“Il caso Delbono segna la fine del modello rosso anche a Bologna”

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“Il caso Delbono segna la fine del modello rosso anche a Bologna”

03 Febbraio 2010

Romano Prodi declina l’invito, Bersani si precipita a Bologna e per sei ore raccoglie lo sfogo di un partito lacerato e sotto choc dopo il caso Delbono. Il Pd decide di prendere tempo, in attesa di capire la data del voto che il governo dovrebbe ufficializzare giovedì. Due giorni in più per cercare la quadra su un nome condiviso, oppure la strada sarà quella delle primarie. La sfida all’ombra di Palazzo D’Accursio è qualcosa in più di una competizione elettorale tra opposti schieramenti. Le dimissioni di Delbono sotto il peso del Cinzia-gate dopo soli otto mesi alla guida del Comune dove era arrivato dalla vicepresidenza della Regione nell’era senza tempo di Vasco Errani, segnano una crepa profonda nel sistema di potere della sinistra in una delle ultime roccaforti rosse. Che perfino Sergio Cofferati rileva quando dice che il punto è capire se la vicenda in sé prefigura “un’idea di gestione della rappresentanza di un singolo o se invece si collocano in un quadro di sistema”.  E’ da qui che il Pdl riparte con Giancarlo Mazzuca, per sette anni al timone de Il Resto del Carlino, oggi parlamentare. In ventiquattrore ha dovuto cambiare orizzonte: dalla battaglia per la Regione contro Vasco Errani a quella per la sua città dove auspica che, alla fine, il suo avversario possa essere proprio il Professore.

Onorevole Mazzuca, un cambio in corsa il suo. Dopo un mese e mezzo di campagna elettorale da candidato alla presidenza della Regione ora si ritrova a correre per Palazzo D’Accursio. Perché questa decisione?

E’ stato un fulmine a ciel sereno. Me lo hanno chiesto la settimana scorsa i coordinatori nazionali e non ci ho pensato neanche molto. Ho scelto di puntare sulla città perché ritengo che in questo momento Bologna rappresenti la priorità visto la situazione che si è creata con le dimissioni di Flavio Delbono. Ero già in competizione con Errani, mi ero documentato tantissimo sul modello gestionale della sinistra e stavo impostando una campagna su temi concreti che ho dovuto interrompere da un giorno all’altro. Ma l’amore per la mia città è più grande.

Al suo posto contro Errani correrà Anna Maria Bernini. Mission impossible?

E’ una competizione molto impegnativa come lo è stato per me fino a pochi giorni fa. Anna Maria si sta dimostrando molto capace e battagliera ma penso che se un mese e mezzo fa era come scalare l’Everest adesso dobbiamo arrivare sulla vetta del K2.

Al di là del Cinzia-gate, sul piano politico cosa sta accadendo a sinistra?  

Stiamo assistendo all’ultimo atto di una lenta agonia che sta andando avanti da troppi anni perché il cosiddetto modello rosso, quello dei tempi di Zangheri e Dozza, ormai ridotto a vivere sui fasti del passato sta dimostrando tutta la sua fragilità. Bologna è ormai una città sempre più provinciale, ripiegata su se stessa, una città che continua a invecchiare e a non dare alcuna possibilità di sviluppo e ai giovani alcuna prospettiva. La vicenda di Delbono ha rappresentato l’ennesimo, duro colpo per quel modello che la sinistra pretende di perpetuare. Mi rendo conto che lavorare per il cambiamento può apparire un’impresa titanica, specie da queste parti, ma sono convinto che oggi ci siano le condizioni per voltare pagina.

Come fece Guazzaloca?

Indubbiamente Guazzaloca ha rappresentato una fase storica per Bologna anche se lui veniva dalla società civile. Io penso che oggi più di allora sia possibile favorire la democrazia dell’alternanza e per questo sto lavorando.

Lo farà anche insieme all’ex sindaco secondo il quale lei è stato catapultato in città da Roma?

Giudizio ingeneroso e non corrispondente al vero. Gazzualoca infatti dimentica che io a Bologna ci vivo da quarant’anni, che ho guidato per sette anni il Resto del Carlino e credo di conoscere molte cose della mia città. Ed è per il bene della mia città che faccio appello a tutti quelli di buona volontà affinché si rimbocchino le maniche per trovare una convergenza tra forze moderate e alternative alla sinistra.

