Il caso Edison è solo la punta dell’iceberg dell’affare privatizzazioni
30 Marzo 2011
I francesi di EDF (Electricité de France) vogliono comandare sulla Edison, prestigiosa società elettrica lombarda. Ci hanno investito soldi e ne hanno acquisito, assieme ad altri, il controllo. Quindi fanno bene a decidere come mettere a frutto il loro investimento, al meglio. E allora perché c’è chi protesta? Perché è difficile accettare che una grande azienda italiana e per di più energetica, passi sotto controllo “straniero”. Siamo curiosi: da un lato vogliamo che gli altri vengano a investire in Italia; e poi pretendiamo di comandare nella “casa” che loro hanno comprato.
Stiamo riscoprendo che esistono aziende strategiche pubbliche; tra poco scopriremo anche che esistono aziende di servizio pubblico, difficilmente gestibili da privati. Gli strateghi politico-economico-giudiziari di quel triste periodo chiamato “mani pulite” (di più sporche non ci sono mai state) decisero che l’amministrazione pubblica dell’economia (tutta, non una parte di essa) era solo strumento di corruzione e di malaffare.
Moltissimi innocenti pagarono questo teorema, anche se esso, come prevedibile, si è poi dimostrato stupido e dannoso. Furono così avviate le grandi “privatizzazioni”: tra cui quella dell’energia elettrica, fatta dall’allora ministro Bersani. Fu un errore politico-concettuale, perché l’elettricità è strategica per lo sviluppo del Paese e perché l’elettricità non è solo prodotto, ma anche fattore di produzione e servizio pubblico. Fu anche un errore “aziendale”; fu fatto uno “spezzatino” produttivo, con tutte le voglie della concorrenza e tutti i risultati dell’oligopolio; e anche una grande confusione “istituzionale” (per esempio in termini di reti di trasporto e di distribuzione, di assistenza e manutenzione, di ricerca e di controllo).
“Privatizzare” poteva anche significare semplicemente mettere in Borsa una grossa fetta di azioni di una ENEL SpA da costruire, senza toccare lo scheletro organizzativo dell’armata elettrica e senza mortificarne capacità manageriali e professionali esistenti; il mercato sarebbe stato (come è) quello europeo e non quello delle botteghe “locali”. La scuola di pensiero di Bersani e dei suoi, complicò un problema “liberale” semplice, per “ignoranza” di base, più che per scelta politica.
Il cosiddetto problema Edison oggi non ci sarebbe stato: come non ci sono problemi nelle aziende energetiche francesi controllate dallo Stato, in un sistema economico liberale. Nel mercato, soprattutto oggi, premia la capacità di produrre reddito, la professionalità e la managerialità , più che la proprietà: la proprietà infatti, pubblica o privata che sia, cerca solo il miglior rendimento possibile per le proprie risorse investite.
A riprova delle necessità del ruolo dello Stato nell’economia e nei servizi pubblici, si aggiunge oggi la questione del “nucleare” e del suo controllo. In Giappone per esempio si chiedono perché un’industria privata , la TEPCO, debba avere la gestione di centrali nucleari, strutture di servizio delicate per la vita del Paese, come gli incidenti di questi giorni stanno dimostrando. E la domanda per tutti, europei e non, sorge spontanea; la gestione e il controllo delle centrali nucleari di un Paese possono veramente essere privati? E’un pò come dire: le forze armate di un Paese possono essere affidate ad un’ “azienda” di mercenari?
Questi sono i problemi; la questione Edison è la punta di un iceberg. Il Ministro Tremonti, avendo visto che cominciava a piovere, ha riaperto l’ombrello: basterà ?