La verità è sempre ciò che più si
addice ai fatti. Averlo dimostrato anche in questo caso, al contrario di ciò
che si vuol far pensare, è la riprova della bontà della fiducia che si deve
riporre verso chi si preoccupa di arginare sulla destra un consenso che
rimarrebbe, quanto meno al Senato, certamente extraparlamentare. Un consenso
che non verrebbe sottratto al PD ma aggiunto al PDL per rendere maggiormente
agibile la vittoria. Per governare.

Ciarrapico ha i suoi giornali che
tornano utili e attira un consenso che andrebbe disperso.

In campagna elettorale si è
sempre detto che i voti non si odorano ma si pesano: nella competizione del
2006, ventiquattromila voti sono stati fatti pesare come tonnellate contro
l’opposizione. C’erano anche quelli di Caruso e della sinistra alternativa e
dei centri sociali, spesso violenta e molto più pericolosa di un innocuo
nostalgico.

Preoccuparsi dei numeri sufficienti
per poter governare il Paese non è un esercizio di arroganza ma di
consapevolezza delle difficoltà da affrontare. E’ serietà nel valutare la necessità
di dover disporre di una maggioranza solida e coesa.

Chi si scandalizza farebbe bene
piuttosto a parlare chiaro ai suoi elettori. Dovrebbe spiegare che le sue aspettative
sono quelle di mirare a rendere numericamente limitata la vittoria del PDL. Per
chiedere poi le larghe intese. E sembrano davvero sprovveduti coloro che
invitano a sostenere Veltroni, magari tappandosi il naso, per contrastare
Berlusconi, e nello stesso tempo mantengono il fervore di un contrasto senza
esclusione di colpi verso il leader della PDL.

Sono consapevoli che  aiuteranno così Veltroni  a ricercare l’intesa con Berlusconi?