È un messaggio per l’Udc?

Per l’Udc ma anche per le liste civiche e per chi crede che in gioco c’è il futuro di Bologna di fronte al quale occorre mettere da parte beghe interne agli schieramenti e antipatie.  Insomma abbiamo davanti un’occasione storica irripetibile.

Eppure proprio i centristi chiedono al Pdl di convergere su Galletti attuale candidato alla presidenza della Regione ma che potrebbe essere “dirottato” sulla battaglia per il Comune. Lei sarebbe pronto a fare un passo indietro se questo servisse a battere la sinistra?

Io ho già fatto un passo indietro, due mi paiono troppi. Sono a disposizione del partito ma non sono un martire. Galletti può tranquillamente convergere sulla mia candidatura magari valutando anche l’ipotesi di un ticket. Aggiungo che l’alleanza con l’Udc non è strategica al primo turno, si può andare ciascuno per conto proprio e siglare un accordo preventivo in vista del ballottaggio. Su tutto questo dobbiamo ancora ragionare. La mia disponibilità ad essere il candidato a sindaco del Pdl mi è stata chiesta dai vertici nazionali del partito e io ho accettato ritirando la candidatura a governatore della Regione.  A questo punto, con lo stesso amore per Bologna, se il coordinamento nazionale del Pdl dovesse chiedermi di fare un passo indietro per raggiungere l’accordo con l’Udc non sarò certo attaccato ai coi denti al cadreghino. L’importante è voltare pagina a Bologna.

Secondo lei esiste una questione morale a sinistra?

Esiste eccome, e dimostra che i tre capisaldi del potere rosso sono crollati.

Quali?

L’ideologia non c’è più, resiste solo nei circoli delle Case del popolo;  il modello di sviluppo economico della piccola e media impresa e delle cooperative ha subito flessioni notevoli anche per gli effetti della crisi internazionale. Il terzo caposaldo finora era rappresentato da una sorta di superiorità morale che oggi è definitivamente caduta sotto il peso del Cinzia-gate. Non è un caso che Cofferati si domandi se tutto ciò rappresenta la spia di una crisi più generale del sistema rosso.

Cosa serve per curare la “depressione” di Bologna?

Non esiste un unico rimedio ma tante azioni. Già il fatto di riuscire a garantire l’alternanza sarebbe già il primo segnale forte per invertire la rotta. Poi bisogna dare un futuro a questa città, a cominciare dai giovani che vengono qui a studiare ma che non sono integrati nel tessuto cittadino. Quando frequentavo l’università moltissimi colleghi che venivano dal Sud una volta laureati trovavano un’occupazione, oggi non è più così.  Accanto agli interventi per rilanciare l’università è necessario rivitalizzare il centro storico che per falsi pregiudizi ambientalisti sta letteralmente agonizzando e puntare decisamente su misure che ridiano fiato al settore produttivo ed economico. Penso in particolare alle piccole e medie imprese che sono schiacciate dalle coop “rosse”. Non sono contrario al modello della cooperazione, sono contrario a questa sorta di rapporto incestuoso tra potere politico e coop “rosse”. Penso ad esempio che la cooperazione “bianca” meriti attenzione.

Come valuta il no di Prodi al suo partito che gli ha chiesto di scendere in campo?

E’ significativo perché da una parte dimostra che al di là delle grandi evocazioni attorno al nome di Prodi c’è e c’è sempre stata una grande diffidenza tra vecchi ds e prodiani. Non dimentichiamo poi che anche nella vicenda Delbono all’interno del partito non sono mancate critiche seppure indirette al Professore che è stato il mentore dell’ormai ex sindaco. Mi piacerebbe molto che il mio avversario fosse proprio lui in questa sfida per Bologna.  

I suoi detrattori dicono che in caso di vittoria, lei non si dimetterà da parlamentare e non potrà occuparsi quotidianamente dell’attività amministrativa. Cosa risponde?

Intanto vinciamo questa partita, poi vediamo. Bologna viene prima di tutto.